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Whisky |
Petrus
Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 01-05-2006 03:19 |
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Festival di Cannes: Premio Fipresci e Regard Original. Sundance: Miglior sceneggiatura latinoamericana. Tokio film festival: Grand Prix e Miglior interpretazione per Mirella Pascual. Premio Goya: Miglior film straniero. Queste, e scusate se è poco, le credenziali che i due giovani registi uruguaiani di “Whisky” hanno accumulato presentando il film in giro per il mondo. Se non altro per l’impossibile casualità di così tanti e disparati premi per la stessa pellicola, vale la pena soffermarci un attimo, in una metà maggio cannibalizzata dal “Codice da Vinci” e dal nuovo Almodovar, su questo piccolissimo ma solido lavoro proveniente dal Sudamerica.
Prodotto con una tenacia incredibile in situazioni economiche e ambientali quasi disastrose, il film si sviluppa come un ritratto intimista di una serie di umanità difficili inserite in un contesto anch’esso tutt’altro che semplice. E la difficoltà, il male di vivere, di “Whisky” non risiede tanto in stra-ordinarie (in quanto al di là della legalità, o più facilmente al di fuori del sentire comune) storie di droga, omosessualità, disadattamento e rifiuto della società.
Tutt’altro.
Nel film troviamo due cinquantenni, Jacobo e Marta (rispettivamente Andréas Pazos e Mirella Pascual) che, fotografati idealmente da un passante, darebbero esattamente il paradigma di semplici e laboriosi commercianti di periferia. Ma i registi, Rebella e Stoll, vanno oltre, saltano la barriera di “socialità” per scandagliare e curiosare in quello che si potrebbe definire il “sottobosco” emozionale e relazionale dei due protagonisti, costretti, da quasi perfetti estranei, a una convivenza forzata per l’arrivo a Montevideo del fratello di lui, Hermann.
Il quadro che ne viene fuori è quello di due umanità complesse e introverse, che nascondono inconsapevolmente un patrimonio di sensazioni e sentimenti sorprendente anche per se stessi. Motore ultimo di questo cauto e timido disvelamento è proprio la presenza di una terza figura, il fratello di lui in questo caso, che sarà il soggetto e l’oggetto di queste pulsioni sotterranee che emergeranno nel corso del film, e che nel corso del rapporto triadico si fotograferanno sullo schermo (“whisky”, nel film, è una parola equiparabile al nostro convenzionale “cheese” allo scatto di una foto).
Una pellicola che potrebbe essere incolpata di eccessivo intimismo, accusa dalla quale ci si sente di assolverla, almeno parzialmente, perché è intriso di un’ intimità non fine a sé stessa, né auto-assolvente, ma proiettato con forza verso lo spettatore tramite rivolgimenti assoluti, seppur delineati ed espressi timidamente.
già pubblicato qui
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"si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte"
[ Questo messaggio è stato modificato da: Petrus il 01-05-2006 alle 03:34 ] |
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barb82
Reg.: 19 Mag 2006 Messaggi: 14 Da: treviso (TV)
| Inviato: 01-06-2006 20:28 |
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Dopo aver visto il film (in una sala piccolissima di un cinema che dire in periferia è fargli un complimento)sono uscita dalla sala con un senso di amarezza. Il film è tristissimo, non perchè sia un drammone, ma perchè racconta momenti di vita dove la banalità, la routine e la solitudine emergono prepotentemente. I personaggi del film, infatti, sembrano andare avanti giorno dopo giorno per inerzia, facendo sempre le stesse cose, negli stessi tempi e nelle stesse modalità.
Tuttavia, nella sua tristezza è un film coinvolgente ... a patto che si sia pronti ad accettare la quotidianità come stile di vita. |
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Petrus
Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 02-07-2006 16:52 |
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