FilmUP.com > Forum > Tutto Cinema - Gli amori di Astrea e Céladon (E.Rohmer)
  Indice Forum | Registrazione | Modifica profilo e preferenze | Messaggi privati | FAQ | Regolamento | Cerca     |  Entra 

FilmUP Forum Index > Cinema > Tutto Cinema > Gli amori di Astrea e Céladon (E.Rohmer)   
Autore Gli amori di Astrea e Céladon (E.Rohmer)
Hias84

Reg.: 15 Mar 2007
Messaggi: 1262
Da: Serravalle Pistoiese (PT)
Inviato: 15-11-2007 10:12  
*OCCHIO: CONTIENE SPOILER!*

Ispirandosi all’Astrée di Honoré d’Urfé, uno dei capisaldi del romanzo moderno europeo (opera fiume di circa cinquemila pagine, edita tra il 1607 ed il 1625, riuscita sintesi dei generi avventuroso e storico col registro pastorale, impreziosito di elementi galanti, magici, mitici), Rohmer ci regala questo film, lento, poetico, affascinante.
La vicenda narrata, come nel testo di d’Urfé, è quella del pastore Céladon e della pastorella Astrea, innamorati ma separati dalla gelosia prima e dal senso del dovere verso l’amata dello stesso Céladon dopo. Le famiglie dei due giovani, in antipatia tra loro, ostacolano questa storia d’amore; è così che Céladon, sotto consiglio della stessa Astrea, finge d’amare la bellissima pastorella Amynthe, al fine di non agitare le acque. Tutto prosegue bene fintantoché Astrea non si lascia convincere, da un infido pastore, che ben più che un finto amore leghi i due. Ella, sconvolta da ciò che crede di aver visto, ingiunge al derelitto Céladon di non farsi mai più vedere da lei, fino a nuovo ordine. Così il giovane, disperato, si abbandona tra le braccia del fiume, cercando la morte ma, condotto a riva molto lontano dal suo villaggio, laddove “il fiume descrive una curva”, viene raccolto da tre ninfe, tre principesse druide (Galatea, Sylvie, Leonide): in particolar modo la prima tra queste, Galatea, si invaghisce del giovane, convinta che una profezia (preconizzante il ritrovamento di un grande tesoro sull’ansa del fiume) l’abbia condotto fino da lei, e ch’egli sia in realtà quel tesoro. Ben presto Céladon scopre di non poter tornare al suo villaggio, e d’essere ormai per sempre separato dall’amata Astrea; con l’aiuto di Leonide, però, il giovane riesce a fuggire dalle anguste mura del castello, divenuto una terribile prigione, per rifugiarsi nel bosco, non volendo infrangere l’ordine dell’amata, che gli aveva intimato di non farsi mai più vedere da lei finché ella non avesse voluto il contrario. Divenuto amico di Leonide e di suo zio, Adamas, Céladon trascorre le sue giornate nel bosco, cantando e scrivendo versi per l’amata ed edificando un tempio in onore di Amore, dea che viene dipinta sulle sembianze di Astrea, sfruttando un piccolo ritratto che il giovane portava con sé legato al collo. L’occasione, per Céladon ed Astrea, di rivedersi, è quella di una festa per la quale i pastorelli si muovono verso il castello: dapprima i due amanti si incontrano nel bosco, mentr’ella dorme e Céladon, che non riesce a smettere di ammirarne la bellezza, riesce a fuggire un attimo prima che l’amata si svegli; poi, travestito per interpretare il ruolo della figlia malata di Adamas, Alexis (cui lo lega una straordinaria somiglianza) riesce ad incontrare e divenire amica di Astrea, scoprendo quanto ella, se potesse, rivorrebbe indietro il suo amato Céladon. A quel punto egli svela la propria vera identità, e l’amato e l’amante tornano ad essere una persona sola, per sempre uniti.
L’opera di Rohmer, dipinta con colori caldi ed evocativi, ripropone molti dei topos letterari del genere pastorale in una versione cinematografica sempre affascinante, in bilico tra grande poesia e improvvisi ritorni ad una realtà, per quanto lontana o avvolta dal mistero, sempre presente (basti pensare al cartello iniziale, che spiega come non sia stato possibile girare nei luoghi reali del romanzo, oggi devastati dall’urbanizzazione, come a dare un fondamento “fattuale” alla vicenda narrata). Inoltre la riflessione sul significato dell’amore, di cui l’opera si fa portatrice, ci mette a confronto con un romanticismo disperato, profondo, realmente sentito, molto spesso perduto dalla modernità. Il film, come il testo di d’Urfé, risulta molto letterario, ma ciò che colpisce, in particolar modo, è la celebrazione della bellezza (e della bellezza femminile, in particolare) operata dall’autore francese: le bellissime protagoniste del film sono inquadrate con inusitata dolcezza, da loro secerne potente una sensualità a volte scoperta, a volte appena celata, a volte del tutto latente, ma sempre ben presente, che le circonda di un’aura mitica e al contempo le rende vere, vive, pulsanti. Riproporre un mondo mitico rifacendosi chiaramente ad un’iconografia che riconosciamo essere di matrice greco- romana (penso in particolar modo alla scelta dei costumi) è certamente funzionale alla volontà di rappresentare una vicenda sempre in bilico tra magia e realtà, tra il fantastico e l’ordinario, riuscendo così a condurre lo spettatore in un mondo sospeso nel quale il tempo scorre più lentamente e la sensualità è cristallizzata in gesti carichi di emozione, perdutamente poetici eppure immediatamente riconoscibili come del tutto umani. Le stesse protagoniste, le pastorelle come le ninfe, sono avvolte da un mistero, da colori che le rendono creature sospese, difficilmente classificabili, a metà strada tra il divino e l’umano. La sensualità profonda sottesa al testo, che come detto è soprattutto un grande storia d’amore, emerge a tratti in momenti carichi di un’intensità davvero sconvolgente, quali il canto di Céladon (durante il quale egli “vede” l’amata, rammenta i momenti d’intimità trascorsi con lei) o il finale, laddove Astrea e Alexis/Céladon si toccano, si accarezzano, si baciano, amando l’uno l’altra, l’altra l’immagine dell’uno nell’altra. Nel groviglio di baci, nell’intreccio delle braccia e dei cuori dei giovani amanti par di scorgere un vero abbraccio di anime, una fusione perfetta, un amore profondo che si manifesta nel calore e nella sensualità, pura e mai banalizzata, mai volgare, di corpi meravigliosi, che sembrano ritagliati direttamente da una dimensione mitica, una dimensione dal sapore più che umano, eppure del tutto umana.



Già pubblicato qui
_________________
Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche)

  Visualizza il profilo di Hias84  Invia un messaggio privato a Hias84  Vai al sito web di Hias84    Rispondi riportando il messaggio originario
sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 15-11-2007 15:28  
gran film, davvero grande.
con una forte influenza, secondo me, degli ultimi straub/huillet (sull'apertura è impossibile non pensare a Quei loro incontri).
il "solito" cinema rigoroso e geometricamente organizzato con cui rohmer ci vizia da 50 anni, immerso in una stasi contemplativa della bellezza del reale, immobile come le rapide di un fiume di fronte all'occhio meccanico, eternizzante, della macchina da presa.
_________________
Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

  Visualizza il profilo di sandrix81  Invia un messaggio privato a sandrix81  Vai al sito web di sandrix81    Rispondi riportando il messaggio originario
kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 18-11-2007 01:07  
che bello vedere l'apertura di questo topic, un film stupendo che un 87enne grande del cinema non manca di riempire di poesia e di grande senso dell'arte, con parole soavi di un gusto che fu.
_________________
non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT

  Visualizza il profilo di kubrickfan  Invia un messaggio privato a kubrickfan    Rispondi riportando il messaggio originario
  
0.004819 seconds.






© 1999-2020 FilmUP.com S.r.l. Tutti i diritti riservati
FilmUP.com S.r.l. non è responsabile ad alcun titolo dei contenuti dei siti linkati, pubblicati o recensiti.
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Cagliari n.30 del 12/09/2001.
Le nostre Newsletter
Seguici su: