Cronenberg
Reg.: 02 Dic 2003 Messaggi: 2781 Da: GENOVA (GE)
| Inviato: 21-07-2004 11:24 |
|
Hannah assiste alla degradazione psicologica della madre dopo la morte del marito, nonché padre di Hannah. Ruth Weinstein, madre di Hannah, fedele alla religione ebraica, sembra impazzire dal dolore e volere obbligare i familiari ad un lutto di trenta giorni. Hannah, non comprendendo questo comportamento desidera andare a fondo tra le radici della gioventù della madre, e proprio dalla cugina della stessa, che non aveva mai conosciuto, viene a sapere che in Germania vive ancora la donna che ha salvato sua madre da piccola. Hannah desidererà conoscere questa donna, ormai anziana, e si dirige proprio da lei in Germania per fare ciò, e porle delle domande sulla situazione nella quale sua madre ha vissuto l’infanzia.
La seconda guerra mondiale è ormai fonte di molteplici episodi dai quali il cinema attinge fin troppo frequentemente i più significativi e/o moderni, ed è il caso di “Rosenstrasse”, il decimo film di Maragarethe von Trotta, che seguendo la scia intimista dello stopposo “Il Pianista” di Polanski, ha modo di parlarci ancora di donne, di fedeltà, di amore, di vita e di morte; “Rosenstrasse” è la via dove le donne aspettano l’uscita dei mariti dal grande palazzo/prigione per ebrei sposati con tedesche, è un modo per ripercorrere musicalmente la grande follia che è stata, e un mezzo per fare un discorso morale più vasto, sociale, antropologico. E’ indubbio che il finale “ciliegina sulla torta” lasci veramente l’amaro in bocca, davvero anonimo, piatto, buonista, retorico, mal gestito insomma, ma è vero anche che tutto il resto del film si rivolga agli avvenimenti con un occhio impenitente, clinico, quasi inarrestabile, che aggiorna il passato sfalsandolo all’oggi in una maniera del tutto congrua, consapevole. Se il meccanismo passato-presente lo avevamo già visto di recente in “Ararat – Il monte dell’Arca” di Atom Egoyan, in “Rosenstrasse” assume però sembianze realmente più coinvolgenti, fluide e convincenti. L’ottimo cast capeggiato da una magistrale Katja Reiman, vincitrice della Coppa Volpi come Miglior Attrice al 60° Festival di Venezia, è pienamente efficiente, e come già detto la regia sapendo di non volersi fermare al far vedere, vince il Premio Unicef. Il decimo film della Trotta è ancora a Rosenstrasse insieme a quelle donne, ad attendere, oggi, un perché e un percome, è in attesa di risposte, da un paese non più in grado di darne. Splendide musiche.
Non molto considerata quest'altra ottima prova della bravissima regista tedesca, voi che ne pensate?
_________________
Del resto, che cos’è la nostra realtà se non la percezione della realtà?
Brian O’Blivion in Videodrome
[ Questo messaggio è stato modificato da: Cronenberg il 21-07-2004 alle 11:33 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: Cronenberg il 21-07-2004 alle 11:35 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: Cronenberg il 21-07-2004 alle 11:54 ] |
|