Poco più di un anno fa
Non sono molti i film che hanno parlato dell'ambiente del cinema hardcore trattandolo dall'interno (ricordiamo almeno "Boogie nights"). Marco Filiberti con il suo primo lungometraggio parte proprio da uno spunto del genere per poi spaziare in un film di sensazioni.
La storia parla di Riki Kandinsky (Marco Filiberti), grande star del cinema porno-gay, che dopo undici anni si trova, per il funerale del padre, a dover rincontrare la famiglia. Il fratello Federico (Urbano Barberini), decide di seguire Ricky, per informarsi di quello che fa nella vita. All'inizio è difficile, ma poi...
Bisogna dire che è difficile trattare argomenti così, in maniera persino poetica. Filiberti è riuscito nella sfida. Il suo è un film che più dell'hardcore, più dell'omosessualità, più dei pregiudizi parla di rapporti umani.
C'è da dire, che all'inizio il film sembra dominato da macchiette, poi piano piano si scopre che tutti questi personaggi sono soltanto prigionieri di ruoli che andando in profondità scompaiono. Federico schiavo di convenzioni, che non riesce a vedere più in là della forma. Luna (Rosalinda Celentano) che all'inizio sembra una sciroccata fine a sé stessa e invece è un personaggio poetico. Lo stesso Riki Kandinsky, all'inizio può sembrare un personaggio banale e invece col tempo vediamo che questa banalità, non gli appartiene, è soltanto un modo per difendersi.
Tutto il film vive di un incontro-scontro tra una carnalità che tiene i personaggi attaccati ad una sensazione terrena delle cose ed un anelito a qualcosa che va ben oltre. Gli angeli, che siano bambini, adulti o sculture, ricorrono spesso nel film quasi a significare una trascendenza delle vite di tutti. Una trascendenza che non ha nulla a che fare con la religione, ma che anzi, è tanto più vera quanto più è legata ad un'urgenza di vivere.
Il film parla anche del bisogno di diventare qualcuno per dimostrare di esistere (l'idea iniziale del racconto è l'organizzazione di un film ricordo su Ricki). Il tutto però è trattato in maniera sincera, senza fronzoli, ad indicare una strada dove l'apparenza che dicevamo prima non conta nulla.
Filiberti è stato bravo ad usare tutti questi argomenti, senza cadere mai nella trappola di un film sui pregiudizi o sulla volgarità. Anche se nel film questi elementi ricorrono non gli si dà quasi peso. E forse questa è una delle maniere più sincere per dire che, anche nella diversità, ogni persona potrebbe essere un angelo.

Renato Massaccesi

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