De reditu - Il ritorno
Colpisce che in pieno revival di peplo film hollywoodiani, qualche anima coraggiosa si periti di realizzare - e di produrre - un film come "De reditu" ("Il ritorno" traducendo dal latino).
Lo ha fatto lo scrittore e regista (nel 2000 realizzava "L'educazione di Giulio") Claudio Bondì, mettendo in scena un'opera colta che affronta un periodo della storia antica con la giusta dose di realismo ed introspezione.
"De reditu" è la cronaca del viaggio che Rutilio Namaziano, ex praefectus Urbi, compie per tornare da Roma alla sua Gallia, per mare perché le vie consolari sono disastrate ed insicure. Siamo infatti all'inizio del Vº secolo, all'indomani del sacco di Roma ad opera dei Goti di Alarico. Rutilio - interpretato da Elia Schilton - decide di affrontare il pericoloso viaggio nel tentativo di riunire uomini ed armi al fine di ribaltare il governo di Ravenna, emblema della crisi in cui è sprofondato l'Impero Romano. Molte sono le riflessioni che muovono Rutilio, ma la principale è la constatazione dell'ormai totale conquista del potere, tanto temporale quanto spirituale, della religione cristiana, rea, secondo Rutilio, di aver affondato qualsiasi possibilità di rinascita da parte dell'Impero (peraltro, uno dei maggiori storici dell'impero romano, l'inglese Edward Gibbon, scriveva cose simili mille e trecento anni dopo). Il viaggio di Rutilio, quindi, non è soltanto un navigare in un mare nostrum verso Nord, ma rappresenta la definitiva consapevolezza dell'irreversibile crisi del vecchio Stato e soprattutto delle coscienze dei singoli. È ciò che Rutilio apprende dall'indifferenza - se non dal tradimento - di coloro ai quali si rivolge sperando in un aiuto almeno morale. È ciò che Rutilio scorge negli occhi dell'amico Protadio (un commovente Roberto Herlitzka) quando si lascia morire in una vasca, scegliendo il suicidio all'impegno ed alla lotta.
Bondì ricostruisce attentamente gli stati dei luoghi dell'epoca riuscendo a restituire la sensazione di desolazione ed isolamento che doveva ammantare quegli anni. Il film - girato sulle coste ioniche della Calabria - è girato con buona tecnica dal regista romano che impatta, però, nella recitazione non sempre convincente di alcuni interpreti che appaiono troppo ingessati nei loro ruoli a causa, forse, anche della eccessiva letterarietà dei dialoghi che certo non permettono un'eccessiva disinvoltura. D'altronde il film è volutamente letterario e, a mio parere, squisitamente colto. Certamente apprezzabile da chi non disdegna ascoltare frasi del tipo: "Un solo Dio per la ragione, molti per l'immaginazione"

Daniele Sesti

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