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Autore 127 ore - danny boyle
badlands

Reg.: 01 Mag 2002
Messaggi: 14498
Da: urbania (PS)
Inviato: 28-01-2011 20:36  
REGIA : Danny Boyle

CAST :James Franco, Kate Mara, Lizzy Caplan

TRAMA :
Il film racconta la storia dell’escursionista Aron Ralston (James Franco) e della sua incredibile disavventura. Bloccato in uno stretto canyon nello Utah, con un braccio schiacciato da un masso distaccatosi dalla roccia, Ralston ricorda gli amici, le amanti (Clémence Poésy), la famiglia e le due escursioniste (Amber Tamblyn e Kate Mara) incontrate poco prima e, nel corso di cinque giornate, combatte contro gli elementi e i suoi stessi demoni, fino a scoprire di avere il coraggio e la volontà di liberarsi a qualunque costo, scendere lungo una parete di 20 metri e camminare per oltre 12 chilometri, prima di essere finalmente tratto in salvo.

RECENSIONE DI FILMUP :
Succede che i casi e la natura spingano un uomo in territori inimmaginabili, costringendolo a meditare sulla vita e accostarsi alla morte in una situazione tra il paradossale e l’agghiacciante: rimanere bloccati più di cinque giorni in uno sperduto crepaccio del paradisiaco Canyonlands National Park nello Utah con una grossa roccia a immobilizzare, schiacciandoli senza scampo, mano e parte dell’avambraccio. Ѐ l’orribile storia capitata realmente a uno spericolato e solitario ventottenne americano di nome Aron Ralston (James Franco), che un fine settimana del 2003 si avventurò nella natura selvaggia alla volta del Blue John Canyon e vi restò – suo malgrado – centoventisette ore, con scarse risorse nutrizionali, obbligato ad andare oltre ogni umano limite per sopravvivere.
Quest’avvenimento, da cui è tratto il libro "Between a Rock and a Hard Place", ha colpito la sensibilità e la fantasia dell’inglese Danny Boyle, regista poliedrico e bravo a (ri)innovarsi come pochi, già arrivato al successo con "Trainspotting" e celebrato con gli otto Oscar di "The Millionaire".
Purtroppo per il malcapitato protagonista, "127 Ore" non è la fiaba milionaria di Jamal e, al contrario di Mumbai, lo scenario desertico del Canyon costruisce un silenzio ascetico, interrotto solo dalla musica diegetica delle cuffie e dall’incontro con due giovani turiste.
In un simile paesaggio incontaminato e lontano dalla giungla d’asfalto della città, Aron è felice e si diverte un mondo anche quando si ribalta malamente con la sua mountain bike; allora ci si mette di traverso il fato e durante un trekking solitario tra le rocce dorate accade il grottesco incidente accennato in precedenza.
Ѐ l’inizio dell’angosciante weekend di sofferenza per il ragazzo, intrappolato con lo zaino – fortunatamente – in spalla all’interno di una crepa larga novanta centimetri a fare lentamente i conti con la morte e a meditare sulla sua esistenza aiutato da una videocamera; episodio, autentico, che permette al protagonista di svelarsi e instaurare un dialogo con lo spettatore tramite i messaggi-testamento che lascia ai propri cari.
Un aspetto assai interessante, che farà indignare gli integralisti della tensione drammatica nuda e cruda, ma che invece rappresenta con ogni probabilità una soluzione indovinata è quella di ricorrere, integrandola con i pensieri di Ralston, alla tecnica dello jump cut che consente di raccontare metaforicamente e in modo energico delle soporifere situazioni, permettendo di interrompere la staticità (forzata) dell’azione con inaspettate e beffarde arguzie. Ironia che, appunto, bilancia le mostruose atrocità di cui si è testimoni e crea due universi paralleli: uno tragico e l’altro farsesco; una contrapposizione organizzata, testimoniata anche dal singolare utilizzo di due direttori della fotografia (Anthony Dod Mantle ed Enrique Chediak) a sdoppiare e differenziare l’effetto visivo in base alle esigenze semantiche del regista.
Nel perverso e frastornante gioco del destino, Aron le tenta tutte per sopravvivere e non perdere la lucidità dopo tante ore di disperata inerzia; l’unico appiglio con cui evitare la paura e la disperazione è abbracciare con piena coscienza il valore della vita.
Peccato per qualche intrusione di troppo della (bella) colonna sonora che non è risparmiata neanche nella scena clou (inguardabile, da quanto è cruenta) e per quel finale troppo consolatorio che rischiano di penalizzare una pellicola affascinante, impreziosita dalla straordinaria performance di James Franco che si cala perfettamente nella parte turbando lo spettatore e costringendolo a sentire la polvere di quel dannato crepaccio.

TRAILER

ciao!

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martalari

Reg.: 11 Mag 2006
Messaggi: 460
Da: roma (RM)
Inviato: 12-02-2011 15:32  
VISTO CHIUDENDO GLI OCCHI PER 3 MINUTI...127 ore




Arrivano i 3 più minuti più crudi di Hollywood nelle "127 ore" di DANNY BOYLE




VERAMENTE DURO !!

PER LA PRIMA VOLTA NON POTRETE FARE A MENO DI CHIUDERE GLI OCCHI PER 3 MINUTI. UNA SCENA COSI' FORTE NON SI VEDEVA SUL GRANDE SCHERMO DA ALMENO DIECI ANNI.



STORIA

127 ore racconta la storia vera dell’escursionista Aron Ralston (James Franco) bloccato in uno stretto canyon nello Utah con un braccio schiacciato da un masso distaccatosi dalla roccia presto dovrà prendere una decisione morire o ricorrere ad un gesto estremo?


IL VALORE DELLA VITA..

Il regista Danny Boyle precisa :

“Riguardo alla disavventura di Aron, molte persone mi dicono di non sapere se sarebbero riuscite a compiere lo stesso gesto. Ma io penso che tutti noi faremmo qualunque cosa pur di rimanere vivi e conservare questo bene prezioso che è la vita. Penso che, in quei sei giorni nel canyon, Aron abbia avuto piena consapevolezza del valore della vita. Una delle idee del film è che lui non sia mai stato veramente solo. Fisicamente, in realtà, lo era e molto, ma spiritualmente era circondato da tutti coloro che aveva conosciuto, amato e sognato. Questo sentimento ha fatto la differenza ed è ciò che volevamo trasporre nella nostra storia”.

AZIONE DA FERMO...

Boyle era effettivamente consapevole di voler tentare qualcosa che, all’apparenza, sembrava impossibile. “Ci accingevamo a realizzare un film d’azione il cui protagonista non poteva quasi muoversi!”.

DA UN MILIARDO AD UNO...

"È stato incredibile passare dalla folla di Mumbai, dove sei circondato da un miliardo di persone, all’estremo opposto di un uomo completamente solo e in balia di se stesso”, dichiara Boyle. “Era un contrasto magnifico e una sfida terrificante. I due film non avrebbero potuto essere più diversi e, tuttavia, in un certo senso, in entrambi si combatte contro circostanze avverse”.

DUE DIRETTORI DELLA FOTOGRAFIA

Per avere veramente le maggiori chance visive possibili, il regista ha fatto qualcosa che non ha precedenti: ha ingaggiato due direttori della fotografia per girare insieme il film. “Abbiamo deciso di avvalerci di due direttori della fotografia – Anthony Dod Mantle, che ha curato la fotografia di “The Millionaire” (Slumdog Millionaire), ed Enrique Chediak, che ha prestato la sua opera in “28 settimane dopo” (28 Weeks Later) – perché avevamo bisogno di una molteplicità di approcci diversi e perché la macchina da presa, in un certo senso, sopperisce al fatto che nel film vi siano pochissimi personaggi”, spiega Boyle.

FRANCO IN PALESTRA

Per scavare ancora più in profondità nel suo ruolo, Franco si è allenato in una palestra di free climbing ed è dimagrito finché il suo fisico ha assunto la linea slanciata e tonica di Ralston. Ha poi letto libri di scalatori e avventurieri, e ha anche guardato dentro di sé, per chiedersi se sarebbe mai riuscito a fare ciò che Aron ha effettivamente fatto per sopravvivere. “Ho pensato alle circostanze drammatiche in cui si trovava, ho considerato che si trattava di una questione di vita o di morte”, dichiara Franco. “Sono abbastanza impressionabile riguardo al sangue, anche quando mi trovo dal dottore, ma in una circostanza del genere riuscirei a farcela. Mi piace pensare che proverei a fare qualcosa anziché restare senza fare nulla”.



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IL PARERE...

Danny Boyle riesce a realizzare un film d'azione il cui protagonista non può quasi muoversi.

L'idea è simile a quella di Buried ma il film (questo girato alla luce del sole) è completamente diverso

La pellicola si basa tutta sulla recitazione di James Franco qui molto credibile. Danny Boyle con lo split screen continuo cerca di ripercorrere il passato e il possibile futuro nella testa dell'escursionista.

127 ore evoca la grande tradizione dei film in cui la natura spinge l’uomo fino al limite, da “Il richiamo della foresta” (Call Of The Wild) a “La morte sospesa” (Touching The Void), ma 127 ore rompe con la tradizione perché celebra la vita anziché il trionfo dell’individuo.

Mettete in conto che uscirete sorpresi e sconvolti....ma un film di Danny Boyle è sempre un vero appuntamento al cinema....ma preparatevi a scene molto forti.....

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