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FilmUP Forum Index > Cinema > Tutto Cinema > "29 PALMS" di Bruno Dumont   
Autore "29 PALMS" di Bruno Dumont
Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 13-08-2004 14:25  
David è un fotoreporter che cerca delle location fotografiche per una rivista, Katia è la sua fidanzata, disoccupata, che lo segue nelle ricerche in un arido deserto californiano nella zona di “Twentynine Palms”, cittadina anonima, caratterizzata dalle 29 palme che la contornano e dai numerosi motel e fast-food di cui è composta. I due girano le sperdute aree del crespato e isolato deserto, parlando senza mai capirsi veramente, facendo sesso senza mai capirsi veramente e tollerandosi senza mai capirsi veramente, fino a quando entrambi vivranno una stessa situazione ma una diversa condizione, per la prima volta capendosi e capendo veramente.
Già quando nel 1999, David Cronenberg, presidente della giuria al 52° Festival di Cannes, assegnò il Premio della Giuria a “L’umanità”, secondo film del quarantaseienne Bruno Dumont, si erano colte le grandi capacità di uno dei più profondi, viscerali, sfacciati e provocanti registi di sempre. “29 Palms” è la conferma, che al suo terzo film, il regista francese sa fare grandi cose e sa soprattutto motivare le sue scelte stilistiche, criticatissime al 60° Festival di Venezia dove è stato presentato il suo film e dove ha tenuto una conferenza stampa, come moventi di un cinema fatto esclusivamente con lo stomaco, mai pensato e mai realizzato, un cinema indotto da una carica vitale ingiudicabile, un cinema sprigionato della sua morale e anti-morale e lasciato alla lasciva presenza del “sé”. La scelta magistrale di uno stilema scandito da un tempo realmente reale, dai lassi di durata estesissimi e perciò reali, da una scelta inguaribile di un amplesso infecondo percorso e ripercorso da un tempo eterno ed etereo, da un rapporto malato svoltosi nella totale mancanza di legami affettivi e non, rivoltosi solamente ad una percezione distesa di un corpo fossilizzato su un masso grigio-scuro, a comporre un involucro brumoso e protetto da un mondo volubile e confuso, mostruoso e inquinato. La macchina da presa del regista francese, segue, segugio di un tempo trascorrente, due corpi incomunicabili, carne ed ossa, confusi nella lamiera rossa di una jeep infangata del piacere accumulato, sinonimi d’istrione di un tempo volgare nel volgare, violento nel violento, incomunicabile nel comunicabile. La fotografia di Georges Lechaptois è magnifica, come lo sono anche le musiche e gli attori, stretti in una morsa infinita di una fine già scritta, in un opera d’arte spiazzante di auto-modernismo che sfocia in una fine incostantemente bella, di una rivolta horror, stomaco e violenza, inafferrabile ed irraggiungibile nella traslazione temporale di un corpo martoriato e devastato dai suoi stessi organi ri-produttivi di una vita ormai certa, la morte iperviolenta.
Un rimorchio, porta su la scritta scrostata “29 PALMS”, forse proprio quello è il container dell’incomunicabilità, dove noi tutti passiamo per non farci scoprire esseri violenti, senza immagini né desideri conoscibili.

A voi la parola

_________________
Del resto, che cos’è la nostra realtà se non la percezione della realtà?

Brian O’Blivion in Videodrome

[ Questo messaggio è stato modificato da: Cronenberg il 13-10-2004 alle 20:28 ]

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lemona

Reg.: 07 Gen 2002
Messaggi: 819
Da: ferrara (FE)
Inviato: 13-08-2004 20:23  
pessimo film ... per non parlare degli ultimi 5 minuti giustamente fischiato a venezia

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lemona

Reg.: 07 Gen 2002
Messaggi: 819
Da: ferrara (FE)
Inviato: 13-08-2004 20:24  
quote:
In data 2004-08-13 14:25, Cronenberg scrive:
David è un fotoreporter che cerca delle location fotografiche per una rivista, Katia è la sua fidanzata, disoccupata, che lo segue nelle ricerche in un arido deserto californiano nella zona di “Twentynine Palms”, cittadina anonima, caratterizzata dalle 29 palme che la contornano e dai numerosi motel e fast-food di cui è composta. I due girano le sperdute aree del crespato e isolato deserto, parlando senza mai capirsi veramente, facendo l’amore senza mai capirsi veramente e tollerando senza mai capirsi veramente, fino a quando entrambi vivranno una stessa situazione ma una diversa condizione, per la prima volta capendosi e capendo veramente.
Già quando nel 1999, David Cronenberg, presidente della giuria al 52° Festival di Cannes, assegnò il Premio della Giuria a “L’umanità”, secondo film del quarantaseienne Bruno Dumont, si erano colte le grandi capacità di uno dei più profondi, carnosi, sfacciati e provocanti registi di sempre. “29 Palms” è la conferma, che al suo terzo film, il regista francese sa fare grandi cose e sa soprattutto motivare le sue scelte stilistiche, criticatissime al 60° Festival di Venezia dove è stato presentato il suo film e dove ha tenuto una conferenza stampa, come moventi di un cinema fatto esclusivamente con lo stomaco, mai pensato e mai realizzato, un cinema indotto da una carica vitale ingiudicabile, un cinema sprigionato della sua morale e anti-morale e lasciato alla lasciva presenza del “sé”. La scelta magistrale di uno stilema scandito da un tempo realmente reale, dai lassi di durata estesissimi e perciò reali, da una scelta inguaribile di un amplesso infecondo percorso e ripercorso da un tempo eterno ed etereo, da un rapporto malato svoltosi nella totale mancanza di legami affettivi e non, rivoltosi solamente ad una percezione distesa di un corpo fossilizzato su un masso grigio-scuro, a comporre un involucro brumoso e protetto da un mondo volubile e confuso, mostruoso e inquinato. La macchina da presa del regista francese, segue, segugio di un tempo trascorrente, due corpi incomunicabili, carne ed ossa, confusi nella lamiera rossa di una jeep infangata del piacere accumulato, sinonimi d’istrione di un tempo volgare nel volgare, violento nel violento, incomunicabile nel comunicabile. La fotografia di Georges Lechaptois è magnifica, come lo sono anche le musiche e gli attori, stretti in una morsa infinita di una fine già scritta, in un opera d’arte spiazzante di auto-modernismo che sfocia in una fine incostantemente bella, di una rivolta horror, stomaco e violenza, inafferrabile ed irraggiungibile nella traslazione temporale di un corpo martoriato e devastato dai suoi stessi organi ri-produttivi di una vita ormai certa, la morte iperviolenta. Un rimorchio, porta su la scritta scrostata “29 PALMS”, forse proprio quello è il container dell’incomunicabilità, dove noi tutti passiamo per non farci scoprire esseri violenti, senza immagini né desideri conoscibili.

A voi la parola

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Brian O’Blivion in Videodrome

[ Questo messaggio è stato modificato da: Cronenberg il 13-08-2004 alle 14:30 ]

parole parole paroel inutili ... stringi

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Marxetto

Reg.: 21 Ott 2002
Messaggi: 3954
Da: Milano (MI)
Inviato: 13-08-2004 20:53  
Come al solito invito(preventivamente)a ignorare tipi di messaggi come quello che mi precede,e concentrarsi sulle valutazioni riguardanti il film.Thanks...
_________________

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Hawke84

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 5586
Da: Cavarzere (VE)
Inviato: 13-08-2004 21:06  
Il film a me non è proprio piaciuto.
Non si tratta di un gioco studiato di eccessi ed esagerazioni su sesso e violenza, orchestrato sapientemente come un Kubrick poteva fare, con una sua logica.

Tutta questa esibizione di corpi e volgarità a me ha dato solo fastidio.
Il regista ha voluto mettere in piazza la sua denuncia..forse.
Ma senza freni e con il cattivo gusto non si ottiene poi molto.

_________________
La speranza non può esistere che a partire dagli individui, dalle oro azioni
R.Altman 1978

[ Questo messaggio è stato modificato da: Marxetto il 14-08-2004 alle 07:07 ]

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83Alo83

Reg.: 26 Mag 2002
Messaggi: 16507
Da: Palermo (PA)
Inviato: 13-08-2004 22:52  
però lemona mi incuriosisce nella sua infinità stupidità. non scherzo, chissà che in passato nona bbia cercato di argomentare alcune sue tesi, magai rendendole interessanti e meno scialbe di "questo film è una merda".
no, non polemizzo, non ne vale la pena, mi sto domandando se è il caso di andare in archivio a vedere se una volta tanto è stato capace di parlare di cinema anzichè di sparare a zero, senza, peraltro, argomentare minimamente.
insomma ha mai scritto più di cinque righe su un film? qualcuno lo sa? almeno risparmio la fatica di una ricerca improduttiva.
è mai stato capace di spiegarsi? ne sarà in grado?
oppure ancora: sarà la seconda identità di qualcuno?
tutto questo mi incuriosisce.
_________________
Mi contraddico, forse?
Ebbene mi contraddico, ma sono vasto, contengo moltitudini.

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Marxetto

Reg.: 21 Ott 2002
Messaggi: 3954
Da: Milano (MI)
Inviato: 14-08-2004 07:05  
Poni dei quesiti interessanti,carissimo Alo,e ti dirò che tutto può essere...in questo Forum specialmente!

Naturalmente si sarà capito che il mio messaggio non era riferito al commento(sebbene molto sintetico,al limite grezzo e molto poco argomentato,ma comunque rispettabile)di lemona,ma piuttosto a quello successivo,in cui(come gli capita di sovente)si permette(senza alcuna ragione plausibile)di gettare fango su utenti(e qui sono davvero in pochi)che scrivono sempre e comunque coniugando semplicità,incisività e approfondimento,e che,nel caso di Cronenberg soprattutto,danno un enorme contributo qualitativo alla sezione.Sono cose che non tollero,e che quindi tento di rimarcare più volte,prima di prendere decisioni più drastiche.

quote:
In data 2004-08-13 20:58, lemona scrive:
non fare il fenomeno : dico solo che si puo ridurre in poche righe... l'intero discorso .. e inoltre non permetterti di re quello che hai detto visto che io almeno il film l'ho visto tu non lo so e quindi un giudizio lo posso permettere ...



Qui abbiamo dunque l'esemplificazione di quanto detto sopra.Lemona aveva forse avuto l'errato sentore che io ce l'avessi in qualche modo col suo breve commento al film,mentre abbiamo appurato che il problema era un altro.Film che non ho visto,hai ragione,ma a questo punto ti sarai reso/a perfettamente conto anche tu dell'inutilità di un'osservazione del genere,in questo contesto.Non faccio il fenomeno,se non ricoprissi questo "ruolo" non mi permetterei mai di fare appunti di questo genere a destra e a manca.Non spetterebbe a me e non credere che mi ci diverta,è una cosa a tratti fastidiosa anche per me,che generalmente a fare il maestrino della situazione non tengo proprio.Ma ci sono dei limiti,e questa sarà la decima volta che facendo sfoggio di un'arroganza e una presunzione(a mio modesto avviso immotivate)cerchi di far in modo(attraverso un uso davvero povero dell'arte provocatoria)che discussioni nate con ottimi presupposti,si trasformino,com'è qui peraltro accaduto,in sterili diatribe fondate sul nulla totale.

E' per queste ragioni che ora mi sento in diritto/dovere di modificare e/o cancellare tutti quei messaggi che non abbiano attinenza col tema portante del thread.C'è chi si renderà conto che una scelta del genere è indispensabile e per nulla basata su prosopopee dittatoriali,bensì atta a far sì che la discussione torni sui giusti binari.E così sarà necessario per qualunque tipo di messaggio debba seguitare al mio,su quella stessa falsa riga.Vi amo tutti.

_________________
"L'intelligenza militare è una contraddizione in termini"

[ Questo messaggio è stato modificato da: Marxetto il 14-08-2004 alle 07:33 ]

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 14-08-2004 10:19  
quote:
In data 2004-08-14 07:05, Marxetto scrive:
Poni dei quesiti interessanti,carissimo Alo,e ti dirò che tutto può essere...in questo Forum specialmente!

Naturalmente si sarà capito che il mio messaggio non era riferito al commento(sebbene molto sintetico,al limite grezzo e molto poco argomentato,ma comunque rispettabile)di lemona,ma piuttosto a quello successivo,in cui(come gli capita di sovente)si permette(senza alcuna ragione plausibile)di gettare fango su utenti(e qui sono davvero in pochi)che scrivono sempre e comunque coniugando semplicità,incisività e approfondimento,e che,nel caso di Cronenberg soprattutto,danno un enorme contributo qualitativo alla sezione.Sono cose che non tollero,e che quindi tento di rimarcare più volte,prima di prendere decisioni più drastiche.

quote:
In data 2004-08-13 20:58, lemona scrive:
non fare il fenomeno : dico solo che si puo ridurre in poche righe... l'intero discorso .. e inoltre non permetterti di re quello che hai detto visto che io almeno il film l'ho visto tu non lo so e quindi un giudizio lo posso permettere ...



Qui abbiamo dunque l'esemplificazione di quanto detto sopra.Lemona aveva forse avuto l'errato sentore che io ce l'avessi in qualche modo col suo breve commento al film,mentre abbiamo appurato che il problema era un altro.Film che non ho visto,hai ragione,ma a questo punto ti sarai reso/a perfettamente conto anche tu dell'inutilità di un'osservazione del genere,in questo contesto.Non faccio il fenomeno,se non ricoprissi questo "ruolo" non mi permetterei mai di fare appunti di questo genere a destra e a manca.Non spetterebbe a me e non credere che mi ci diverta,è una cosa a tratti fastidiosa anche per me,che generalmente a fare il maestrino della situazione non tengo proprio.Ma ci sono dei limiti,e questa sarà la decima volta che facendo sfoggio di un'arroganza e una presunzione(a mio modesto avviso immotivate)cerchi di far in modo(attraverso un uso davvero povero dell'arte provocatoria)che discussioni nate con ottimi presupposti,si trasformino,com'è qui peraltro accaduto,in sterili diatribe fondate sul nulla totale.

E' per queste ragioni che ora mi sento in diritto/dovere di modificare e/o cancellare tutti quei messaggi che non abbiano attinenza col tema portante del thread.C'è chi si renderà conto che una scelta del genere è indispensabile e per nulla basata su prosopopee dittatoriali,bensì atta a far sì che la discussione torni sui giusti binari.E così sarà necessario per qualunque tipo di messaggio debba seguitare al mio,su quella stessa falsa riga.Vi amo tutti.

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"L'intelligenza militare è una contraddizione in termini"

[ Questo messaggio è stato modificato da: Marxetto il 14-08-2004 alle 07:33 ]

Purtroppo ha una predilizione nei miei confronti ogni volta che apro un topic mi ritrovo i suo bradi commenti a, diciamo, deviare l'attenzione su di lui... Ti ringrazio di esser così presente e efficente in questi casi Marxetto
_________________
La ragione è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie

René Descartes

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 14-08-2004 10:32  
quote:
In data 2004-08-13 21:06, Hawke84 scrive:
Il film a me non è proprio piaciuto.
Non si tratta di un gioco studiato di eccessi ed esagerazioni su sesso e violenza, orchestrato sapientemente come un Kubrick poteva fare, con una sua logica.

Tutta questa esibizione di corpi e volgarità a me ha dato solo fastidio.
Il regista ha voluto mettere in piazza la sua denuncia..forse.
Ma senza freni e con il cattivo gusto non si ottiene poi molto.

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R.Altman 1978

[ Questo messaggio è stato modificato da: Marxetto il 14-08-2004 alle 07:07 ]

Certamente colgo i moventi delle tue obiezioni, ma penso che comunque questo piccolo grande film faccia purtroppo(?) parte di quella categoria che io soprannomino "amletica", nel senso che anche se qui il divario tra il sì e il no è davvero flebile, le domande che "29 Palms" può far porre possono fare davverro ricredere sul verdetto già speso. Mi spiego meglio, questo è un film che o odi o ami, non ci sono vie di mezzo nè d'uscita, il cinema di Dumont è il cinema di Dumont e quindi o hai feeling con Dumont o non ne hai, specialmente il modo con il quale descrive il suo fare cinema non è dei più accessibili ne apprezzabili ma giustamente a lui non importa come lo si vede, solo dopo la visione di un suo film ci si può esternare ai quesiti, e di conseguenza estraniare dalle affermazioni per molti non condivisibili del regista. Penso che ad ogni modo, comprendendo il tuo "no" questo sia un film da vedere, se non altro per farsi un idea discutibile o meno del cinema e del non cinema, che ne pensi?

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Del resto, che cos’è la nostra realtà se non la percezione della realtà?

Brian O’Blivion in Videodrome

[ Questo messaggio è stato modificato da: Cronenberg il 30-09-2004 alle 20:47 ]

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 23-10-2004 14:25  
Riporto alcuni brani di un intervento del regista Bruno Dumont in un dibattito seguito alla proiezione del suo film (Twentynine palms, ovviamente), ieri sera (22-10-04) alla Cineteca di Bologna.

Purtroppo l'organizzazione è riuscita a contattare la peggior interprete che abbia mai visto (incredibile la sua incapacità), quindi alcuni collegamenti sono andati completamente persi nella traduzione, così come alcune domande sono state mal interpretate e quindi non recepite appieno dallo sventurato Dumont, che comunque si è dimostrato molto disponibile, abbastanza ironico ed autoironico, anche se già dopo pochi minuti è apparso un po' stanco, forse piùfisicamente che mentalmente.


(non metto il discorso tra virgolette perché ovviamente la trascrizione non è fedele al 100%)

Twentynine palms è un film che non nasce da un'idea, nè da un progetto preciso. Questo è un film che è nato e si è sviluppato intorno ad una sensazione.
Io mi sono recato per lavoro nella zona di Twentynine Palms, e quello che mi ha colpito è stata la sensazione che mi ha trasmesso il deserto, di vuoto e di paura [...]

Il film si è costruito scoprendo cose, accumulando emozioni... è un film molto autobiografico... io ho dovuto fare un sopralluogo in quella zona della California, perché dopo L'humanitè ho scritto la sceneggiatura per un film giallo hollywoodiano, ambientato proprio in quella zona desertica, e appunto da lì è nata la sensazione che ha scatenato il film. Ho fatto il sopralluogo in compagnia di una donna, e il film racconta proprio il sopralluogo e l'attività; mi sono inventato ben poco, ho solamente scritto due righe su quella che era stata proprio la mia esperienza in compagnia di quella giovane donna che è stata con me nel sopralluogo, su quello che è capitato a noi.

Quello che mi ha impressionato del deserto è quello che il deserto genera nella mente degli americani: la paura della violenza, e quindi ho voluto fare un film sulla paura della violenza.

Un film in cui soggetto e protagonisti non avessero importanza, quello che è importante è lo sfondo.
Io sono sempre stato affascinato dalla storia della pittura, dall'evoluzione che ha portato fino all'astrattismo; in pittura, si ha un'astrazione quando la figura scompare, e resta lo sfondo, resta una sensazione, un'atmosfera. [...] Nel film ho cercato di neutralizzare l'importanza di tutto (la storia, i personaggi, le psicologie,...), appunto per concentrare l'attenzione sull'atmosfera.
Le cose più importanti dovevano essere l'atmosfera e la colonna sonora.

Il film è anche questo: un'essai (una prova) di partire da una sceneggiatura praticamente inesistente, ridotta davvero a pochissime righe, e la scommessa di creare una storia da un intreccio tenue, essenziale.

Il casting è stato rapidissimo, ho scelto i primi attori che si sono presentati, proprio perché i protagonisti non dovevano avere importanza. Ho scelto gli attori più che altro per la loro psicologia. Katia, ad esempio, è realmente così: dolce, irritabile, gelosa, eccitabile.
Gli attori hanno anche provato a recitare, ma io gliel'ho impedito. Dovevano essere semplicemente quello che sono.

-Domanda: Ha detto che la colonna sonora è importante; nel film buona parte del materiale sonoro è dato da un suono organico, il suono del respiro, che riempie appunto molte scene.

-Riprende Dumont:
Certo, quello è il suono della coppia, il suono del rapporto tra uomo e donna. Nel rapporto tra un uomo e una donna c'è tutto: c'è il senso dell'amore, così come c'è il senso della morte, e questo lo si riscontra anche nel finale del film.
Ho messo in questo film quelle che sono le estremizzazioni di un rapporto uomo-donna: il sesso, la gelosia, la paura,...
Comunque anche qui non mi sono inventato niente, ho semplicemente ricopiato quella coppia, anche in questo il film è autobiografico, sempre in riferimento alla mia esperienza in quei luoghi e con una donna.

[...]

Io credo molto nella catarsi... Non credo che il cinema debba essere gentile, per me il cinema dev'essere orribile, tremendo, doloroso, affinché lo spettatore possa liberarsi e "lavarsi" partecipando, in maniera abbastanza attiva.
Io sono molto lontano dal cinema di divertimento, il cinema di divertimento ci addormenta, i cineasti e gli amanti del cinema devono svegliarsi, e per questo il cinema deve coinvolgerli, deve prenderli e catturare la loro attenzione, lo spettatore deve essere attivo, e non lasciarsi addormentare.

-Cominciano le domande dal pubblico. La prima è sugli eventuali riferimenti, autori a cui Dumont si ispira di più o che comunque siano stati fondamentali per il suo percorso.

-E' ovvio che non si diventa cineasti per caso, io sono diventato un cineasta guardando grandi film e grandi autori, in particolare Tarkovskji, e molti autori italiani: Pasolini, Fellini, Ferreri, Rossellini...
Il loro è un cinema pieno di esigenze, di rigore.
Quando guardavo lavori di questi grandi autori, ricordo che non capivo tutto quello che vedevo, ma quello che alla fine restava era la memoria, la nostalgia di quelle sensazioni che mi procuravano.
Cosa importa se al cinema ci si addormenta per cinque minuti?, l'importante è che alla fine, quando si esca dalla sala, resti la memoria, resti il ricordo. Questo è quello che cerco di fare nei miei film, anche se è difficile: lasciare una memoria, una nostalgia.

-Domanda: Perché la violenza finale e l'annullamento dei personaggi?

-C'è quel finale, perché ad un certo punto bisogna finire. Lo stupro rappresenta proprio la volontà di prendere di peso i personaggi e di immergerli nella violenza, per finire. Sarei potuto andare avanti un bel po', il materiale girato era più lungo [...]

La prima intenzione era di finire il film con la scena dello stupro. Poi ho aggiunto quel finale per fare un "omaggio", un "pensiero", al cinema americano, in particolare al cinema horror americano, che mi sono dovuto sorbire per tanti anni e che ancora continuano a propinarci. Quasi come uno sfottò, insomma.

-Domanda: Il fuoristrada, scelta casuale o ha qualche significato?

-Il fuoristrada simboleggia l'esuberanza della società americana [...] non è un fuoristrada comune, è un modello particolare, usato anche dall'esercito, una macchina anche sonora, è la sofisticazione dell'universo americano.

[...]
Il deserto, che è appunto il fulcro dell'opera, dà la possibilità allo spettatore, ma anche all'autore, di proiettarsi nel suo vuoto, per cui è una sorta di specchio, in cui chi guarda mette del suo, vedendo riflesso ciò che vuole vedere, o ciò che si aspetta di vedere. [...] Questo perché io cerco di trasmettere sempre la prima idea che mi viene in mente.

[...]
Si lavora come viene, non c'è niente di pre-costruito, l'opera e tutto il lavoro sono venuti fuori da sè, costruendosi solo intorno a sè stessi e a quella sensazione che ha dato il là. [...] Poi i critici forse analizzano meglio di me il mio lavoro, trovando altri significati e altri processi costruttivi, ma io ho lavorato così, andando avanti in base a quello che veniva fuori mano a mano.
[...]
E' un processo creativo assolutamente non organizzato. [...] C'è una buona parte del film che non è stata pensata, ma semplicemente intuita.
Sul set, così come nelle primissime basilari scelte, ho preso sempre decisioni sensoriali, dovute alle sensazioni, mai razionali.

[...]
-Ultima domanda (domanda formulata dall'utente Cronenberg e posta al regista dal sottoscritto): "Il suo cinema può essere definito come "reportage degli avvenimenti"? Cioè, mi spiego meglio... Facendo riferimento in particolare a L'humanitè, che è realmente il film in cui la mdp riporta i non-movimenti, quindi ciò che accade nel campo ripreso... diciamo che pare voler fare un cinema di solo stomaco, dal forte impatto visivo... in questo senso "reportage" degli avvenimenti, così come sono, senza significati reconditi o metaforici..."

(qui secondo me l'interprete ha tradotto malissimo e travisato la domanda, perché la risposta è stata, più o meno testualmente)
Beh, sì, perché alla fine, nel film, della storia dei due protagonisti vediamo i momenti meno importanti: la noia, i "che facciamo?",... che però diventano i più interessanti, in funzione di quello che accadrà poi.
In pratica ho nascosto quello che in un film americano viene spiattellato, mostrando quello che invece non viene mai mostrato per l'errata paura di annoiare.

-Poi purtroppo l'organizzazione ci ha strappato Dumont trascinandolo via di corsa, per cui non ho potuto nè riformulare la domanda in maniera più chiara, nè raggiungerlo per riproporre il quesito faccia a faccia, magari cercando di abbozzare un francese migliore di quello dell'interprete.

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"Non vorrei mai appartenere ad un club che accettasse tra i suoi soci uno come me." (Groucho Marx)
"Ci vuole tutta la vita per vivere.O anche: ci si mette tutta la vita per imparare a vivere.Si può dire in tutt'e due i modi." (Tiziano Sclavi)

[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 24-10-2004 alle 19:28 ]

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