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Autore La vie en rose di Olivier Dahan
gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 03-05-2007 09:36  
Riporto quanto scritto per Filmup:

"Quand il me prend dans ses bras, Qu'il me parle tout bas, Je vois la vie en rose…" cantava Édith Piaf nella canzone che dona il titolo a questo bio-pic a lei dedicato. Una donna con una vita che di rosa ha ben poco: una salute cagionevole, un'infanzia passata tra bordelli e saltimbanchi, una vita sempre segnata da eccessi e da una dose di sfortuna capace di far diventare scaramantico anche l'ultimo degli illuministi e finita a soli 48 anni a causa di una broncopolmonite.

Una vita costellata di fatti drammatici che Olivier Dahan scrive e dirige senza voler essere didascalico, ma cercando di dare un'interpretazione al tutto e non una semplice costruzione temporale. Ecco quindi che fin dall'inizio la storia si svolge su più piani temporali, la gioventù è legata al declino (fisico, mai artistico), il successo all'incapacità di vivere una vita "normale" che sempre l'ha accompagnata. Si viaggia per associazioni di idee, come un collage: per andare dal rosso al giallo, si deve passare per l'arancione. La colonna sonora è ovviamente fondamentale. Dahal ha il merito di non farla mai diventare l'apice di un qualsiasi spezzone, ma sempre una (splendida) conseguenza, o più semplice accompagnamento. Al centro c'è la Piaf, non le sue canzoni. E così si spiega la splendida scelta di non far sentire la voce della protagonista proprio nel momento in cui si esibisce per la prima volta con un grande pubblico, la prima tappa della sua ascesa, per sostituirla con un sottofondo stile carillon che lega concettualmente l'evento alla dolcezza dell'infanzia (in fondo la Piaf sembra sempre una bambina nel film).
Un film bello, ricco di trovate registiche interessanti che evita di fare un'apologia (data l'importanza della Piaf in Francia era possibile cadere nella trappola), ma dando una precisa idea della donna che si celava dietro quella voce così ricca. Stona giusto un poco la scelta di fare vedere la morte della figlia solo a fine film, quando è chiaro che si è trattato di un evento che ha segnato ogni attimo della vita futura della Piaf, e la storia d'amore con il pugile Marcel Cerdan.
Marion Cotillard, splendida in "Un'ottima annata", diventa una superba Piaf a scapito dell'estetica. La voce quando canta è di Jil Aigrot, ma lei come attrice è comunque bravissima. Ottimo anche il resto del cast. I sottotitoli ci sono solo per le canzoni il cui testo ha una particolare importanza a livello narrativo.

Qui anche due video per confrontare la Cotillard con la vera Piaf
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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 08-05-2007 21:55  
del tutto d'accordo gats !
La vita in rosa

Parole: Edith Piaf. Musica: Louiguy 1946

Occhi che fanno abbassare i miei
Un rire che si perde sulla sua bocca
Ecco il ritratto senza modifica
Dell'uomo al quale appartengo

Quando lo prende nelle sue braccia,
Me parla qualsiasi fondo
Vedo la vita in rosa,
Mi dice parole d'amore
Parole di tutti i giorni,
E quello mi fa qualcosa
È entrato nel mio cuore,
Una parte di felicità
Di cui conosco la causa,
È lui per me,
Io per lui nella vita
Me l'ha detto, lo ha giurato
Per la vita
Ed appena lo scorgo
Allora sento in me
Il mio cuore che batte

Notti d'amore più da finire
Una grande felicità che prende il suo posto
Difficoltà, dispiaceri si cancellano
Felici, felici a morirne

Notti d'amore da morirne
Una grande felicità che prende il suo posto
Le difficoltà, i dispiaceri si cancellano
Felici, felici per il mio piacere


Trama: la tumultuosa vita di Edith Piaf raccontata con dei flash back dall'infanzia difficile ospite gradita in un postribolo e poi sulla strada, costretta dal carattere del padre che non va d'accordo con nessuno a fare la cantante ambulante. Con il successo però il suo carattere fragile la porta agli eccessi di una vita senza regole.

Commento: La biografia di Edith Piaf (1915-1963) raccontata in maniera lucida e perfetta da Olivier Dahan (I Fiumi di Porpora 2), con un progetto che risale al 2004. La vita della cantante, una delle più amate di Francia, è stata un percorso di perdizione e di eccessi, e la cosa viene detta senza nessuna retorica anche se sempre in un ottica di grandissimo rispetto per le sue canzoni immortali.
Racconto fatto per flash-back irregolari nel tempo (grandioso a questo proposito il montaggio finale) partendo dagli inizi dove la piccola Edith viene presa e accudita da una prostituta dopo l'abbandono del padre.
Le fasi della crescita sono sintetizzate in tre tempi diversi tra di loro, con la cantante piccola, adolescente e poi nella maturità che il troppo bere e i vizi fanno diventare una terza età precoce. Dobbiamo segnalare, e incensare, la prestazione recitativa di Marion Cotillard (A Good Year-Un ottima annata) assolutamente strepitosa, un trionfo di emozionalità e di espressività, sia nei momenti (rari) lieti e tranquilli sia in quelli tempestosi e minati dalla malattia. Il trucco perfetto segue le movenze aritmiche e gli ingobbimenti da senescenza precoce per abuso di alcool e droghe, esponendo una totale immersione nel dolore che tutto il vissuto gli provoca.
Rimaniamo a bocca aperta mentre la vediamo cantare arie immortali (un po'meno per il doppiaggio parlato non proprio perfetto), mentre si contorce quando gli vengono annunciati dolorosi eventi, quando piange o quando sorride, quando spocchia piena di ego o quando si lascia andare alal disperazione. In una sola parola, la perfezione interpretativa in ogni senso calandosi in un personaggio per renderne omaggio sentito.
La vie en Rose è decisamente un film celebrativo (la cui importanza è anche precisata dalla presenza di Gerard Depardieu in un ruolo breve di minutaggio ma importantissimo per la trama), ma non si tocca mai lo stucchevole oppure l'incensante vacuo. Si racconta senza fronzoli la vicenda umana di una grandissima artista, che come molti altri suoi illustri colleghi vive del genio e della sregolatezza, riconoscendone le doti ma anche le fragilità, che come al solito con i soldi abbondanti e il successo vengono alla luce perentorie. Edith è la grandeur ma anche l'anima di Parigi, che con i suoi ricordi immortali condiziona anche i momenti nelle città americane, città dove cantare sembra diverso e più corroborante anche se le canzoni sono uguali.
Parlando delle visioni asciutte non possiamo dimenticare le scene nel bordello dove una bambina piccola vive a contatto con scene di sesso più o meno pulite, non dimentichiamo la scena dove inizia a cantare per aiutare a racimolare del denaro per il padre impaurita (una situazione che sembra quella de la Strada di Fellini) e poi quando entra in scena definitivamente la Coutillard avviene l'esplosione emozionale, con un progressivo cambio di marcia e caduta nell'abisso sempre con una fotografia virata allo scuro. Il racconto a flash back aiuta a mostrare meglio i momenti per compararli, facendoci capire che in fondo la Piaf (il passero) non ha mai avuto delle vere stazioni di felicità nella sua vita ma quanto più un illusorio viaggio di successo mal gestito ("Cosa serve essere Edith piaf se non posso fare questo?").
Un finale di grandissima emozione con il flusso finale dei ricordi completa la visione di un biopic strepitoso, che soddisferà chiunque voglia avvicinarsi alla pellicola sia per godere delle canzoni che della storia umana di una donna coraggiosa ma nel contempo talmente fragile da cantare talmente bene le emozioni da non saperle dominare, godendo di una storia costruita in modo che sia di immediata fruizione nonostante una lunghezza extra di 140 minuti.
Tra l'altro curiosamente la versione italiana presenta solo tre canzoni tradotte e non tutte.

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non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT

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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 16-06-2007 12:24  
Le note aspre e dolci di Edith Piaf sono il succo e il nerbo dell'ultimo film di Olivier Dahan. Perché una pellicola sulla splendida e sregolata vita di una delle cantanti più famose di sempre non poteva che essere turbolenta, burrascosa, procedente tra alti e bassi, sempre in cerca di un baricentro che, come per la vita della Piaf, è impossibile da trovare. Così ci si affida al dato "oggettivo", indiscutibile, tangibile: quello della musica, del sonoro originale, di un'attrice che mima il canto, e che viene doppiata dalla voce originale, aspra e dolce. Unico elemento in qualche modo pacificante, onnicomprensivo, di un film che più si tenta di stringere in un certo rigore formale e contenutistico, più scivola via, tra indicibili cadute di stile e picchi di magistrale tensione emotiva.
Tutto questo e qualcosa di più è La vie en rose, che ripercorre la vita della cantante francese sin dalla prima infanzia, passata tra il girovagare del padre saltimbanco e il bordello della nonna, passando per l'affermazione e il successo artistico, per arrivare infine a descrivere gli ultimi, dolorosi, anni, segnati da una vita priva di regole e dall'amore perduto. Al centro della messa in scena domina la figura di Marion Cotillard, che presta il proprio volto (imbruttito) e la propria, eccezionale, mimica corporale alla figura mitica della Piaf, arrivando ad un livello di mimesi sorprendente, eppure mai ripiegata sulla semplice imitazione, sempre piena di una cifra recitativa intensa e personale. Dahan segue la propria attrice, la marca stretto: impostazione che racchiude tutti i pregi come anche tutti i difetti a livello di regia. La vie en rose, infatti, è per lunghi tratti un film ridondante, sporco, barocco. Gioca a rincorrersi nella costruzione di climax che inducano lo spettatore a reazioni meccaniche, enfatizza le sequenze pompando musica a tutto andare. Alle volte è anche banale (che "Non, je ne regrette rien" fosse la canzone di chiusura lo si intuisce se non dal primo, dal secondo minuto di pellicola), in altre approssimativo (la questione legata al bambino perso dalla Piaf in gioventù viene inserita e buttata nel calderone per alimentare il dramma generale e poco più). Ma racchiude anche alcuni momenti indovinati e toccanti (la scena del falso ritorno di Marcel è pennellata da un pianosequenza magistrale) che, alternati ai succitati difetti e conditi dalla straordinaria interpretazione della Cotillard, creano un effetto altalenante che coinvolge e inchioda emotivamente lo spettatore. Dahan punta tutto sull'immedesimazione, sul pathos, creando sequenze furbe ma anche toccanti, non curandosi della pulizia e del rigore della messa in scena, ma abbandonandosi a una lunga serie di virtuosismi.
La sintesi estrema della pellicola si può riscoprire negli occhi della Cotillard/Piaf, che sono intensi come pochi, e che racchiudono una sorda sofferenza e una malcelata speranza. "Sono in attesa di un avvenimento", dice con una tranquilla forza interiore. Un film complesso, contorto, che compensa le tante difficoltà con alcuni elementi fuori dal comune, che non convince appieno, ma che appassiona.

già pubblicata qui
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"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

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badlands

Reg.: 01 Mag 2002
Messaggi: 14498
Da: urbania (PS)
Inviato: 22-02-2008 22:01  
alla fine mi son visto sto film.nulla di che,biopic classico e abbastanza prevedibile,ma indubbiamente ben fatto.tutto nella norma,se non fosse per una cotillard a dir poco sublime,vera,reale,diversa,mimentica.interpretazione che vale due carriere,per nulla di maniera o gigioneggiante.non vincerà l'oscar,ma lo avrebbe meritato tutto
ciao!

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