Petrus
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Da: roma (RM)
|  Inviato: 15-07-2004 12:08 |
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Kaspar Hauser è realmente vissuto. La storia di questo grottesco e affascinante personaggio si potrebbe tranquillamente trovare in qualche cronaca del tempo, e sicuramente in decine di libri inchiesta.
Il "fenomeno" Kaspar Hauser nei paesi di lingua tedesca è ampiamente diffuso.
Kaspar è un uomo di cui si ignorano i due estremi della vita: la nascita e la morte. Ed è proprio il senso di mistero che aleggia dietro le origini e la fine di questo personaggio che ha scatenato la morbosità dell'uomo.
Non interessava più la figura di Kaspar, ma la sua nascita, la sua morte misteriosa. E la semplice umanità tanto a lungo repressa diventa la leggenda magnifica di eredi di corte, di assassini, di intrighi, di circhi e di posti esotici.
Herzog riprende quello che di vero c'è nella vicenda. La carnalità di Kaspar Hauser. Il suo essere uomo in questo modo insolito e dirompente, in questo modo che viene poco compreso dalla gente popolana e incolta, ma anche della gente altolocata, ancor più ignorante.
La spontaneità dell'uomo lo porterò ad affermare di sentirsi più libero in prigione che circondato dal mondo esterno. La simbologia devastante del nome calpestato nel giardino rende appieno il pensiero del grande cineasta tedesco, sintetizzato per altro nel titolo in lingua originale "Ognun per se e Dio per tutti".
E così Kaspar Hauser ritrova la sua gioa del vivere in posti lontani, in luoghi di un paradiso inteso come incontro tra l'umano che c'è nell'uomo.
Così fondanti nel film di Herzog diventano le "diapositive" dal caucaso e del sahara.
Tutto ciò, nella forma e nel metodo della denuncia che si perpetra nel film, sembra tuttavia un pò riduttivo.
Sembra quasi un'accettazione passiva del leopardiano "pastore errante".
Ma, provando ad andare oltre, rimane solo un uomo che, nella sua "diversità", era quanto di più umano si possa trovare.
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"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate" |
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