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Autore Lettera da una sconosciuta - Max Ophuls, Domenica 26
Ayrtonit
ex "ayrtonit"

Reg.: 06 Giu 2004
Messaggi: 12883
Da: treviglio (BG)
Inviato: 26-12-2004 13:51  
visto che non c'è un topic, mi sembrava giusto segnalare questo film, in onda alle 4.15 circa su fuori orario.

LETTERA DA UNA SCONOSCIUTA
(Letter from an Unknown Woman, USA 1948, b/n, dur. 84')
Regia di Max Ophuls
Con Joan Fontaine, Louis Jourdan, Mady Christians, Marcel Journet, Art Smith
La storia di una donna che ritrova l'antico amore da cui ha avuto un figlio: l'uomo non la riconosce ma le fa la corte. La donna, intanto, si è sposata e il marito, vedendo l'uomo girare intorno alla moglie, lo sfida a duello. Lei fugge col figlio e muoiono di tifo. Prima di morire, però, scrive all'amato una lettera rivelatrice. Lui, distrutto dal dolore, si lascia uccidere.

riporto la recensione di luca martignone:

Un film sull’amore concepito come desiderio nell’assenza. Romantico ed onirico, poetico e decadente. Tutto orchestrato sul ribaltamento dei canoni narrativi del melò. Lettera da una sconosciuta, che il regista franco-tedesco Max Ophüls (Saarbrücken 1902 – Amburgo 1979) ha tratto dalla novella Briefe einer Unbekannten di Stefan Zweig, è un’opera coniugata al passato. In cui si parte dalla parola fine – la morte – per ripercorrere a rebours un’esistenza segnata dal non-essere, una love story assiderata dall’impossibilità d’amare, un’ipotesi di Cinema – quello hollywoodiano – asfissiato dalla cristallizzazione dei generi e dalla dittatura ideologico-produttiva degli Studios.

"Quando leggerai questa lettera io sarò forse già morta. Ho tante cose da dirti e mi resta poco tempo…". E’ l’incipit della confessione epistolare che svela all’attonito Stefan (Louis Jordan), pianista fallito ed non più giovane viveur viennese, la verità sulla non-vita di una donna senza nome (an Unknown Woman, appunto) che lo ha amato incondizionatamente dall’infanzia alla morte. Parole di una voce senza corpo, che assume consistenza dopo una lunga dissolvenza con la quale Ophüls proietta all’indietro l’effimera materia narrativa fatta di ricordi di cui il film è costituito. Parte il flashback, ed ecco le voci sbiadite di un "è stato" vecchio di decenni, assumono la consistenza cinematografica di una recherche du temp perdu, fantasmi della memoria, come fantasmi sono le immagini di luce ed ombra che animano lo schermo.

Composito ed aristocratico, sprofondato nell’eterea atmosfera asburgica di una (splendida) Vienna di cartapesta – completamente ricostruita negli studi di Hollywood grazie alla maestria scenografica di Russel Gausman, Ruby Levitt e Charles Baker – Lettera da una sconosciuta è dunque un altro film di Ophüls sulla memoria e sulla morte. L’ossessione del ricordo, unico testimone dell’impossibile amore tra la romantica fanciulla (nel romanzo di Zweig si trattava di una più carnale entraîneuse di cabaret) e il pianista, determina la struttura del melodramma, in una costante destrutturazione dei consueti rapporti di causa/effetto e delle norme "letterarie" del feuilleton. Se la materia, infatti, è accostabile alle atmosfere del romanzo d’appendice, tale non è l’incastro narrativo che, fin dalle prime battute, nega la possibilità del colpo di scena finale svelando la conclusione della vicenda (la morte di Lisa). Con Lettera da una sconosciuta Ophüls scardina dunque i codici di genere del cinema hollywoodiano, denunciando velatamente la loro rigidità. E al tempo stesso compie una lucida riflessione sulle possibilità narrative del racconto filmico.

La fabula del film coincide con il corpo-letterario (la missiva di Lisa) che Stefan, immerso nell’ovattata penobra del suo studio, legge avidamente permettendo l’irruzione immaginifica ed eterea del passato. Stefan è un medium tra il racconto e gli spettatori, è l’anello di congiunzione tra una vicenda già morta, e la possibilità narrativa (e cinematografica) di riportarla in vita. Ma il Cinema sconvolge in toto i consueti rapporti temporali, e non soddisfatto dall’aver celebrato il trionfo metaforico della perdita veicolata dall’insistenza del flashback – dove il presente è solo uno stacco in dissolvenza su un uomo (Stefan) che legge una lettera nel silenzio del suo studio –,Ophüls annulla sullo schermo le distanze e le conseguenze dello scorrere del tempo. Il Cinema diviene il luogo dell’immaginario, specchio non del reale (che pur vi compare sublimato in un’ipotesi di drammatica tragicità) ma delle infinite aperture dell’esistenza psichica.

Terminata la lettura, Stefan acquista repentinamente consapevolezza. Ricorda. E le immagini della memoria che hanno tradotto sullo schermo il contenuto della lettera si saldano al presente, dove l’indifferenza diventa rimorso e la morte espiazione. L’artista decaduto esce di casa per andare incontro alla fine, ancora smarrito ma finalmente cosciente del suo destino. Lo attende un duello mortale con l’aristocratico marito di Lisa, una sfida di cui soltanto ora comprende le ragioni. Quando Stefan si appresta a salire in carrozza, scorge all’angolo della strada l’immagine di Lisa bambina, eterea figura che emerge dalla sua (e dalla nostra) memoria. Il presente si salda – qui anche da un punto di vista semantico – al passato. E laddove il passato era un corpo morto resuscitato dall’anamnesi (la narrazione epistolare, "materia" del film), il presente diviene ora soltanto l’onirico preludio alla morte (allusa) di Stefan, che con morbosa e fatale simmetria chiude Letter from an Unknown Woman. Ophüls, in questa inquadratura "allucinatoria" – dove Lisa bambina infrange (coraggiosamente) ogni implicazioni realistico-oggettiva – porta a compimento il significante utopico della sua desolata ronde sentimentale: l’amor fou vive della sua inconsistenza, in una perdita reiterata che solo l’illusionismo della macchina Cinema – esibito con raffinata consapevolezza – può cancellare.





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"In effetti la degenerazione non è mai divertente, bisogna saperla mantenere su livelli tollerabili.
Non è tanto una questione di civiltà, ma di intelligenza."
DEMONSETH

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Aquarius

Reg.: 17 Nov 2004
Messaggi: 281
Da: Firenze (FI)
Inviato: 28-12-2004 19:01  
Questo film è un capolavoro. Le atmosfere da romanzo di inizio secolo e i giochi di luci e ombre creano quello stato d'animo e quell'atmosfera che ti fa innamorare. E Joan Fontaine è splendida.

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Ayrtonit
ex "ayrtonit"

Reg.: 06 Giu 2004
Messaggi: 12883
Da: treviglio (BG)
Inviato: 29-12-2004 02:21  
davvero un film splendido e imperdibile!
bellissima la fotografia e la ricostruzione di una romantica e "piccola" vienna in cartapesta.
mi trovo d accordo con la recensione sopra postata, e gli dò un 9 pieno.
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DEMONSETH

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