Au plus pres du paradis - Il luogo più vicino al paradiso
Autrice di piccole delizie cinematografiche come Schampiste e Co. o Tontaine et Tonton, la regista francese Tonie Marshall realizza il suo desiderio di dirigere una delle attrici che più di chiunque altra ha "fatto" il cinema - e non solo d'oltralpe - per raccontare una storia d'amore inaspettata e romantica. Catherine Deneuve è Fanette, scrittrice alle prese con una biografia di un pittore e con un amore che torna inaspettatamente dal passato. Il desiderio di ritrovare un uomo molto amato la conduce in una sala di un cinema d'essai dove, confondendo la vita con la finzione cinematografica comincia a credere di poter ritrovare sull'Empire State Building il suo amore di trent'anni prima, come Deborah Kerr e Cary Grant in "Un amore splendido". Decide così di partire per New York dove oltre a realizzare delle fotografie di alcuni quadri che le servono per il libro, spera di incontrare di nuovo il suo Philippe.

La Marshall divide il film in due parti ben distinte, una "parigina" in cui si srotola la vita della protagonista e dei suoi rapporti non solo con il lavoro ma anche con la figlia, scontrosa ventenne in conflitto con se stessa e il mondo, e il fratello Pierre, spesso sbronzo e alle prese con amori sbagliati e penose delusioni. Quello che potremmo chiamare secondo capitolo prende invece avvio nella Grande Mela, dove l'incontro con un fotografo affermato porta ad uno squilibrio nelle certezze di Fanette, e dopo averlo inizialmente rifiutato, questo sbilanciamento riuscirà a farle capire che il suo Philippe è solo un fantasma d'amore, arrivando ad accettare l'inaspettato così tanto coinvolgente.

Nessun film è mai riuscito a reggersi sulla fisicità e professionalità dei soli attori e, pur trattandosi di William Hurt o Patrice Chéreau o addirittura della Deneuve, questo caso non fa eccezione. Fasciata da abiti inadeguati, l'indimenticabile musa di Buñuel appare come imbarazzata dal suo corpo leggermente appesantito lasciando nello spettatore un sapore agrodolce, riflettendo sul tempo che passa e non alle avventure interiori della protagonista.
La regista sembra in realtà confusa, incerta se realizzare una commedia o un dramma e il film finisce per essere un melodramma dai toni fumosi e ben poco interessante.

Valeria Chiari

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