Kill Bill - Vol. 1
"Kill Bill Vol. 1" è un film che farà sempre di più amare Tarantino ai suoi estimatori ma ancor di più lo farà odiare ai suoi detrattori.
Perché "Kill Bill - Vol. 1" è la quintessenza dell'estetica filmica tarantiniana.
Se volete ammirare scene di tracotante violenza commentate da una colonna sonora da zuccherosa soap opera sentimentale, o i continui cambi di stili e registri di ripresa, o il succoso pastiche di generi cinematografici, o lo scardinamento temporale dei tempi narrativi, allora andate a vedere questo film e cullatevi nell'ammaliante solluchero estetico dei piani sequenza di una macchina da presa che morbidamente segue più di dieci personaggi, scavalcando muri, attraversando pareti, aggirando pannelli. Ma è la quiete che precede la tempesta. Perché, se le vostre viscere rabbrividiscono per teste scoperchiate, arti mozzati, sangue che zampilla e urla disumane, allora rimanete a casa a vedervi Panariello, perché questo non è il film che fa per voi. Ma è un peccato. Perchè "Kill Bill - Vol. 1" è, a mio modesto parere, un capolavoro. A partire dalla protagonista interpretata da una animalesca Uma Thurman, dagli occhi da belva ferita. Del suo personaggio non viene mai pronunciato il nome, sostituito sempre da un laconico "beep". Chiamiamola allora "Black mamba". È il suo nome di battaglia quando faceva parte delle "Deadly Viper Assassination Squad", un'organizzazione di killer al femminile capeggiate dal fantomatico Bill (David Carradine di cui, in questo volume 1, vediamo solo le mani e sentiamo la voce profonda). Per motivi ancora sconosciuti - e che spero nel secondo volume ci vengano svelati - nella premessa vediamo "beep", alias Black Mamba, in un bianco e nero sporco e imbrattato, vestita da sposa - "The bride" - che implora qualcuno di non uccidere lei e la figlia che porta in grembo. Il montaggio quindi ci porta a quattro anni e mezzo dopo, dove Black Mamba massacra una apparente tranquilla casalinga - Vernita Green (Vivica A. Fox) detta Copperhead - Testa di Bronzo - che in realtà a suo tempo faceva parte dell'organizzazione criminale delle suddette "Vipere assassine". Altro salto di quattro anni, questa volta all'indietro, e ci ritroviamo in un letto di un ospedale del Texas dove "beep" o Black Mamba o "The bride" - chiamatela come più vi aggrada - si risveglia dal coma in cui era precipitata dopo l'eccidio compiuto durante il suo matrimonio. Ed ora capiamo perché era vestita da sposa e perché implorava pietà!
Da questo momento in poi è un crescendo di tensione e adrenalina. Black Mamba si risveglia dal coma ed intraprende il suo percorso di vendetta nei confronti dei suoi sterminatori. Perché, apprendiamo da una citazione all'inizio del film, "La vendetta è un piatto che va mangiato freddo" - proverbio Klingon...! - e Black Mamba si prepara a questo evento apprestandosi con cura. Acquista uno spadone di samurai facendolo fabbricare da un artigiano di Okinawa chiamato Hattori Hanzo (Sonny Chiba, "il più grande attore che abbia mai lavorato nei film di arti marziali" testuali parole di Tarantino) - e si dirige a Tokio per affrontare la prima vittima della lista, O-Ren Ishii detta Cottonmouth - "Mocassino Bagnato" - (Lucy Liu), la cui vertiginosa carriera, da sparuta bimba indifesa a sanguinario capo della mafia giapponese, apprendiamo in dieci minuti di animazione manga che Tarantino ci inframezza tra una suite di Morricone e un tema di Bernard Hermann, tra un brano di Isaac Hayes e una cover di Jonathan Kaplan. Già, la musica.
Ci vorrebbe una recensione solo per commentare le scelte musicali di Tarantino. Qui, mi limito a notare come la colonna sonora dei film di Quentin rappresentino il paradigma del suo modo di fare cinema. Esempi perfetti della "spremuta di generi" alla quale così generosamente si ispira. Gli spaghetti western, i manga giapponesi, i film di arti marziali ma anche qualche riferimento ad Hitchcock, ad esempio. Come nella scena dell'ospedale dove una piratesca Daryll Hanna detta "California Mountain Snake", con tanto di benda all'occhio, si avvicina al letto della comatosa "beep", per instillarle un fatale veleno.
La scena finale di questo volume primo è romantica e feroce: un combattimento all'ultimo sangue in un innevato giardino giapponese con tanto di fontanella e chiare acque a scandirne i momenti palpitanti. Il tutto commentato da un flamenco struggente ed evocativo.
Questo è Tarantino. Ed è solo il volume 1...

Daniele Sesti

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