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Autore Three
Bash84

Reg.: 28 Dic 2005
Messaggi: 446
Da: Ascoli Piceno (AP)
Inviato: 22-03-2006 15:24  
Three di Kim Jee-Woon, Nonzee Nimibutr, Peter Ho-Sun Chan (2002)

Sicuramente i film “a episodi” non sono una novità, soprattutto rispetto alla nostra tradizione nazionale, tuttavia davanti a questi tre mediometraggi (Memories, The Weel, Going Home) nati dalla collaborazione di tre registi diversi (rispettivamente coreano il primo, tailandese il secondo e di Hong Kong il terzo) così lontani tra loro e uniti solo da un gusto comune per l’horror e il paranormale, non possiamo non notare un modo assolutamente particolare e felice di fare film.
(Successo sancito dal più noto sequel – che non ho ancora visto – “Three... Extremes”)
Come ho già detto le tre opere sono totalmente autonome e pertanto sarà necessario trattarle separatamente, lo stile di tutte però ci appare in qualche modo (in modi diversi) vagamente dilettantistico (sebbene tutti e tre abbiano almeno un lungometraggio alle loro spalle), forse a testimonianza di una produzione relativamente low-budget, ma questo aspetto ne accresce forse l’interesse. Non sono riuscito a trattenermi dall’inutile sollazzo di fare una classifica tra i tre.
1) Memories – di Kim Jee-Woon (secondo posto nella mia classifica personale): ci si presenta al suo avvio come un monumento alla suggestione (e non tradisce le aspettative nello svolgimento), nei primi trenta secondi di film riesce a farci davvero rabbrividire con trucchetti registici in fondo banali e il fascino di oggetti comuni osservati con un occhio compiacentemente delirante. Il film si sviluppa così tra un succedersi di topos del genere (totalmente scollegati tra loro e privi spesso di significato ma che trovano una loro coerenza nel non sense del sogno allucinatorio) e brevi collegamenti con una realtà che raramente riusciamo a distinguere e della quale è impossibile stabilire con esattezza una continuità temporale. I dialoghi sono sporadici e quasi sempre superflui, gli effetti speciali pochi ma compensati da un magistrale uso del trucco, dei giochi tra luce ed ombra e in fine di un sonoro magistrale che ha un ruolo predominante e si fa primo veicolo della suggestione. Particolarissime le inquadrature e il montaggio, che sembra immergersi in una smania sperimentalista (non sempre con risultati felicissimi) ma fatica un po’ a trovare un suo senso compiuto. Nonostante qualche pecca questo film resta una vera e propria scuola di suggestione.
2) The Weel – di Nonzee Nimibutr (terzo classificato): se tra i tre questo è quello che ho apprezzato di meno, non vuol dire che non riconosca un suo valore. Ci rendiamo conto subito di un passaggio importante, dalla metropoli coreana al villaggio tailandese, questo giustifica la scelta della fotografia e delle luci più calde e chiaroscuri più marcati, contrapposte a quelle fredde e crude di Memories. Il film calca i temi e le forme della fiaba popolare arrivando ad interessarci anche semplicemente per la resa del folklore che descrive. Il feticcio (la marionetta), la persecuzione da parte dei morti, la maledizione sono elementi classicissimi (nuovo invece per lo spettatore occidentale è il rapporto tra il marionettista e le sue creature) che si impiantano su un soggetto che non ha nulla di originale, ma ancora una volta i tocchi con cui Nimibutr dipinge il suo quadro sono altamente suggestivi ed estetizzanti. Le scene non si articolano tra di loro con fluidità, in tal modo più che una ad un “vicenda” ci troviamo davanti ad una serie di situazioni che hanno un origine comune e cercano di disegnare il carattere di una maledizione dalla quale è impossibile sottrarsi (e questo è l’unico senso che si potrebbe dare all’altrimenti inutile scena finale). Di grandissimo effetto è l’albero dove i morti sono “appollaiati” (io l’avrei ripreso due secondi di più)
3) Going Home – di Peter Ho-Sun Chan (gradino più alto del podio): Questo è il film che tra i tre può essere meno definito un horror (anche se ne usa a volte il linguaggio), ci spostiamo ancora, dopo la metropoli moderna e il villaggio nella foresta, ad un luogo di squallore e indigenza suburbana (le ambientazioni varrebbero da sole il film). Tra i tre è il film più complesso dal punto di vista simbolico e, a mio parere, il più poetico. Nella prima parte, dopo un’introduzione misteriosa, assistiamo all’avvento nello stabile semivuoto del poliziotto e di suo figlio, qui possiamo subito vedere un riferimento a Shining, il bambino che si confronta spaventato con i lunghi corridoi del condominio, un triciclo in un angolo, la bambina inquietante che si presenta chiedendo “Vuoi giocare con me?” Più che un plagio sembra una vera e propria citazione (o potrebbe essere un caso, chissà), anche perché il film mostra immediatamente di possedere un linguaggio proprio molto originale. Lo spettatore si trova incredulo ad identificarsi con un bambino (incredibile l’attore) e a condividere con lui paure infantili ma ancestrali. Dopo la scomparsa del bambino il film cambia in maniera così repentina da cambiare radicalmente la sua impostazione, il dialogo che fino ad ora era inesistente diventa predominante ed il misticismo si svela perdendo parte del suo fascino, anche qui allucinazione e realtà si confondono ma nonostante ciò, da quando il protagonista viene recluso la storia acquisisce tinte più drammatiche e meno fantastiche. Il paranormale torna prepotentemente nel finale, in cui il patetismo è forse eccessivo, ma irrinunciabile nel contesto. L’ultima scena si pone come collegamento tra queste due parti del film e come chiave di lettura simbolica (a dire il vero difficile da decifrare). Grande maestria dell’autore nel disorientare lo spettatore che non sa mai se leggere la vicenda come qualcosa di realmente paranormale o se il paranormale non sia solo nella mente di personaggi disturbati (l’introspezione psicologica che manca negli altri due qui è piuttosto accurata). Anche qui predominano scene di incredibile suggestione (la suggestività è un elemento fondante di tutti e tre i film) basti guardare la bambina che chiude le porte, o la scena stupenda in cui l’uomo fa il bagno alla moglie che suscita in chi guarda un mix di sensazioni tra la sensualità, la pietà e l’orrore.

Three: qualcosa di inquietante, interessante e nuovo. Una buona idea, anzi, tre!

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Cosa puoi perdonare ad un essere perfetto?

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NancyKid
ex "CarbonKid"

Reg.: 04 Feb 2003
Messaggi: 6860
Da: PR (PR)
Inviato: 22-03-2006 15:44  
Ho preferito di gran lunga Three Extremes, ovvero la seconda trilogia firmata da Park Chan Wook, Fruit Chan, e Takashi Miike.


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eh?

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Bash84

Reg.: 28 Dic 2005
Messaggi: 446
Da: Ascoli Piceno (AP)
Inviato: 22-03-2006 15:46  
quote:
In data 2006-03-22 15:44, NancyKid scrive:
Ho preferito di gran lunga Three Extremes, ovvero la seconda trilogia firmata da Park Chan Wook, Fruit Chan, e Takashi Miike.






Purtroppo non ho ancora avuto il piacere di vederlo... ma da quei tre mi aspetto molto!
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NancyKid
ex "CarbonKid"

Reg.: 04 Feb 2003
Messaggi: 6860
Da: PR (PR)
Inviato: 22-03-2006 15:48  
ah, e la trilogia di Kim Jee-Woon, Nonzee Nimibutr, Peter Ho-Sun Chan m'ha fatto schifo. ma non chiedetemi perchè, c'ho sonno e devo andà a dormire
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eh?

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Madsen

Reg.: 08 Feb 2006
Messaggi: 21
Da: Gabicce Mare (PS)
Inviato: 24-03-2006 18:49  
Park chan wook??? e Takashi miike??? Aaah!
appena l'ho letto ho tirato un urlo... mavala... devo trovarlo assolutamente...
Ok, cmnq passiamo a commentare Three...

ATTENZIONE! CONTIENE SPOILER!!!

MEMORIES
Il film si apre con un intro splendido. Inquietante, veramente inquietante: non si capisce bene il tutto, ne cosa suceda: ecco cosa rende la cosa misteriosa e disturbante.
Poi la storia si divide in due punti di vista: quello del marito e quello della moglie.
Il marito, dice a tutti che la molgie è scomparsa, e ne è sconvolto, tanto da avere delle visioni terrificanti. Ce le ha davvero queste visioni, ma la donna non è scomparsa...
La donna si sveglia, ai piedi di una strada, stesa, e apparentemente illesa. Cammina, va in giro, vede la sua figlia ma non riesce a parlarci. Forse riconosce suo marito, ma non riesce a farsi notare. Prendendo un taxi viene completamente ignorata dall'autista. Probabilmente si rende conto di non essere del tutto nel regno dei vivi. Poi una visione allucinante di dita mozzate, e forse si intuisce qualcosa.
Poi il marito ha una visione terrorizzante, e senza senso alcuno (almeno così si pensa in quel momento del film): la moglie si infila un dito in testa come per raschiarsi il cervello, e intanto perde sangue e brandelli cerebrali...
Poi tutto viene fuori: in realtà il marito uccide la moglie facendola a pezzi, e tenendo le membra in una sacca. Ecco, il finale, inaspettato? Forse, ma durante tutto il film ci sono pezzi sparsi che ti fanno ricondurre a questa fine.

Horror? Più che altro inquietudine e ostentazione del paranormale nei modi più vari e allo stesso tempo più stereotipati che mai: donna dai capelli lunghi neri, scene silenziose, cose che non si capiscono, urla. Ma, in effetti, va bene così.
Come i film di Woody Allen: sempre la stessa trama leggermente modificata, personaggi similari, dal carattere e aspetto uguale, ma protagonisti di trame diverse. Trame, nel senso di svolgersi della storia. Poiché ci sono dei punti fermi mai cambiati. Vedi ringu, chakusin ari (the call), ju-on, honogurai mizu no soko kara (dark water).
Il film è fatto parecchio bene, il montaggio lo ritengo fenomenale, le musiche e i silenzi azzeccatissimi, la fotografia ottima. Un horror che ritengo dei migliori del genere. Scene inquietanti, senza mai strafare o cadere nel ridicolo; scene silenziose ma cariche di tensione; scene deliranti e paranormali svolte nel migliore dei modi; finale che ci sta.
Insomma ottimo film, che però non avrei incluso in una raccolta di tre film: l'avrei lasciato da solo, perché meriterebbe la sua gloria.

THE WHEEL
Commento sintetico? Pessimo film. La trama dei burattini maledetti poteva essere sfruttata più decetemente. Girato pessimamente... l'inquietudine non si avverte minimamente... nessuna scena paurosa (perché questo è un film che vorrebbe ostentare horror, vero?).

GOING HOME
Un padre ed il suo bimbo vanno ad abitare in un quartiere abbandonato. Davanti a loro vive una coppia di coniugi: la moglie è paralitica. Il bimbo nota subito strane presenze, e quando scompare, il padre va a cercarlo e si imbatte nel marito della donna paralitica. Qui comincia l'intreccio. Intanto si nota che l'uomo (il marito) è ossessionato dalla moglie. Piano piano si scopre che non è paralitica, ma morta. Lui la accudisce da tre anni, aspettando il giorno della resurrezione.

Il film tratta vari temi: eutanasia, agopuntura, antioccidentalizzazione, aborto. Eutanasia, poiché il marito uccide la moglie martoriata da un tumore; agopuntura, poiché l'uomo è dottore ed è ossessionato dalle cure tradizionali cinesi, per i mali come i tumori... da qui l'antioccidentalizzazione, in quanto rifiuta le cure occidentali; aborto, perché la donna ha dovuto ammazzare la bimba che portava in grembo...
... per poi arrivare ad un finale contorto e per niente chiaro...
Ottimo film. Girato bene, ecco. Il montaggio che racchiude le parti principali della vicenda; fotografia abbastanza ossessionante; dialoghi indispensabili; recitazione di alto livello.

Insomma il primo è fantastico, come pure il terzo: il secondo non capisco cosa c'entri... vabbè...

Ho detto quello che dovevo dire, ora tocca voi... ciauz...

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