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Autore "Oil for Food" ne sapete qualcosa?
ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 28-10-2004 12:13  
Oil for food : difficile indagare sullo scandalo dell' ONU
di Giulia Alliani

Come gia' il Washington Post, il Washington Times torna ad occuparsi dello scandalo "Oil for Food". Lo fa con un editoriale di Ed Feulner, presidente della Heritage Foundation, una delle organizzazioni neo-con, il cui scopo dichiarato e' quello di "formulare e promuovere politiche basate sui principi della libera impresa, della liberta' individuale, dei valori americani tradizionali, e della difesa nazionale".

Feulner afferma che "il programma Oil for Food potrebbe rivelarsi come uno dei piu' grossi crimini della storia. Sembra che nello scandalo sia coinvolto piu' di un membro delle Nazioni Unite. Negli Stati Uniti la commissione d'inchiesta sul Programma Oil for Food, guidata dall'ex capo della Federal Reserve, Paul Volcker, e' al lavoro da quasi sei mesi, ma pare che non stia facendo molti progressi."

"La cosa non stupisce - commenta Feulner - dal momento che non e' dotata delle armi adatte: non ha il potere di convocare testimoni ed e' chiaramente passibile di manipolazioni da parte delle Nazioni Unite. Non ha l'autorita' per ottenere risposta alle proprie richieste di informazione e non ha il potere di punire i reati che dovesse scoprire."

Feulner sottolinea che le operazioni della Commissione Volcker sono ammantate di segretezza: "si conoscono i nomi degli investigatori piu' in vista, ma ce ne sono circa quaranta che sono del tutto sconosciuti. Queste persone devono essere indipendenti, ma, siccome non sappiamo chi siano, non sappiamo nemmeno se hanno dei legami con le Nazioni Unite."

Inoltre "uno dei commissari ha gia' dato le dimissioni perche' sulla sua imparzialita' erano stati sollevati seri dubbi. Si tratta di Anna di Lellio, la portavoce di Volcker, che si e' ritirata dopo che era emersa la notizia riguardante alcune sue affermazioni di tenore anti-americano."

"Non mi va a genio" aveva dichiarato al Guardian la Di Lellio in occasione del primo anniversario dell'attacco dell'11 settembre "che l'Italia e gli Stati Uniti, le mie due patrie, si siano fatte temporaneamente occupare da due famiglie. Con due difensori come W e Berlusconi, in larga parte senza controllo per effetto di una informazione da sicofanti, non abbiamo bisogno di Bin Laden per distruggere la cultura, la liberta' personale, il rispetto per gli altri esseri umani, l'onesta' e la legalita'".

Accettandone le dimissioni anche Volcker ha dichiarato che il tenore delle sue affermazioni avrebbe potuto essere un ostacolo alla capacita' di agire con efficienza da tramite tra la commissione e la stampa e il pubblico.

Sebbene vi siano state delle smentite, nello scandalo Oil for food sarebbe coinvolto anche il figlio di Kofi Annan, al punto che si e' parlato di Kofigate.

http://www.osservatoriosullalegalita.org/04/comm/10ott/0812giuliaoilfood.htm
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Spock: We must acknowledge once and for all that the purpose of diplomacy is to prolong a crisis.

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 28-10-2004 12:15  
Intervista a Paul Volcker
de Il SOLE 24 ORE

L'obiettivo del Consiglio di Sicurezza era di assicurarsi che gli introiti di quelle vendite venissero utilizzate da Baghdad esclusivamente a fini umanitari. Ma il regime iracheno trovò presto il modo di aggirare tutti i controlli e il programma divenne un vero e proprio colabrodo di cui Saddam e i suoi si servivano per stornare fondi, comprare beni vietati dalle sanzioni (armi incluse) e foraggiare amici in tutto il mondo. Incluso, si dice, lo stesso funzionario dell'Onu responsabile del programma, il diplomatico cipriota Benan Sevan. La caduta del regime ha portato alla luce molti documenti interni iracheni che sembrano confermare questa e altre accuse. E ora tutti vogliono sapere che cosa veramente successe. Il tema ha ovviamente un forte impatto politico. Da un lato c'è chi vuole usare queste rivelazioni per puntare il dito su inefficienze e corruzioni dell'Onu e chi conta di trovare nuovi motivi per accusare Governi e società dei Paesi che più si sono opposti all'invasione americana dell'Irak. Dall'altro c'è chi conta di nascondere i propri rapporti con il regime di Saddam e i propri profitti illeciti (o semplicemente non dichiarati) accusando chi indaga di caccia alle streghe intesa a "punire" chi si era opposto alla guerra. In mezzo c'è Paul Volcker. In questa intervista - concessa in esclusiva al Sole-24 Ore, e pubblicata simultaneamente dal Financial Times - Volcker parla per la prima volta di questa sua nuova sfida.

Perché pensa di essere stato scelto per dirigere questa commissione?
Presumibilmente volevano qualcuno con una reputazione di neutralità, una persona nota per la sua indipendenza. Non so se io lo meriti o meno, ma ho questa reputazione sin dai giorni in cui ero chairman della Federal Reserve.

Che cosa si aspetta di riuscire a fare?
Quando ho accettato questo lavoro, il mio obiettivo era di ricostruire per intero la vicenda del programma Oil for Food. Si è rivelato un compito più complicato di quanto non pensassi, ma lo ritengo ancora possible.

Assieme alla sua commissione, ci sono altri organi, sia parlamentari che giudiziari, che indagano sulla stessa vicenda.
Vorremmo pensare che siano complementari. Ma in realtà non lo sono. Sono in competizione.

Le commissioni del Congresso Usa e la magistratura possono emettere mandati di comparizione, la sua commissione invece non ha poteri del genere.
Il mandato di comparizione non è un elemento-chiave in un'inchiesta come questa. Per esempio non ha nessun valore all'Onu, perché c'è l'immunità diplomatica. Né conta con società straniere. Quindi, laddove si parla di società straniere e di Nazioni Unite, direi che siamo noi a essere avvantaggiati. Perché abbiamo una risoluzione dell'Onu che invita tutti i Paesi membri a collaborare con noi. Il Dipartimento della Giustizia può occuparsi di una società americana, e in quel caso dovremmo cercare un qualche modo di collaborare. Ma se il Congresso vuole investigare l'Onu, allora nasce un problema. Non possiamo permettere loro di avere accesso ai documenti dell'Onu per fini politici. Insomma, c'è una certa dose di attrito.

Si aspetta che massmedia, opinione pubblica e Governi di tutto il mondo considerano le vostre e non quelle degli altri le conclusioni più attendibili e definitive?
Con un filo di arroganza, debbo dire che quando ho accettato ero convinto che sarebbero state accettate come tali. Lo penso tuttora, ma ho capito che serviranno degli sforzi particolari. Ci sono molte persone con interessi tanto forti quanto diversi. C'è chi pensa tutto il male possibile dell'Onu e quindi conta di trovare ogni possibile porcheria immaginabile. E chi invece preferirebbe non venisse fuori nulla.

E lei che pensa?
Penso che le Nazioni Unite siano un'istituzione importante. Ma se le accuse di corruzione o di cattiva amministrazione dovessero essere confermate, il messaggio per l'Onu sarebbe che occorrono dei cambiamenti. Il che non può che aiutare.

Le Nazioni Unite non sono l'unico bersaglio dell'inchiesta. Ci sono anche società private e Governi.
È vero. E spesso si parla dell'Onu quando invece si dovrebbe parlare del Consiglio di Sicurezza, che non è l'Onu, bensì i Governi di cinque Paesi. Incluso quello americano. Se c'erano tutti questi traffici, perché il Governo Usa ha lasciato che andassero avanti?

Crede che sarà più difficile trovare prove di corruzione o malaffare da parte di funzionari dell'Onu, di società private o di Governi?
È troppo presto per dirlo. Finora, in generale, abbiamo avuto la cooperazione di tutti. Ma quando si comincerà a scendere nei dettagli e indagare a fondo su società specifiche ritenute corrotte - e sulla gente che può esserci dietro - è chiaro che si incontreranno resistenze. Da parte di Governi o di altri. Ci stiamo avvicinando a quello stadio.

Nel rapporto presentato alcuni giorni fa dal responsabile dell'Iraq Survey Group, Charles Duelfer, c'è un elenco di importanti uomini politici che avrebbero ricevuto assegnazioni di carichi petroliferi "di favore". Con quanta decisione avete intenzione di seguire quelle piste?
Le investigheremo eccome.

Si parla dell'ex ministro degli Interni francese e dell'ufficio del presidente della Russia. Che cosa succederà se la pista dovesse portare fino alle porte di un palazzo presidenziale?
Andremo dove le piste ci portano.

E si aspetta la cooperazione di quei Governi? Me l'aspetto. Ma posso immaginare che in alcune occasioni troveremo delle resistenze.

Insomma, se politici sono stati effettivamente pagati per il petrolio a loro assegnato dagli iracheni, lei pensa di poterlo dimostrare.
Non siamo un organo giudiziario e non operiamo in un tribunale, ma non abbiamo intenzione di fare denunce senza prove. Conto, in casi importanti, di poterlo fare. E se troveremo evidenze di corruzione, collaboreremo con le autorità locali.

Il rapporto di Duelfer dice che prima della guerra del 2003, Francia, Cina e Russia erano i Paesi che più beneficiavano del programma Oil for Food. Negli Usa adesso molti si aspettano che questi tre Paesi non siano particolarmente disponibili con i suoi investigatori.
Per ora ogni singolo Paese che abbiamo contattato ha collaborato. Ovviamente, si tratta di vedere se la collaborazione continuerà o meno. Il problema con tutti questi Paesi è che ci sono leggi nazionali che proteggono il segreto bancario e regole che determinano le possibilità di accedere a dati bancari.

Come pensa di superare questi ostacoli?
Abbiamo la forza morale della risoluzione delle Nazioni Unite che invita gli Stati membri a collaborare.

Un Paese chiave è la Svizzera, dato che buona parte delle lettere di credito riguardanti gli acquisti di petrolio iracheno erano emesse da una banca di Ginevra. Si aspetta aiuto dalle autorità svizzere?
La Svizzera è un membro relativamente nuovo dell'Onu e mi aspetto che sarà particolarmente sensibile alla questione della sua disponibilità nei confronti di quello che è a tutti gli effetti un ordine dell'Onu.

Quanto addentro all'indagine è lei personalmente?
Sono abbastanza coinvolto. Non sono un investigatore e quindi non seguo la cosa nei minimi dettagli, ma voglio essere messo al corrente di quello che succede.

Pensa che la sua inchiesta ci saprà dire che cosa è successo veramente nell'Oil for Food?
Ci sono quasi 5mila società coinvolte in questo programma. Alcune sono del tutto oneste e normali, altre sono società marginali e altre ancora di facciata. Se dovessimo metterci a investigare su ognuna di queste ci metteremmo un decennio. E non è quello che abbiamo intenzione di fare. Sceglieremo alcuni casi che riteniamo importanti. Saremo selettivi. E penso che saremo in grado di presentare un rapporto finale convincente, imparziale e soprattutto basato sui fatti. Non posso garantire che troveremo una risposta a ogni singola accusa. Ovviamente no. E in alcuni casi diremo di non avere trovato risposte conclusive, ma di aver trovato prove convincenti.

Teme che le conclusioni della sua inchiesta possano essere utilizzate a fini politici?
Il nostro compito è di presentare un rapporto imparziale. Senza fini politici. L'Onu è un'istituzione importante, ma il nostro compito non è di difenderla. E nemmeno di attaccarla. Cerchiamo solo di stabilire i fatti e la verità.
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 28-10-2004 12:16  
Corruzione all'ONU? Kofigate per "oil for food".
di Rita Guma in collaborazione con Angela Parrinello

Nell'operazione "oil for food" (petrolio per cibo) che le Nazioni Unite avevano disposto per soccorrere i bambini iracheni all'epoca di Saddam, 5 miliardi di dollari di mazzette provenienti da imprese corruttrici, in massima parte Francesi e Russe, sarebbero finiti nelle tasche di Saddam e forse in quelle del figlio di Kofi Annan.

Il 17 marzo il portavoce di Annan ha confermato al New York Times che il figlio del segretario generale dell'ONU, Kojo, era sul libro paga della svizzera Cotecna fin dal dicembre 1998.

In quel periodo l'ONU aveva affidato alla Cotecna il contratto per monitorare ed autenticare i beni inviati in Iraq. Tuttavia si e' scoperto che i prezzi dei beni erano gonfiati di un 10%, i cibi erano spesso scaduti o inutilizzabili, mentre le medicine erano diluite.

L'addetto stampa dell'ONU ha anche ammesso che Benon Sevan, per lungo tempo braccio destro di Annan per questioni miliardarie, fu avvertito dai legali dell'ONU che inomi delle compagnie che avevano avuto i contratti erano "informazioni commerciali privilegiate, che non potevano essere rese pubbliche".

Per distribuire la responsabilita' il portavoce ONU ha pero' sottolineato che "i dettagli di tutti i contratti erano resi disponibili ai governi di tutti i 15 membri del Consiglio". Occorrera' verificare se anche i dettagli delle mazzette erano noti a tutti.

Proprio per mettere a tacere le voci, Annan ha varato l'inchiesta "indipendente ad alto livello" di cui pero' pochi parlano. Perche'?

Il denaro per il progetto passava solo attraverso la banca BNP Paribas su un conto Iraq-ONU e nella vicenda era coinvolta anche la Russia mediante favoriti del presidente Putin.

Questo spiegherebbe, secondo il columnist americano William Safire, l'opposizione di Parigi e Mosca alla guerra in Iraq e perche' i loro rappresentanti non volevano una inchiesta che non potevano controllare.

Nemmeno la Casa Bianca ed il dipartimento di Stato USA sono pero' cosi' desiderosi di una reale indagine. Safire ipotizza che, qualora la verita' emergesse, l'ONU potrebbe non dare la propria agli USA copertura nelle attuali vicende irachene.

by www.osservatoriosullalegalita.org
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 01-12-2004 16:43  
Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, è stato costretto a scaricare suo figlio Kojo dopo che una giornalista del New York Sun, Claudia Rosett, ha scoperto le mani di Kojo Annan nella marmellata del più grande scandalo di corruzione della storia delle istituzioni internazionali. Il figlio di Annan è stato a libro paga della Cotecna fino al 26 febbraio del 2004, tre mesi dopo la scadenza del contratto tra la società svizzera e le Nazioni Unite per monitorare il corretto funzionamento di Oil for Food. Il programma Onu consentiva a Saddam di vendere il petrolio (oil), allora sotto embargo, per comprare il cibo (food) necessario a sfamare i bambini iracheni. I fondi erano gestiti dall'Onu, attraverso il braccio destro di Annan, Benon Sevan. Nei sette anni di attività del programma sono spariti, secondo l'ultima stima, oltre 20 miliardi di dollari, utilizzati da Saddam per far ripartire i programmi di riarmo, per finanziare il terrorismo kamikaze e per comprarsi il consenso dei funzionari dell'Onu e di politici dei paesi amici, soprattutto Francia e Russia, al Consiglio di sicurezza.


Compito della Cotecna era quello di controllare che non ci fosse corruzione nel programma, ma non s'è accorta che politici e imprenditori di mezzo mondo venivano corrotti e che il ricavo della vendita del petrolio non portava cibo ai bambini, ma armi e nuovi palazzi per il dittatore. Annan aveva detto che suo figlio non era più in rapporti con la società svizzera dal 1998, prima del contratto Onu vinto da Cotecna. "Naturalmente sono molto dispiaciuto e sorpreso ­ ha detto Annan quando l'avvocato di suo figlio ha ammesso i pagamenti mensili ricevuti negli ultimi 5 anni ­ Non sapevo che il rapporto fosse andato avanti". Su Oil for Food stanno indagando due diverse commissioni del Congresso Usa, i controllori dei conti americani, una commissione dell'Onu guidata dall'ex capo della Federal Reserve Paul Volcker e, infine, la procura di New York. Si fa strada, intanto, il filone francese dello scandalo, e non solo per la presenza nella lista dei beneficiari di Saddam dell'ex ministro dell'Interno Charles Pasqua. Ieri l'ex procuratore francese Eva Jolie ha svelato a Fox News che le sue indagini sul coinvolgimento di Jacques Chirac sono state fermate "dall'immunità" di cui gode il presidente.

da ilfoglio
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mutaforme

Reg.: 25 Lug 2002
Messaggi: 4608
Da: Monte Giberto (AP)
Inviato: 04-12-2004 01:37  
Non me ne volere Ipergiorg ma se riporti interamente la notizia e basta dove sta il dibattito? Dicci intanto la tua.
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One more thing...

Jokerman dance to the nightingale tune,
Bird fly high by the light of the moon,
Oh, oh, oh, Jokerman.

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Alessandro

Reg.: 12 Nov 2002
Messaggi: 1274
Da: Milano (MI)
Inviato: 04-12-2004 12:18  
Iniziamo da Galloway, ammettendo che potrebbe pure non essere colpevole.
Perchè i terribili goebbels-media della Propaganda filo-americana tacciono, se sono gli strumenti della Propaganda?

Caso Galloway.
Il Daily Telegraph è stato condannato a pagare un bel po' di quattrini al deputato laburista inglese noto per essere un fan di Saddam e accusato di aver preso denaro dal dittatore che amava. Questa è la notizia, ma vedo che in giro c'è qualcuno convinto che il giornale inglese sia stato condannato perché le prove erano false o perché Galloway non ha preso denaro da Saddam. Non è così, ovviamente. La causa di Galloway non era di questo tipo. L'alta corte londinese non ha deciso su questo. Su questo, come è noto, sta indagando l'Onu, il congresso americano e un procuratore federale di New York (e, magari, ma non lo so, anche qualcuno in Inghilterra). La causa inglese era un'altra. Chi vi fa credere che Galloway sia stato "assolto" dall'accusa di corruzione vi racconta, al solito, una balla. Magari Gourgeos George un giorno sarà assolto, ma ieri la sentenza riguardava altro. Questo: Galloway aveva contestato al Daily Telegraph di aver pubblicato una lista di beneficiari di Saddam scovata a Baghdad, uno scoop mondiale, per ragioni politiche. In sostanza l'accusa al Telegraph era di aver pubblicato il nome di Galloway senza aver prima controllato che Galloway avesse davvero preso del denaro. Galloway dice che non ne ha preso e quindi rivendica giustamente di essere stato diffamato. Il Daily Telegraph invece, altrettanto giustamente, dice che era suo dovere far conoscere quello e gli altri nomi dei beneficiati, e che non c'era modo di verificarne il contenuto.
Quella lista di nomi perònon è falsa, come è evidente dallo scandalo che sta travolgendo l'Onu. I versamenti però dovranno essere provati. Qualcuno potrebbe non aver preso quei soldi, e magari Galloway è tra questi. Ma nessuno oggi mette in dubbio che ci fosse una lista di politici e imprenditori pagati da Saddam con i soldi dell'Oil for food, cioè dei bimbi affamati. Non lo mette in dubbio nemmeno questa sentenza dell'altro ieri. La sentenza condanna il Telegraph perché non ha dato tempo e spazio a Galloway di preparare una difesa efficace, a prescindere dalla veridicità dell'accusa. Ma era o non era una notizia quella scovata dal Telegraph, visto che lo scoop della corruzione generalizzata del programma oil for food è stato confermato e oggi è diventato il più enorme scandalo corruttivo della storia (21 miliardi di dollari)? Secondo la Corte inglese, tra il diritto a far conoscere la notizia di quella lista e il diritto di tutela del deputato Galloway, deve prevalere quest'ultimo. Una cosa che se succedesse in Italia starebbero tutti a gridare al colpo di Stato berluscones. Il Telegraph spiega tutto qui. Ok, è di parte. Ma anche il trucido Guardian, che è di parte, ma dell'altra, e che è convinto dell'innocenza di Galloway, spiega che è andata così e che questa sentenza è pericolosa per la libertà di stampa. Sulluvan, che è inglese ma vive in America, spiega che la libertà di stampa è ben più ampia negli US.
3 dicembre, http://www.ilfoglio.it/camillo/
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Io sono tutti.

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Alessandro

Reg.: 12 Nov 2002
Messaggi: 1274
Da: Milano (MI)
Inviato: 04-12-2004 12:28  
Appena posso dirò la "mia",promesso, e basta copia-incolla. Intanto attendo anche gli sviluppi. Tiè.


Le Nazioni Unite sono fallite. Bisognerebbe prenderne atto, dirlo chiaramente, non sprecare tempo in riforme e alchimie istituzionali che non potranno mai essere approvate e che non cambiano di una virgola la sostanza, che è questa: rispetto alle grandi questioni, cioè la guerra e la pace, l'Onu è un ente pressoché inutile, se non dannoso. E' un'organizzazione che non ha mai funzionato oppure ha tradito lo spirito dei suoi fondatori e rinnegato i principi contenuti nella sua Carta. Le Nazioni Unite andrebbero ringraziate, poi salutate e infine chiuse, cancellate, archiviate. Ora voi direte: queste sono esagerazioni di un esagitato fogliante, pensieruccio neocon, propaganda bushiana, complotto della lobby ebraica, crociata degli evangelici fondamentalisti. Invece no. E' la tesi, tra gli altri, di due autorevoli intellettuali liberal: Ivo Daalder della Brookings Institution, il serbatoio dei cervelli del partito democratico, e James Lindsay, vicepresidente del più autorevole e più istituzionalmente corretto centro studi americano, il Council on Foreign Relations. I due analisti, già autori di una seria critica della politica estera di Bush in un libro uscito nel 2003, hanno scritto un lungo articolo, pubblicato non dai giornali della cospirazione neocon ma dall'autorevole organo dell'establishment europeo, il Financial Times, nel quale spiegano che "è evidente, e in modo crescente, come le principali organizzazioni sulla sicurezza internazionale ­ l'Onu e la Nato ­ non siano all'altezza delle nuove sfide globali che stiamo affrontando. Le Nazioni Unite, da organizzazione pre Guerra fredda che si muove in un mondo post Guerra fredda, hanno combattuto vigorosamente per essere rilevanti ed efficaci".
Ci sono riuscite? No, non ci sono riuscite. Certo, c'è stato qualche successo, specie negli anni Novanta, ma soltanto ogniqualvolta hanno aiutato a mantenere la pace in situazioni dove le parti in conflitto avevano già deciso di non combattere (in Cambogia, a Timor est, in Salvador, in Mozambico, in Namibia). L'esperienza, scrivono i due analisti liberal, insegna che quando la pace non c'è, l'Onu non è in grado di crearla. L'inefficacia dell'Onu, al di là del tira e molla di 13 anni con Saddam e della corruzione nel programma petrolio-in-cambio-di-cibo, oggi è unanimemente riconosciuta.
L'elenco dell'irrilevanza e dei disastri è lungo, quasi infinito, e va dal non aver difeso già nel 1948 la propria risoluzione su Israele e su Gerusalemme fino all'approvazione della risoluzione 2.708 del 1970 che riconosceva il diritto all'uso del terrorismo per esercitare il diritto all'autodeterminazione con "ogni mezzo necessario a propria disposizione". Le Nazioni Unite non sono intervenute quando la Corea del Nord comunista invase quella del Sud, né in Cambogia. John Kennedy non perse tempo a consultarle quando decise il blocco navale di Cuba ai tempi della crisi missilistica. Lo stesso quando lui, e poi Lyndon Johnson, invasero il Vietnam. L'Onu è sempre stato avvertito a cose fatte, così come non ha contato nulla quando l'Unione Sovietica si prese l'Ungheria e la Cecoslovacchia e l'Afghanistan. Quando nel 1956 l'ultima richiesta d'aiuto via radio da Budapest era stata silenziata, l'Onu se la cavò con un documento che invitava il segretario generale a "indagare sulla situazione in Ungheria causata da un intervento straniero". Quando nel 1980 Saddam ha invaso l'Iran non c'è stata una condanna credibile. Ci sono stati colpi di Stati in mezzo mondo, sponsorizzati ora da Mosca ora da Washington, ma nessuno ricorda il ruolo delle Nazioni Unite. I massacri in Bosnia sono avvenuti sotto l'occhio non vigile dell'Onu. Per evitarne uno in Kosovo, Bill Clinton fece a meno dell'egida dell'Onu.
In alcuni casi non è stato soltanto irrilevante, ma ha contribuito a creare il disastro e a diffondere l'antisemitismo. Quando nel 1967 il dittatore egiziano Gamal Abdel Nasser, uno che non nascondeva di avere "l'obiettivo di distruggere Israele", chiese all'Onu di ritirare i caschi blu presenti nell'area, ottenne senza problemi quello che voleva, nonostante avesse già schierato 80 mila uomini e 550 carri armati al confine con Israele. Il genocidio ruandese è figlio diretto del ritiro delle truppe Onu da Kigali e delle scelte dell'allora capo del dipartimento delle operazioni di peacekeeping, Kofi Annan. L'11 gennaio del 1994 il generale belga che guidava il contingente Onu in Ruanda inviò un telex ad Annan nel quale si avvertiva che gli hutu erano pronti a "sterminare" i tutsi. Le fonti del generale avevano anche localizzato i depositi delle armi. Kofi Annan e il suo vice risposero al generale di non fare nulla, perché intervenire sarebbe stato "andare oltre il mandato dell'Onu". Quando gli hutu entrarono in città e massacrarono decine di migliaia di tutsi, e dieci soldati belgi, la risposta dell'ufficio di Annan al generale che comandava le operazioni di peacekeeping fu: "Dovete fare ogni sforzo per non compromettere l'imparzialità". Non aver "compromesso" l'imparzialità è costata la vita a 800 mila persone.
L'Onu dunque va cambiata. Tutti chiedono una riforma. Se ne parla da anni. Si parla da anni di diritto di veto, di Germania e di Giappone nel Consiglio di sicurezza, di seggi a rotazione, di ruolo dell'Unione europea e tutto quanto. C'è chi vuole un'Onu più democratica, cioè più assembleare, tutti la vogliono più efficace, più adatta ai tempi, più, più, più. Nessuno però racconta i mille meno nel curriculum delle Nazioni Unite. Nessuno dice che una riforma, qualunque essa sia, e ammesso che riesca a trovare una maggioranza dei due terzi al Palazzo di vetro, dovrà poi essere ratificata nei paesi d'origine dai due terzi dei 192 Stati membri.
Il segretario generale Kofi Annan, ghanese e burocrate Onu di carriera, la cui carica ora è sull'orlo del disastro per gli scandali oil-for-food, ha nominato una commissione di esperti che nei giorni scorsi ha partorito un paio di proposte di riforma del Consiglio di sicurezza e, finalmente, una definizione del concetto di terrorismo. Lo sapevate, per esempio, che le Nazioni Unite, fin qui, non sono mai riuscite a trovare un accordo, non dico sulla lotta al terrore, ma sulla semplice definizione di terrorismo? Queste proposte, accompagnate dalla fanfara dei grandi giornali, le avete già lette: tre seggi permanenti in più, oppure sei eccetera. Fuffa. Non si tratta di uno sprezzante giudizio dei pericolosi neocon. E', ancora una volta, pensiero e parola dei due apprezzati analisti liberal, Daalder e Lindsay: "Proposte di riforma come queste non vanno al cuore dei problemi che affliggono l'organizzazione. Sono i suoi principi fondativi a essere obsoleti".
Per dirne una, e soltanto una, la riforma di Annan affronta uno dei più scandalosi malfunzionamenti dell'Onu, la composizione della commissione sui Diritti umani, in un modo che non potrà far altro che peggiorare la situazione. Oggi sono elettivi i membri della commissione che in teoria dovrebbe vigilare sul rispetto dei diritti umani. Ma con un'Assemblea a maggioranza di regimi che quei diritti non rispettano, capita che paesi come gli Stati Uniti non raggiungano il quorum e che la Libia diventi presidente della commissione. I saggi di Annan, anziché proporre un criterio semplice semplice, secondo cui possono far parte della Commissione soltanto i paesi che rispettano i diritti umani, ha proposto l'allargamento universale. Così tutti, compresi Iran e Corea del Nord, potranno dire la loro e allentare il rispetto dei diritti umani.
Le Nazioni Unite sono state fondate nel 1945 dalla coalition of the willing dei paesi che avevano dichiarato guerra al nazismo, più l'imbucata Francia. Sono nate in un mondo che, subito dopo, è cambiato radicalmente non appena l'occidente s'è reso conto che il gigante sovietico faceva partita a sé. La Guerra fredda ha congelato l'Onu. In quegli anni l'Onu non ha funzionato e il Consiglio di sicurezza si riuniva raramente. Caduta l'Unione Sovietica e, come diceva Francis Fukuyama, apparentemente "finita la storia", per un momento è sembrato che il ruolo dell'Onu potesse davvero diventare quello di governo del mondo e di difesa della pace e della sicurezza. Il presidente americano George Bush (padre) cominciò a parlare di "nuovo ordine mondiale" e il Consiglio di sicurezza improvvisamente iniziò a lavorare in armonia. L'invasione irachena del Kuwait fu prontamente condannata e si trovò, per la prima volta nella storia dell'Onu, un accordo per una mobilitazione internazionale contro un dittatore espansionista. E' durato poco. Le Nazioni Unite non hanno impedito, anzi forse hanno facilitato, la strage di 7 mila persone a Srebrenica con il lasciapassare allo sterminio che il comando francese delle Nazioni Unite e le truppe olandesi diedero alle squadracce di Ratko Mladic.
Questi fallimenti e le relative stragi a un certo punto convinsero l'Amministrazione Clinton a intervenire, a cercare di far funzionare l'Onu secondo il progetto originario. Ci riuscì? No, non ci riuscì. Per intervenire in Kosovo, a salvaguardia preventiva della popolazione musulmana di etnia albanese, l'America fu costretta a fare da sola con l'aiuto di un pugno di volenterose nazioni europee e dell'Alleanza militare atlantica.
Il record di fallimenti e di tradimenti dello spirito fondativo dell'Onu, però, non impedisce a molte persone, specie in Europa, di continuare a vedere questo Moloch burocratico e inefficace e disastroso come la panacea di tutti i mali, come lo spirito santo che detta legge, come la Cassazione suprema. E' come se l'egida dell'Onu fosse un segno divino da aspettare, accettare e non discutere mai, invece che, più semplicemente, il marchio di una decisione che ciascuno dei 192 governi membri contribuisce a prendere. Le decisioni possono essere giuste o sbagliate, possono essere rispettose della Carta fondamentale dell'organizzazione oppure discostarsene. Ma il punto è che troppo spesso si sono discostate da quei principi. Un libro, appena uscito in America, scritto dall'ex ambasciatore israeliano al Palazzo di vetro, Dore Gold, fa un'inconfutabile rassegna dei tradimenti della Carta dell'Onu. Il titolo è "The tower of babble", la Torre della chiacchiera a vanvera, che in inglese fa assonanza con la torre di "Babel", di Babele.
Le Nazioni Unite erano un'idea americana, lo strumento ideato per promuovere i valori e i principi americani su scala globale. Gli architetti dell'Onu erano uniti dall'aver fatto la guerra alla Germania nazista, l'archetipo del male assoluto del ventesimo secolo. Stati Uniti, Urss, Cina e Gran Bretagna e gli altri 47 paesi fondatori "erano determinati a trovare una via per prevenire quel tipo di aggressione che ha condotto alla Seconda guerra mondiale ed erano fermamente impegnati a proteggere i diritti umani, avendo così recentemente assistito agli orrori dell'Olocausto". L'Onu nacque in un momento di straordinaria "moral clarity", di chiarezza morale, in cui i fondatori seppero distinguere senza se e senza ma tra l'aggressione dei nazifascisti e il loro ruolo di liberatori. Come scrive Gold, seppero distinguere "tra bene e male", nonostante l'ingenuità iniziale sull'Unione Sovietica. Ma l'idea era così forte che quando l'Onu approvò la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, i sovietici e i sauditi, fortemente contrari, non ebbero il coraggio di votare contro, ma si astennero. Già nel 1974 non era più così. Yasser Arafat parlò all'Assemblea generale con la pistola ben visibile sulla fondina legata alla divisa militare. In quell'occasione Arafat disse: "Stiamo anche esprimendo la nostra fede nella battaglia politica e diplomatica che è complementare e migliorativa della lotta armata". Tra gli applausi, concluse: "Le Nazioni Unite di oggi non sono più le Nazioni Unite del passato". Arafat aveva ragione: "La chiarezza morale ­ scrive Gold nel suo libro ­ è stata sostituita con il relativismo morale". Gente che ha massacrato centinaia di migliaia di persone, come il dittatore ugandese Idi Amin, viene accolta da applausi a scena aperta e con lui anche il capo dell'organizzazione terrorista Hezbollah e ogni dittatore possibile e immaginabile. La condanna della pratica di fare ostaggi (1979) prevede un'eccezione per chi lotta contro l'occupazione straniera "nell'esercizio del diritto di autodeterminazione". Il diritto a usare la "lotta armata" e "tutti i mezzi a disposizione" è stato ribadito nell'82 con la risoluzione 37. Insomma, nel corso degli anni l'Onu anziché condannare il terrorismo ha sempre trovato il modo di giustificarlo come una legittima forma di espressione politica.
Oggi è cresciuto a dismisura il ruolo delle dittature. Insieme agiscono come blocco e sono riuscite a egemonizzare i lavori e le decisioni dell'Assemblea. Lo standard morale si è abbassato fino a essere travolto del tutto, specie sotto la gestione "imparziale" di Kofi Annan. Nel 1994 il leader del regime islamico del Sudan ha spiegato che l'Onu non poteva criticare il diritto del suo paese ad amputare, crocifiggere e decapitare i detenuti. Nel 1993, secondo i dati della Freedom House fondata da Eleanor Roosevelt, solo 75 paesi su 184 erano democrazie, il resto erano dittature. Oggi il gruppo dei 114 paesi non allineati, che vota come blocco e che è composto quasi esclusivamente da regimi autocrati, è a un passo dall'avere la maggioranza dei due terzi dell'Assemblea. Vale a dire che le dittature sono il gruppo più influente nella macchina Onu. E' ridicolo definire le Nazioni Unite come "la comunità internazionale", perché per essere una comunità è necessario condividere valori comuni, come nel 1948. Oggi non è più così. Ecco perché nel 1948 Unione Sovietica e Arabia Saudita non andarono oltre l'astensione mentre oggi il blocco afro-asiatico non ha problemi ad argomentare che il concetto di diritti umani è un'invenzione del liberalismo occidentale. Sarà anche vero, e lo è, ma allora che senso ha continuare con questa finzione? L'Onu oggi è irremidibilmente il paradiso delle dittature perché le sue condanne morali, quando le fa, possono avere un'influenza soltanto sugli Stati democratici, non hanno alcun effetto sui regimi dove il concetto di "opinione pubblica" non esiste.
L'Amministrazione Clinton ha avviato una nuova strada, quella dei caucus democratici, un tentativo di riunire i paesi democratici in un comitato interno all'Onu che possa controbilanciare il peso dei regimi dittatoriali. Il governo italiano è stato partecipe di questo processo, soprattutto per merito del lobbying del Partito radicale transnazionale. L'obiettivo è la Comunità delle democrazie o, come la chiamano altri, l'Alleanza delle democrazie, cioè un'organizzazione di tipo nuovo di cui facciano parte solo i paesi democratici. E' l'uovo di Colombo, se ci pensate. E' la nuova istituzione internazionale che potrebbe sostituire le dittature unite che oggi paralizzano l'Onu e diffondono il caos nel mondo. L'idea è sostenuta dai clintoniani e dai bushiani, mette insieme liberal e conservatori ed è l'alternativa multilaterale all'America che fa da sé. Puntare sulle democrazie è la riforma vera, quella più radicale, l'unica in grado di far rivivere lo spirito e la chiarezza morale dei padri fondatori dell'Onu.
Christian Rocca
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