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Ave, Cesare!











Il 2016 si conferma l’anno dei grandi ritorni e dopo quello di Quentin Tarantino in “The Hateful Eight” è il turno dei fratelli Joel e Ethan Coen con “Ave Cesare”. Il film d’apertura della Berlinale 66 è un film completamente folle, che racconta quello che accadeva in una giornata di lavoro sul set nella Hollywood d’oro degli anni ’50 dal punto di vista di un fixer (risolutore di problemi di produzione) interpretato da un ottimo Josh Brolin. Il personaggio è determinato, ma è soltanto una maschera che i Coen riescono a far scivolare mano a mano in una Hollywood che non sembra proprio lontana da quella che conosciamo oggi e il film diventa quindi una satira nemmeno velata.
Un film diverso dalla filmografia dei due fratelli, ma per questo motivo non meno godibile. “Ave Cesare” mette molta carne al fuoco e spesso sembra imminente il rischio di bruciarsi, ma alla fine tutto funziona a meraviglia anche grazie a un cast eccezionale.
George Clooney è camaleontico e imprevedibile, Channing Tatum conferma di essere migliorato moltissimo rispetto al ragazzone amato dalla teen ager e di poter stare anche in film autoriali più impegnati, mentre i ruoli affidati a Ralph Fiennes, Jonah Hill e alla compagna di Joel Frances McDormand completano un affresco davvero affascinante.
La vera musa del film però è la bellissima Scarlett Johansson, che qui è la femme fatal del malcapitato Jonah Hill. In “L’ultima parola di Dalton Trumbo” c’era la denuncia seria alla terribile pulizia schizofrenica mossa alle star accusate di comunismo, qui queste accuse diventano quasi comiche anche se il film poteva essere più coraggioso e spingere maggiormente su questo aspetto.
I Coen tornano quindi con un’opera davvero assurda, in cui non importa cosa accade ma purché accada. Una commedia classica che propone un umorismo nero, in cui la vera essenza è l’accettazione di ciò che accade.
“Ave Cesare” però racconta anche un particolare tipo di produzione molto in voga in quella Hollywood, ossia i film biblici. Il modo migliore di raccontare storie è affidarsi alla mitologia, ma quella che i fratelli attaccano è quella hollywoodiana e per chi fa e vive il cinema forse è quella che dovrebbe contare di più. La loro cinematografia è matura come poche evitando sempre compromessi, ma anzi dissacrando tutto e tutti senza esclusione e con un garbo e una pacatezza uniche.
Comunque lo spettatore si ponga verso il film cambia poco: bisogna accettare le sensazioni che lascia e il modo irriverente in cui tocca un mondo dorato in modo originale e inaspettato.

La frase:
"Signor Mannix, so che sembra folle, ma qualcuno chiama dal futuro".

a cura di Thomas Cardinali

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