A history of violence
Tom Stall ha una bella moglie, un figlio maschio adolescente con dei sani principi morali, una bimba che sembra un angelo e gestisce una tavola calda di provincia. La sua vita procede serena e tranquilla fino al giorno in cui due rapinatori irrompono nel suo locale, minacciando clienti e dipendenti. Per difendere le loro vite, li uccide e diventa un eroe…ma da quel momento le cose non saranno più le stesse. Una visione, un incubo, una metafora della vita? Forse tutte e tre le cose.
Il film diretto da David Cronenberg è sicuramente più adatto agli estimatori del regista canadese che non ad un pubblico più vasto. Apparentemente, infatti, la storia, per quanto interessante dal punto di vista del thrilling, sembra più un modo per mettere in scena sparatorie, morti violente e sesso sfrenato, che raggiunge l'inverosimile, come se fosse una piatta parodia delle più pure americanate. Volendo cercare però un significato in una pellicola che ai profani può sembrare esagerata e senza ritegno, ci si può vedere la reale consistenza del mito americano: un uomo perfetto, con una moglie perfetta, dei figli perfetti, un lavoro perfetto in una cittadina perfetta…ma cosa si nasconde dietro tanta perfezione? La violenza, sembra ormai un dato di fatto, fa parte della cultura americana, dell'essere americani, e in questo film appare lampante come dietro una facciata idilliaca si possa nascondere il segreto più torbido e crudele. Senza voler fare di un erba un fascio, lo sentiamo tutti i giorni nei telegiornali, fatti di cronaca e straordinaria follia, che generano la violenza più efferata nel cittadino più esemplare, e quasi non ci si stupisce più se, per le strade degli Stati Uniti, una vecchina tira fuori un fucile a canne mozze dal suo cesto della spesa per freddare con un colpo in faccia il boy scout che l'aiuta ad attraversare la strada, forse solo perché non gli piace il suono della sua voce. Visto sotto questa chiave il film di Cronenberg assume un tono diverso, e si nota come le sue esagerazioni facciano il verso ad una realtà che fino a qualche tempo fa veniva mascherata dal mito del mondo nuovo, e che, ora, sempre più difficilmente si riesce a nascondere dietro le casette bianche con il prato sempre rasato. Ciò che delude, comunque, è l'interpretazione di Viggo Mortensen: inespressivo e vuoto anche nei momenti più erotici del film, nonostante gli stia accanto una sensualissima Maria Bello, ottima rappresentazione della madre di famiglia che lavora. Saranno i capelli corti, o sarà forse che Cronenberg non sia riuscito a tirare fuori il meglio da colui che fu Aragorn figlio di Arathorn, erede al trono di Gondor. Certo è che se si voleva levare di dosso i panni del personaggio che gli ha dato la fama, sicuramente dopo "A History of Violence", c'è riuscito pienamente. D'effetto anche se a volte troppo caricaturali, forse per volere dello stesso regista, le interpretazioni di Ed Harris e William Hurt, che danno quel tocco d'ironia che serve al film.

La frase: "Ti sforzi tanto di essere un altro uomo che fai pena a vederti"

Monica Cabras

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