Super Nacho
Partendo dalla vera storia di un uomo che cucina per frati e orfani di giorno e pratica il wrestling di sera, il secondo lungometraggio di Jared Hess, dopo l'esordio avvenuto con "Napoleon Dynamite" (2004), si presenta in maniera evidente, già dai titoli di testa, come un ironico omaggio al rozzo filone dei catch-movie, o film di Lucha Libre, nato in Messico alla fine degli Anni Cinquanta ed incentrato su agili lottatori mascherati alle prese con nemici più o meno soprannaturali.
Infatti, il protagonista orfano Nacho, splendidamente incarnato da Jack Black, oltre a fare il cuoco nel convento messicano in cui è cresciuto ed a tentare di conquistare la deliziosa Suor Encarnación, con il volto di Ana de la Reguera, cerca di guadagnare soldi per poter offrire un cibo ed un futuro migliore ai suoi piccoli commensali nullatenenti partecipando ad incontri di lotta libera, severamente vietata dagli anziani del monastero, all'interno di un travestimento blu cielo che tanto ricorda quello indossato dal Blue Demon del citato genere di cui l'argentato El Santo è stato l'eroe più famoso. E, non a caso, proprio un derivato di quest'ultimo sembra essere invece Ramses, sotto la cui maschera dorata si nasconde l'attore Cesar Gonzalez, tra i più temibili avversari che Nacho, sempre affiancato dal magrissimo Esqueleto (ossia lo scheletro), interpretato da Héctor Jiménez, si appresta ad affrontare.
Quindi lo script, firmato dallo stesso regista in collaborazione con la compagna Jerusha Hess ed il co-produttore Mike White (lo ricordate tra gli attori di "School of rock" e "La donna perfetta"?), non manca di mostrarci l'immancabile preparazione-allenamento, grottescamente orchestrata tra letame e popolatissimi alveari, mentre Black, come di consueto, suscita non poche risate nel portare in scena l'imbranato protagonista dalla riccia capigliatura, sempre impegnato in esilaranti scontri sul ring, dei quali il più divertente è sicuramente quello con i due nani.
E la spumeggiante colonna sonora per mano dell'immenso Danny Elfman ("Batman"), la quale richiama in maniera efficace le festose atmosfere messicane, non può fare altro che giovare ad un prodotto nella media che, non privo di una tutt'altro che disprezzabile spruzzata di elementi politicamente scorretti (tra cui disgustose unghie lunghe dei piedi!), identifica i suoi maggiori pregi nella notevole cura estetica (note di merito allo scenografo Gideon Ponte ed alla costumista Graciela Mazon) e, soprattutto, nella veloce regia, capace di rendere l'insieme sicuramente più godibile del succitato, sopravvalutato "Napoleon Dynamite".

La frase: "Diventare professionisti è difficile, bisogna avere delle amicizie politiche".

Francesco Lomuscio

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