Talk to Me
Che il nome di Ralph Waldo "Petey" Greene dica qualcosa a molti di noi italiani, salvo che non si sia storici e studiosi di radio e tele comunicazione americane, è piuttosto difficile. Il succitato era, infatti, un famoso deejay e comico televisivo del decennio 60’-70’ dalla vita tanto travagliata quanto affascinante. Galeotto fu per lui il carcere, e non è un gioco di parole. E’ lì, infatti, che, dopo essere stato condannato a dieci anni di prigione, cominciò a fare da intrattenitore vocale a tutto l’istituto di rieducazione.
Un’esperienza che gli consentì di capire quale fosse la sua strada e di farsi oltretutto notare da un dirigente radiofonico dal fratello carcerato alla ricerca di nuove idee per la propria stazione dagli ascolti sempre in calo. L’idea di un uomo che venisse dalla strada e che parlasse alla gente della turbolenta Washington in maniera diretta e sincera, si rivelò vincente e portò ad una sempre maggiore amicizia tra il deejay e il suo mentore, Dewey Hughes.
E’ proprio su questo rapporto che si concentra il film biografico diretto dalla regista ed ex-attrice Kasi Lemmons. Il mistero della personalità di Petey, il suo essere scostante e spesso contraddittorio, il suo genio e i suoi momenti bui, ossia tutte quelle caratteristiche peculiari degli artisti, sono viste attraverso il filtro di Hughes. E’ dal loro incontro che il film inizia ed è con il saluto di uno all’altro che finisce. Nel mezzo la capacità di Petey di diventare predicatore verso le masse e di muovere la coscienza e lo spirito dell’amico verso una maggiore sicurezza di sé ricevendo viceversa i giusti stimoli per un’esistenza più umile e razionale.
Certo, poco dei risvolti sociologici che la figura di Petey ebbe sui cittadini di Washington dell’epoca possiamo capire e legare a nostre pregresse conoscenze, e questo nuoce un pò al godimento del film.
Certo è che la constatazione che il cinema americano stia sempre più evocando gli anni della guerra in Vietnam, di Martin Luther King e delle battaglie per una reale parità razziale, non può non essere inquadrata all’interno di una necessità di voler parlare dell’oggi ma con lo sguardo rivolto a "ieri". In questo caso il tono è leggero, spesso ironico, e soprattutto si avvale di un Don Cheadle fantastico. Chi avrà la fortuna di gustarselo in originale, recuperi poi su youtube i video di Petey Greene per un confronto.

La frase: "Ho bisogno di te per dire le cose che ho paura di dire io".

Andrea D’Addio

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