Sweet Sixteen
A volte sembra quasi che i sociologi enfatizzino il ruolo della famiglia come asse portante della società e della vita dell'individuo. Questo film è la dimostrazione che invece, nonostante le grandi scoperte scientifiche e i grandi progressi tecnologici le persone hanno ancora bisogno di un nido sicuro cui far ritorno. Ken Loach questa volta ci stupisce con la drammatica storia di un sedicenne costretto a sopravvivere in una Glasgow tetra e languida in cui le persone si trascinano per le strade cercando un lavoro che non arriva mai. Quella di Liam è la storia di tanti ragazzi inglesi che sono costretti a sopravvivere in condizioni davvero disagiate. Potrà sembrare strano, ma il tasso di povertà e di analfabetismo fra i giovani inglesi è tra i più alti d'Europa. Nella Scozia poi, questo tende a salire a causa della chiusura di molte fabbriche e miniere che un tempo davano da vivere a moltissimi operai. In situazioni di estremo disagio, anche in uno degli stati più progrediti del mondo, le persone scendono a compromessi che ai più possono sembrare inaccettabili.
Liam non è un delinquente, è un ragazzo pieno di buoni principi, di voglia di vivere. La vita però gli si prospetta difficile fin dalla prima infanzia: sua madre, Jean è una tossicodipendente sprovveduta che non esita a legarsi a brutti ceffi, di suo padre non se ne sa nulla. L'unica persona che gli sta vicino è la sorella, la quale però a sua volta è una ragazza madre con tanti problemi da risolvere. L'amore che il ragazzo nutre per la madre è viscerale. Farebbe di tutto per renderla felice, per vederla sorridere. Aspettando la sua uscita da un istituto di recupero per tossicodipendenti, Liam si imbatte in un losco giro d'affari. Il suo scopo non è quello di fare del male, ma è quello di comprare un prefabbricato alla madre. Per sé non vuole niente. Non gli interessano le macchine di grossa cilindrata, i vestiti all'ultima moda, i modelli di cellulare più esclusivi. Lui vuole solo vivere in pace con sua madre. Purtroppo però le cose non vanno come dovrebbero. Nonostante la prigione, Jean non è cambiata, forse vorrebbe essere quella che il figlio desidera, ma non ci riesce, non è abituata a prendersi cura di nessuno se non di se stessa. Ferito nel proprio orgoglio, nella propria dignità Liam non esita a compiere un gesto estremo e questo proprio nel giorno del suo sedicesimo compleanno!
Il film è vero e travolgente. La sceneggiatura (giustamente premiata a Cannes) è perfetta, non ha una sola smagliatura, un solo punto debole. Scorre liscia senza nessuna increspatura fino alla fine. Un attimo sei lì ad aspettare che il film inizi e un attimo dopo è già finito. Tutto è scivolato via in un momento, ma le sensazioni che ha suscitato sono destinate a rimanere, a incidere sulla visione futura delle cose. Solo un insensibile potrebbe restare indifferente di fronte ad una storia di tale portata narrativa.
Peccato che operazioni di questo genere vengano ostacolate: è prevista l'uscita di solo 45-50 copie per di più censurate ai minori di 16 anni. A volte mi chiedo come si può essere così ottusi e propinare ai ragazzi dei film sciocchi e inutili e privarli di un'opera che potrebbe contribuire a renderli persone migliori, o almeno più attente alla realtà che li circonda (il che non è poco).

Teresa Lavanga

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