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Autore Dopo il matrimonio di Susanne Bier
AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 29-12-2006 19:54  
Nel periodo festivo in cui, secondo tradizione, la fanno da padroni i tanto deprecati film “panettone” (sottogenere: “chi disprezza compra”), nella voglia di abbuffata generale che stana il grande pubblico televisivo più propenso nella circostanza a spendere parte (non picciola per chi si sposti con l’intero nucleo familiare) della “tredicesima” nelle sale pop-corn, l’uscita (tra l’altro in sole 15 copie) di un film “sensibile” come DOPO IL MATRIMONIO, col suo incipit dal taglio semidocumentaristico che ci scaraventa nella cruda e triste realtà dei piccoli orfani dell’India (faccenda paradossamelmente tutt’altro che a tono con l’”addobbo” natalizio), lascia assai perplessi e propensi a ritenere che la pellicola potrà verosimilmente contare, come di norma, sull’afflusso dei soliti quattro gatti moltiplicati per il numero delle poche sale che la ospiteranno durante il breve periodo di programmazione. Sia quel che sia, fortunato quel pubblico più esigente, curioso, aperto, disposto ad investire sulla bellezza, sull’intelligenza e sulla turgida emozione che fugge il sentimentalismo più vieto ed eternamente trionfante, malattia infantile del cinema.

La danese Susanne Bier (nota in Italia per il pluripremiato/candidato NON DESIDERARE LA DONNA D’ALTRI), mette in scena le molteplici valenze affettive, psicologiche, esistenziali, “relazionali”, che si celano dietro i rapporti familiari, risultanze e tematiche care, ricorrenti e radicate nel cinema danese e scandinavo più in generale, classico e moderno. La vicenda si dipana intorno a un personaggio “impegnato” nella triste realtà indiana, cui si è fatto sopra cenno, il quale, da tale punto di vista, partenza/“pretesto” (in una sorta di emblematica “fuga” dalla realtà e da se stesso, dalle proprie più dirette responsabilità), si ritrova nel suo mondo “reale” e - in stridente e beffardo contrasto - opulento, a dover affrontare il dramma della sua (abbandonata) famiglia, nelle derive dell’esistenza che innescano meccanismi complessi e contorti.

Il film è sulla scelta, sulla libertà e sugli obblighi irrimandabili, sulla tentazione di ricorrere all’”alibi” dell’umanitarismo come atto egoistico e di rinuncia a quei valori della coerenza, conoscenza e coscienza del sé, sull’equilibrio psichico e intellettuale, sentimentale, indispensabile nell’azione, in ciò che spinge l'uomo a dedicarsi ai suoi più sfortunati simili, dai quali ha evidentemente molto da imparare, in piena e matura consapevolezza, nei modi più consoni, anche se apparentemente meno “nobili”, del pragmatismo speculativo “capitalista', più efficaci dell’impulso umanitaristico spontaneo, sincero e tuttavia malato di limiti, e/o delle “pelose” e più o meno ipocrite istanze caritatevoli.

DOPO IL MATRIMONIO non si chiude sul messaggio univoco, la complessa materia presa in esame viene anzi trattata con apprezzabile realismo e poesia trasfigurante, evitando i luoghi comuni, le retoriche, i didascalismi su cui spesso scivolano molte opere del cosiddetto “impegno”. Susanne Bier riesce a fondere con grande equilibrio formale e testuale, nelle molteplici chiavi di lettura, l’aspetto pubblico, sociale e politico, con quello più intimista del dramma familiare, privato. Il suo film è invero un “melo” sirkiano, nella colorita sarabanda di figure straziate dal sentimento e dall'incertezza, nel preciso, oliatissimo meccanismo tramico; un melodramma bergmaniano, nella dura, tagliente ed insieme sarcastica e grottesca introspezione; un dramma dreyeriano nel secco, definitivo e tragico taglio “morale” e metafisico; vitenberghiano (FESTEN) larsvontrieriano, nell’approccio stilistico-tecnico, visibilmente imparentato con i dettami “dogmatici” (OPEN HEART, del 2002, sempre della Bier, è considerato un film Dogma a tutti gli effetti).

E’ nell’asciuttezza del “girato”, nelle armoniose e fluide riprese con macchina a spalla (evoluzione dell’uso invece pedestre e vanamente provocatorio che ne fa il Von Trier), l’aspetto portante, dato personalizzante la messinscena della Bier, nell’”occhio” nervoso del suo “mezzo”, quasi distaccato e non di meno affettuoso, che insegue i protagonisti senza creare ristagni cinetici e narrativi, nel riuscito gioco di scavo psicologico e nella caratterizzazione dei personaggi.

I brevi piani sequenza, le inquadrature di più ampio respiro, eliminato quasi del tutto il campo/controcampo, vengono genialmente raccordati e suggellati con i rapidi agganci di un montaggio di rara precisione ed efficacia espressiva, “comunicativa”. Scrittura coesa e puntuale, senso dello humor che stempera i momenti più drammatici, dialoghi nel controluce di una finissima grana “letteraria”, primi piani dei corpi/volti intesi come 'densità' sentimentali, morali ed etiche (esclusa ogni tentazione di deriva moralistica), in tutto ciò, oltre al resto, traspare l’intenzione sensibile di un film molto fisico, di grande pudore, delle carezze e dei nudi bagliori di caratteri ed anime in evoluzione, nella presenza della morte che tutto annulla e dalla quale tutto si rigenera, ogni cosa mostrata con apprezzabile vigore visivo e narrativo, con quella speciale leggerezza e delicatezza di tocco proprio di un “sentire” molto al femminile.

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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 29-12-2006 alle 19:59 ]

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 29-12-2006 20:01  
no la Bier no, vi prego
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 29-12-2006 20:07  
quote:
In data 2006-12-29 20:01, sandrix81 scrive:
no la Bier no, vi prego




Ma che ti pagano a cottimo, con la ricevuta d'acconto?
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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Thomwitt

Reg.: 29 Dic 2006
Messaggi: 394
Da: Treviso (TV)
Inviato: 03-01-2007 19:08  
L'ho trovato insopportabilmente malickiano in certe lungaggini naturali e bergmaniano nel finale iper doloroso...Certo i risultati sono "leggermente" inferiori...Ah Susanne...Lascia perdere
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“...Ogni istante dei nostri incontri lo festeggiavamo come un’epifania, soli a questo mondo...Quando il destino ci seguiva passo a passo, come un pazzo col rasoio in mano. ”

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 03-01-2007 19:51  
quote:
In data 2007-01-03 19:08, Thomwitt scrive:
L'ho trovato insopportabilmente malickiano in certe lungaggini naturali e bergmaniano nel finale iper doloroso...Certo i risultati sono "leggermente" inferiori...Ah Susanne...Lascia perdere

direi dreyeriano molto più che malickiano, ma sono d'accordo col discorso. cioè il film non 'ho visto, mi riferisco al precedente Non desiderare la donna d'altri, ma la sostanza non credo cambi.
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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 05-01-2007 03:01  
quote:
In data 2007-01-03 19:51, sandrix81 scrive:
quote:
In data 2007-01-03 19:08, Thomwitt scrive:
L'ho trovato insopportabilmente malickiano


direi dreyeriano molto più che malickiano,



Non ve lo per 1000, non ve lo do per 100.., puntate signori, la ruota gira.., dateme du' scudi e nun se ne parla più!

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 05-01-2007 11:29  
( )

La Bier è un’autrice che giunge ogni volta in sordina nelle nostre sale, dopo aver fatto tappa in qualche più o meno noto festival europeo, quest’anno a Toronto e Roma, si fa finalmente conoscere ed apprezzare dal pubblico pagante, irrinunciabilmente raffinato ed esigente. La Bier l’ha accontentato nel corso della sua elegante filmografia, della quale i titoli più famosi rimangono Open hearts e Non desiderare la donna d’altri, ai quali si aggiunge quello che fino ad ora è presumibilmente il suo miglior lavoro, ovvero Dopo il matrimonio.
Dopo il matrimonio si scartano i regali, e disfano gli equilibri dei sentimenti, si sognano futuri, e bussano alla porta del cuore passati taciuti ed emozioni sopite, disperate.
Rigorosamente drammatiche, potentemente drammatizzate le immagini mosse e vibranti che la Bier raccoglie, creando quasi un diario segreto degli sconforti più intimi che ognuno serba dentro di sé, i quali nessuna parola può esprimere meglio di un grido silenzioso. Trattenuto, impresso sulla pellicola con la forza nervosa di pugno chiuso con dentro un fazzoletto bagnato di lacrime. Immagini che scorrono sottraendo il ruolo di protagoniste alle parole, scritte e dialogate dalla vecchia e piacevolissima conoscenza Anders Thomas Jensen, quello de Le mele di Adamo per intenderci. Sceneggiatore della Bier a partire da Open hearts dimostra come la “dogmatica” solidarietà fra gli auteurs danesi non sia solo utopica, e i risultati si vedono. Un clima ideale quello del cinema danese, che nel freddo termico si riscalda in una fino ad oggi corposa produzione filmica di tutto rispetto.
Dopo il matrimonio non fa che confermare la giustezza della strada intrapresa, ed invita ad andare avanti, anche ostinatamente, contro l’incomprensione da parte di chi crede che il cinema sia un’altra cosa, di chi non ha minimamente idea di cosa sia. Perché l’importante è comunicare qualcosa, l’importante è stupire l’uomo mediante l’uomo, e la più bella dimostrazione di ciò che la Bier ci potesse dare proviene proprio dai suoi gesti più nascosti, dalle sue corde più belle e tristi allo stesso tempo. Cinema che si sofferma sulle gote inumidite dalle lacrime, sugli occhi che invece le trattengono severi o anche disillusi, bocche squarciate dalle grida taciute che vogliono ancora vita, ancora un eco nel cuore pulsante di chi ci sta vicino e di chi ci è caro. La Bier sa benissimo che oltre ai nostri affetti familiari non esiste altro, tutto ciò che è estraneo a ciò è appunto estraneo e temuto, sta invece a noi superare gli ostacoli della vita in nome di chi amiamo. Tutti quei comportamenti che nella nostra quotidianità sono posti fra parentesi qui acquistano primaria importanza, si ritagliano primissimi piani che aprono lo schermo a metà, fra prima e dopo il matrimonio. Un momento che divide e unisce insieme, i genitori, dalla futura famiglia che si verrà a creare dopo quello che sarà il più bel giorno della tua vita.
Per Anna lo è ora, una ragazza timida e minuta che sposa un giovane altrettanto insicuro, che la tradirà. Il suo vero papà è invece un volontario indiano che si cura degli orfani, ma lei non lo sa né lo conosce. Jørgen si è sempre occupato di lei, è suo papà a tutti gli effetti ma fa tornare a Copenaghen Jacob dall’India per valutare un suo progetto. Le sorti di ognuno si incroceranno, imbriglieranno nella triste logica del destino e dei sentimenti, sempre più tumultuosi, persistenti, umani. La Bier sa raccontarli senza bloccarli, oggettivarli, ma grazie alla sua pervicace sensibilità, tutta femminile, imprime scanalature fruttate dai più intimi sentimenti e dalle più umili delle radici analitiche. Non ci sono giudici delle azioni compiute, analisti pronti a consigliarle, ma la più radicale e spontanea emotività, che le guida verso quella che sembra la soluzione più giusta, per noi e per gli altri.
Ognuno è responsabile delle proprie azioni e la Bier dimostra di esserlo anche del mezzo che usa ed ama usare, quello cinematografico, l’unico in grado di darle la possibilità di calcare i particolari dei visi. Sequenze che si reggono interamente su di essi, come quella svolta durante la cena dopo il matrimonio, in cui Anna prende la parola dichiarando ciò che storpia le “bellezze per forza” dell’occasione, e che avvicinandosi agli occhi di chi è implicitamente interessato provoca brividi d’introspezione. Ma anche scene di respiro corale come quella statica del funerale, che, seguendo la concitazione della “lotta per vivere”, incupisce per quanto sia vano questo sentimento di strazio umano.
Cinema della pietà e della speranza sopita, che ognuno di noi conserva nascosta per attaccarcisi nei momenti più difficili.
Un plauso a tutto il cast ed alla scelta d’inserire un brano dei Sigur Rós agli estremi del film, due parentesi, tra le quali ognuno di noi vive.

Già pubblicato qui
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La ragione è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie

René Descartes

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godfew

Reg.: 24 Lug 2006
Messaggi: 453
Da: Pesaro (PS)
Inviato: 17-01-2007 10:34  
Bellissimo film.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 18-01-2007 00:11  
Si è guadagnato proprio oggi una nomination per la categoria miglior film straniero.

Vabbè.., una pacca sulle spalle dal buon vecchio zio Oscar fa pur sempre piacere...

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 31-01-2007 03:36  
l'avevo detto io, dannato pierre che mi ha trascinato al cinema...
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mescal

Reg.: 22 Lug 2006
Messaggi: 4695
Da: napoli (NA)
Inviato: 31-01-2007 11:49  
quote:
In data 2007-01-31 03:36, sandrix81 scrive:
l'avevo detto io, dannato pierre che mi ha trascinato al cinema...



Non si vuole rassegnare alla tua condizione di negato per il cinema.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 31-01-2007 20:00  

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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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