The Burning Plain - Il confine della solitudine
Alla sua prima esperienza da regista, lo sceneggiatore messicano Guillermo Arriaga, nominato agli Oscar per "Babel", ci regala un film commovente, denso di sentimento ed emotivamente coinvolgente.
La pellicola comincia con una roulotte in fiamme, nella vastità del deserto del New Mexico, dove due amanti clandestini raggiungono l’eternità del loro amore, per poi passare alla piovosa Portland dove una donna dallo sguardo triste gestisce un ristorante con più cura di quanto non faccia con la sua stessa vita. Ancora in New Mexico un ragazzo che seppellisce suo padre, mentre alza la terra dell’ultimo saluto, incontra lo sguardo di una ragazza che di recente ha perso sua madre, mentre in un campo di sorgo un piccolo aereo precipita davanti agli occhi di una bambina innamorata del suo papà.
Quattro storie, apparentemente separate tra loro, ma fortemente incatenate, attraverso lo spazio e il tempo, e attraverso i quattro elementi, fuoco, acqua, terra e aria, chiave di lettura e filo conduttore di tutto il film. Ciò che si scopre man mano che gli eventi procedono nella narrazione, è che le storie raccontate sono le stesse, ma viste in tempi diversi e dalla prospettiva di ogni singolo protagonista. L’evento è solo uno: la tragedia, ed è quello che l’ha determinata e ciò che poi ha causato a costruire tutto il film. Come dice lo stesso Arriaga, quando qualcuno racconta la storia della sua vita lo fa sempre senza un filo logico ben preciso, passando qua e la attraverso i fatti e il tempo, senza ordine. Ed è in questo modo che il regista ha voluto raccontare il dramma di una donna, il rapporto con sua madre prima, e con sua figlia poi, il disagio e desiderio di scappare da se stessa. E ci riesce pienamente, aiutato da un cast veramente eccezionale che esprime a fondo e ritrasmette allo spettatore tutti i sentimenti e le emozioni.
Perfetta nel suo ruolo Charlize Theron, che già in "Monster" aveva dimostrato la sua crescita professionale, qui la riconferma e se possibile la rende ancora più solida, così come Kim Basinger, che da al suo personaggio allo stesso tempo una fragilità e una forza che solo l’esperienza e il talento possono permettere. Le due splendide attrici, che hanno iniziato la loro carriera ottenendo dei ruoli più per la bellezza che per la bravura, sono l’espressione di un Cinema femminile che va sempre più staccandosi dal clichè della pin up che mette in mostra le sue grazie, per dare spazio, finalmente alla recitazione, e all’interpretazione, rendendo i personaggi più simili alla realtà. Le due giovani protagoniste di questo film, Jennifer Lawrence e Tessa Ia, dimostrano di voler seguire le orme delle colleghe più note, mostrando una concentrazione ed un impegno che si trasformano in un’eccellente prova recitativa.
Altro protagonista importante del film è il paesaggio, l’ambiente che circonda i personaggi, e che ne determina i caratteri, i sentimenti, gli umori, e che permette, grazie all’abile fotografia di Robert Elswit e John Toll, di trasmettere allo spettatore, tutta la gamma di emozioni che la storia racconta: la paura, il senso di colpa, la possibilità di una seconda opportunità, la redenzione attraverso l’amore.
La scelta narrativa di mischiare passato e presente rende la pellicola coinvolgente, e grazie ad un montaggio perfettamente eseguito, i frammenti di vita dei protagonisti uniti in modo quasi disordinato, contrariamente a quanto si possa pensare, rendono il film scorrevole ed avvincente, tanto che non si fatica ad immedesimarsi nei personaggi e seguire la loro crescita anagrafica ed interiore.

La frase: "Ho sempre avuto paura di me stessa, ma ora non posso più scappare".

Monica Cabras

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