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Autore il signore del feudo e la multinazionale
Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 27-06-2005 15:09  
Un sistema che non accetta critiche ed è incapace di riflettere su se stesso

Spesso prendo spunto per fare esempi da Repubblica, giornale considerato di sinistra e quindi più progressista rispetto agli altri.
In realtà anche le posizioni più progressiste rientrano totalmente negli assunti ideologici del sistema e non vengono mai messi in discussione, nè potrebbe essere diversamente.

La ragione è molto semplice: è in fondo questo il motivo per cui Repubblica e la stampa economica si guarda bene dal presentare anche le ragioni dei sostenitori del NO alla Costituzione Europea contrari a una economia di mercato del genere.
Come in ogni sistema totalitario, ogni critica che contesti il modello vigente non è ammessa.
E' fin troppo ovvio che questo avvenga: nessun sistema potrebbe permettere di vedere indebolito il suo controllo o che la popolazione partecipi veramente alle scelte economiche. Perchè mai dovrebbe avvenire? Finchè i grandi gruppi continuarenno a dominare la società non potranno mai conportarsi diversamente.
Non è che le persone all'interno delle aziende siano portate naturalmente all'avidità e alla cattiveria; è che il sistema ha la necessità istituzionale e la prerogativa di conservare se stesso e il suo dominio impedendo una partecipazione democratica e eliminando ogni dissenso.



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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 27-06-2005 15:15  
L'unica differenza tra giornali come Repubblica e il Corsera è in realtà un divario di vedute che rimane sempre dentro le premesse stabilite dal sistema.

Pertanto si potrà avere un'opinione A e un'opinione B, magari in contrasto tra di loro, anzi, preferibilmente in contrasto tra di loro ma che non metta in realtà in discussione gli assunti di base.

Questo sistema è molto più efficace di un sistema con censura di Stato ufficiale, in quanto da l'idea che il dibattito si svolga realmente tra idee differenti , dando l'impressione che la stampa sia realmente libera da ogni pressione esterna e svolga il suo ruolo naturale di difesa della diversità di opinione.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 27-06-2005 20:12  
Vivere una vita per mantenere le grandi imprese

Proprio oggi su Repubblica cìè una significativa intervista a pagina 9 a Bini Smaghi, il successore di Padoa Schioppa alla Banca Centrale Europea.
il punto significativo è questo:

Ma detto questo, io resto convinto che per l'Italia il problema più importante da affrontare sia quello della competitività dei propri prodotti rispetto a quelli dei principali concorrenti , in particolare quelli europei.
Infatti, nonostante la concorrenza della Cina e degli altri paesi emergenti, in questi anni la Germania e la Francia sono riusciti a mantenere , o addirittura a aumentare, le loro quote di mercato dell'export, mentre l'Italia ha perso posizioni. I prodotti italiani hanno perso competitività , perchè negli ultimi anni la dinamica dei costi e dei prezzi in Italia si è discostata troppo da quella della produttività.

Quindi c'è una questione di costi del lavoro e di struttura del salario che va affrontata? Come dice Ciampi, serve davvero riscrivere il nuovo patto Sociale?

Non c'è dubbio. E' un problema principalmente di relazioni industriali. Bisogna rivedere in modo drastico le modalità contrattuali. Si tratta di una vera emergenza nazionale ma temo non siano in molti ad averlo capito. E anche lo Stato dovrebbe dare il buon esempio: l'ultimo rinnovo contrattuale nell'impiego pubblico non lo è stato.


L'ultimo rinnovo contrattuale a cui si riferisce questo signore è l'aumento di stipendio di meno di 100 euro. Ed è una cosa negativa.Lo dice lui.
Quindi la vera priorità è quella di mantenere le nostre imprese competitive sul mercato internazionale,assicurarsi che ottengano profitti e facciano funzionare l'economia e per fare questo è necessario che i salari scendano e gli aumenti dei contratti non siano stipulati.

E' tutto molto esplicito e perfettamente logico.
Bisognerebbe chiedere a qualcuno se è disposto a vivere la sua vita per far si che le grandi imprese siano competitive sul mercato, acconsentendo che il proprio salario sia ridotto e il proprio tenore di vita sia livellato verso il basso.
Perchè l'economia funziona in questo modo e non è molto diversa da un sistema feudale o dal regime di qualche Stalin di turno.





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Tenenbaum

Reg.: 29 Dic 2003
Messaggi: 10848
Da: cagliari (CA)
Inviato: 27-06-2005 21:49  
quote:
In data 2005-06-27 20:12, Quilty scrive:
Vivere una vita per mantenere le grandi imprese


basta il titolo

è una emerita stronzata

ma lo sai cosa sono le grandi imprese ?
ma secondo te l'export italiano è delle grandi imprese ?
terzo: prendiamo pure un nome di grande fama: Giorgio Armani; ma lo sai chi produce i suoi abiti ?


ma questi ragionamenti perversi si possono comprendere tornando al post precedente

quote:
In data 2005-06-27 15:01, Quilty scrive:
Ma forse non ti sei accorto che si sta contestando il sistema stesso, non il fatto che lo stato intervenga e basta.
Certo che le aziende fanno parte dello stato, sono la principale destinazione dei fondi pubblici e di ogni garanzia affinchè possano sopravvivere. In pratica sono a carico del contribuente.



si vede che a forza di riempirti la testa con il termine grandi imprese ti sei dimenticato di tutto il resto (che comprende gli esportatori; sì Quilty, fattene una ragione esportano anche le imprese "normali")

e se tu fossi un imprenditore simili bagianate non le scriveresti

perchè il tuo contabile quando ti presenta i conti altro che mantenuto dallo Stato

le tasse non sai più dove mettertele

se secondo te l'economia dell'Italia è quella delle grandi imprese beh allora continua pure nei tuoi acuti discorsi


chiudendo con quest'altra genialata
quote:
In data 2005-06-27 15:01, Quilty scrive:
Ragazzo, lo stato ha il dovere di intervenire se vuole mantenere una certa competitività in questo sistema.



lo Stato interviene perchè esistono le leggi

capisco che sembri una cosa strana ma le imprese devono rispettare la LEGGE

e lo Stato acquista beni e sevizi, perchè ti dico ciò
perchè non hai ancora capito che lo Stato è un soggetto del mercato
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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 03-07-2005 09:53  
L'economia è fatta dalle grandi imprese.
I più noti economisti della Banca Mondiale hanno descritto il sistema economico come un oceano infinito dove ci sono degli isolotti che occupano tutto lo spazio possibile (gli isolotti sono le grandi imprese) poichè la quasi totalità delle speculazioni finanziarie e degli scambi avvengono tra di loro e sono sorrette da una mano perfettamente visibile.

naturalmente lo Stato se vuole fare funzionare questo tipo di economia deve essere un soggetto attivo sul mercato preparando loro il terreno per gli investimenti e cercando di assicurare loro le quote di mercato.

Inoltre non hai minimamente ribattuto a quanto scritto sul fatto che per far funzionare un tipo di economia del genere, oltre a mettere a tacere i dissidenti è necessario che (sempre come affermano gli esponenti della BancaCentrale Europea qui citati) sia ridotto lo stato sociale.

Ed è perfettamente logico che avvenga.
Qualche decennio fa il mercato era basato su tre grandi potenze: gli Usa l'Europa e l Giappone. Come gli stessi giornali come Repubblica scrivono, l'avanzare della Cina e dell'India sono una grossa minaccia al monopolio dei mercati delle tre potenze economiche e per rimanere competitivi (cioè per far si che le nostre grandi imnprese continuino a fare profitti per mantenere l'indice della borsa col segno positivo) occorre che la popolazione faccia grossi sacrifici.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 03-07-2005 13:15  
C'è inoltre da aggiungere una cosa per chiarezza: quando la Borsa va male e crolla ,crolla anche l'economia intera.
La Borsa è composta da società per azioni, e in Italia non sono molto più di 500.

E'chiaro quindi che chi sorregge l'economia è la società per azioni e non un'impresa a gestione familiare che comunque esporta all'estero.

E per concludere la maggioranza di queste società per azioni ha sede o conti in banca in quei famosi paradisi fiscali esentasse, come se non bastasse oltre al supporto determinante del proprio Stato grazie ai contributi del cittadino.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 06-07-2005 18:11  
Procediamo con illuminanti articoli di Repubblica.

Lunedì
Nell'inserto affari e finanza c'è un'intervista a Giovanni Tamburi, specializzato nell'assistenza alle imprese,come si legge (pagina 5).

Vediamo alcuni passaggi :

Per risolvere la crisi economica , la ricetta è questa:

"A livelli di sistema [occorre]un trasferimento massiccio di risorse dallo stato alle imprese.
Il problema è che le risorse non ci sono
Si possono trovare . Bisogna avere il coraggio politico di togliere alle Fondazioni le partecipazioni bancarie, agli enti locali le utilities, e poi mettere tutto sul mercato, comprese le quote Eni, Enel, Finmeccanica e il controllo delle Poste, della Rai e di quant' altro lo Stato ha in portafoglio.
Quanto varrebbe tutto ciò?
Abbiamo calcolato che tra partecipazioni bancarie delle fondazioni , aziende dei servizi pubblici locali , quote residue di Eni, Enel , Finmeccanica, Snam, Rete Gas, Terna, vendita Rai, Poste e immobili si può arrivare a una cifra tra 160 e 190 miliardi di euro.
E di tutti questi soldi cosa ne farebbe?
Una parte, corca 70 miliardi, di euro, andrebbero impiegati per ridurre il cuneo fiscale , tagliando drasticamente il costo del lavoro per le imprese, che servirà a quelli bravi , a quelli che hanno voglia di ripartire o di accelerare. Un'altra parte , circa 50 miliardi di euro, dovrebbe essere utilizzata per dare benefici fiscali alle imprese che innovano e internazionalizzano . Il resto andrebbe in infrastrutture anche con incentivi al project financing, e ad una profonda riforma delle dogane."


Insomma, lo Stato deve vendere tutto, come si legge nell'intervista, e utilizzare i soldi di tutti i cittadini non per costruire ospedali, scuole, parchi, eccetera.
Deve semplicemente regalare tutto alle imprese (private)perchè siano competitive sui mercati.


[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 06-07-2005 alle 18:26 ]

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 06-07-2005 18:35  
Martedì
cioè ieri.
Giornata piena di notizie interessantissime.

Bush a pagina 12 dichiara che "io ho preso le distanze dal protocollo di Kyoto perchè danneggia l'economia americana, ci può scommettere. Avrebbe distrutto la nostra economia. Si trattava di un accordo svantaggioso per l'economia americana. .....
Non credo che ci si possa aspettare che un leader americano mandi a rotoli l'economia."

E ha perfettamente ragione.
In un sistema del genere la priorità non è l'ambiente ma i profitti delle grandi imprese, e se un protocollo come quello di Kyoto si preoccupa del devastante effetto dei gas serra e ciò danneggia l'economia, perchè le imprese dovrebbero adeguarsi a uno sviluppo sostenibile dell'ambiente e meno inquinate ,convertendo la loro produzione di beni secondo modelli magari più costosi,
il Protocollo può andare a farsi fottere.
un presidente ha il dovere di sostenere le sue imprese altrimenti non può fare il presidente, così come l'amministratore delegato deve ricavare il massimo dei profitti ,poco importa l'ambiente, altrimenti non farà più l'amministratore delegato poichè verrebbe cacciato in cinque secondi dagli azionisti.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 06-07-2005 alle 18:36 ]

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 06-07-2005 18:44  
Sempre Martedì c'è l'intervista a Prodi.
Che conferma quello scritto lunedì da Giovanni Tamburi.

"Il problema adesso è dedicare tutte le risorse, tutti i soldi, tutto quello che si ha a far riprendere la produzione e soprattutto le esportazoni . ......
se non si aiutano le imprese a fondersi, ad avere rapporti coi mercati finanziari e il sostegno delle banche, se non si sostengono le imprese nei nuovi mercati che si aprono, insomma se non c'è un Sistema-Paese , allora non si riesce a fare niente. Io non ho mai ritenuto che la politica industriale fosse una parola sporca e sono contento che adesso sia diventata un'opinione condivisa da tutti."


In sistesi, bisogna dare tutti i soldi alle imprese.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 06-07-2005 19:06  
Naturalmente questo tripudio di interviste è sostenuto da altrettanti editoriali senza ovviamente concedere nulla a chi pensa che un simile modello di economia non abbia fatto molti progressi dal medioevo in avanti.

Leggiamo quindi l'editoriale a pagina 18 dove Anthony Giddens ci spiega che "l'Europa può salvaguardare il suo modello sociale in un mondo in corso di globalizzazione, ma può farlo unicamente per mezzo di riforme piuttosto radicali, oltre a investimenti molto cospicui nel settore della formazione, della scienza, della tecnologia, e a riforme dei sistemi del welfare e dei mercati del lavoro."

In pratica può farlo solo rinunciando a quel modello sociale ,e "il problema- prosegue l'editoriale- è come convincere quanti reputano che riformare il modello sociale europeo voglia dire tradirlo."

In effetti è un grosso problema e un metodo potrebbe essere quello di eliminare le voci del dissenso come avviene ogni giorno su questo giornale, ad esempio.

Nella pagina seguente un altro editoriale ci spiega la sinistra che ha paura dell'Europa e che si oppone alla Costituzione Europea. E via con una campagna martellante a senso unico ribattendo gli stessi concetti all'infinito.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 06-07-2005 19:18  
E si arriva a oggi, mercoledì, e che cosa non può mancare ovviamente?
L'ennesimo editoriale in favore del libero commercio, dove per libero commercio si intende una particolare forma di modello economico nel quale i mercati devono essere aperti solo se chi li invoca ne può trarre vantaggio.

A proposito dell'Africa, a pagina 19 Peter Mandelson scrive che questa del libero commercio è la ricetta vincente: gli africani e i loro governi devono aprire i mercati alle nostre imprese, eliminare i dazi elevatissimi e ogni barriera.

Mandelson non ricorda però l'accordo recentissimo tra Europa e Cina in cui è stato stabilito un momentaneo limite alle mportazioni cinesi (per ora fino al 2009) poichè queste danneggiano seriamente le nostre imprese.
Quindi il libero commercio va bene solamente in un caso: quando i nostri mercati sono talmente avvantaggiati sulla concorrenza e solo allora le barriere devono cedere, in caso contrario si possono tranquillamente chiudere con accordi protezionistici come quello adesso citato.

In pratica gli Stati africani non hanno alcun diritto di proteggere la loro economia dalla devastante concorrenza straniera, al contrario dei privilegiati cittadini europei che si tutelano da quella del tessile cinese.

E naturalmente gli africani non hanno alcun diritto a far crescere le loro aziende e le loro economie come del resto si sono sviluppate le nostre, cioè proteggendo le imprese dalla dura e selvaggia legge del libero mercato.
Questa sarebbe la "ricetta dell'Africa", come da titolo dell'editoriale.

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Tenenbaum

Reg.: 29 Dic 2003
Messaggi: 10848
Da: cagliari (CA)
Inviato: 07-07-2005 00:36  
ciò che accade in Sud Africa dimostra proprio l'opposto

solite banalità
la noia uccide
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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 24-07-2005 12:26  
In Sud Africa non accade proprio nulla che possa dimostrare il contrario degli esempi portati.
E caso mai è l'esempio di un paese che si è potuto sviluppare più di altri grazie a decenni di Apartheid dove un manipolo di bianchi occidentali ha tiranneggiato sulla maggioranza della popolazione.

Naturalmente si parla di sviluppo inteso nel senso ristretto di pochi grandi aziende;il resto della gente è poverissimo e non possiede nulla.

In effetti dovrebbe fare un certo effetto vedere che i critici di un sistema alla Stalin sono impegnati a difenderne un altro del tutto simile.
la cosa non dovrebbe stupire più di tanto se si pensa che dopo la cauta del muro di Berlino e il crollo dell'Urss i più accaniti stalinisti si dettero alla dottrina del "libero mercato" e ne furono del tutto entusiati e adesso sono i principali direttori di banche e istituti finanziari.

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Futurist

Reg.: 30 Giu 2005
Messaggi: 1290
Da: firenze (FI)
Inviato: 24-07-2005 16:18  
Trovo oltraggioso che il regime di Stalin venga paragonato in questo modo al sistema neoliberale.
La prima, immediata, differenza che mi viene in mente riguarda le condizioni di vita dei così detti "lavoratori". Durante il regime di Stalin, mentre in USA dilagava il consumismo di massa, indice di portafogli gonfi, in Russia la popolazione aveva difficoltà persino a nutrirsi, infatti ci fu una carestia che causò 5 milioni di morti causa della quale furono i piani quinquennali di sviluppo industriale mal gestiti (ovvero la popolazione rurale fu deportata nelle fabbriche con la forza, cosa inconcepibile per un liberale). Inoltre la russia di Stalin si reggeva in buona parte sul sistema dei gulag e sui lavori forzati, mentre il sistema liberale non forza proprio nessuno. Una tale differenza di fondo esiste anche tra sistema liberale e feudale. Nel sistema feudale il "lavoratore" è vincolato al "superiore" per nascita, nel sistema liberale per contratto; una differenza abissale.


La verità è che una azienda (grande, piccola o microscopica che sia) produce ciò che riesce a vendere; e quello che riesce a vendere corrisponde a quello che la gente vuole. Quindi è il consumatore, cioè la massa, che decide cosa può stare sul mercato e cosa no. E' la massa che decide quali prodotti scartare e quali no. E' la massa dunque che decide cosa va prodotto e cosa no.


Quelli che riporti te sono solo casi di corruzione. Un imprenditore può spendere i soldi avuti dallo stato per fare buchi in terra o, come è successo di recente in Italia, per costruire inutili capannoni o acquistare l'automobile aziendale senza una reale necessità.
Ma la stragrande maggioranza degli imprenditori, specialmente quelli appartenenti a cultura anglosassone, utilizzano i capitali per fare investimenti produttivi, per espandere i loro interessi e conseguentemente per creare nuovi posti di lavoro e nuovi prodotti da immettere nel mercato.
Se poi il libero mercato funziona, beh allora alla lunga l'impronditore che ha investito male è destinato a soccombere. Questo genera una sorta di selezione neturale che dovrebbe portare ad una classe dirigente sempre più capace e responsabile.

Per quanto riguarda poi l'ambientalismo, te citi il protocollo di Kyoto, insinuando che il sistema liberale, per sua stessa natura, non potrebbe sostenerlo. Ridicolo.
Il protocollo di Kyoto non solo è nato in ambienti liberali, ma sono state pure le nazioni superliberali dell'UE le prime a sottoscriverlo.
Probabilmente questo è un errore dei repubblicani USA non tanto del sistema libarale.

Per quanto riguarda poi il commercio mondiale prima dici che l'europa si vorrebbe chiudere alla cina per proteggere le sue quote, dopodichè dici che gli stati africani, che per redditi stanno addirittura dietro la cina, dovrebbero rimanere chiusi all'europa per proteggere la loro produzione interna, come se i prodotti europei potessero competere per costo con quelli africani, casomai avverrebbe l'opposto.
Ho come l'impressione che tu non abbia capito un fico di dinamiche economiche.

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honecker

Reg.: 31 Gen 2005
Messaggi: 626
Da: Pankow (es)
Inviato: 24-07-2005 20:39  
quote:
In data 2005-07-24 16:18, Futurist scrive:
Inoltre la russia di Stalin si reggeva in buona parte sul sistema dei gulag e sui lavori forzati, mentre il sistema liberale non forza proprio nessuno.



La Russia di Stalin era una potenza industriale e militare. I gulag e i lavori forzati erano un sistema di detenzione: l'economia sovietica non dipendeva da essi.

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