Il viaggio verso le Gallie di Rutilio Namaziano è oggetto di quest'opera affascinante di Bondì. Un film intenso, interessante, ben sviluppato, piuttosto lento ma mai noioso, intrigante e di buon respiro. L'opera, tuttavia, presenta alcuni piccoli nèi che, va detto, non pregiudicano un giudizio, nel complesso, assolutamente positivo. In primo luogo, la figura del protagonista, benchè ben interpretata, è impersonata da un attore che a mio giudizio non riesce, per "fisico" es espressività, a conferire grande spessore emotivo al personaggio. Rutilio Namaziano, insomma, in questo film non entrerà nei nostri cuori, non ci emozionerà nè ci affascinerà. Il barbaro parlante toscano, poi, benchè scelta chiaramente voluta, appare del tutto fuori contesto (ma sto vedendo De Reditu oppure 2061 di Vanzina?). Per non parlare dello scialbo scontro tra gladiatori o, in certi momenti, di una regia un pò legnosa e poco fluida. Ma, ripeto, nel complesso la pellicola merita una visione e senza dubbio è destinata a piacere a chi, dal cinema, vuole apprendere qualcosa di nuovo e sa apprezzare il coraggio di chi è capace a suscitare interesse.
Ho visto questo film recentemente, interessandomi più che altro per studio e piacere di conoscenza alla storia "tardo antica" come si dice ora, o del basso impero, come si diceva una volta. Il film non ricostruisce esattamente la storia di Rutilio, certamente nel suo viaggio non c'erano intenzioni di far organizzare una rivolta, ma solo la disperata descrizione geografica e umana di quanto incontrò nel suo cammino. Ed è lecito supporre sia giunto a destinazione, certamente ha superato Luni, visto che sono stati, anni fa, rinvenuti 39 versi mutili che proseguono il viaggio fino ad Albenga. Altri errori sono quelli di usare nomi come centurione e pretorio, se inteso come pretoriani, i quali non esistevano più da cento anni. Tuttavia il film merita di essere visto per il messaggio che manda,che ben rappresenta, credo grazie all'utilizzo di parte del Ritorno in versi nella sceneggiatura, che cosa un pagano del V secolo poteva vedere di quel mondo classico, un tempo potente e ora in completo sfacelo, con nemici esterni, ed interni, ma soprattutto senza più energie. I revisionisti storici (ci sono anche per quei periodi), sostengono che non ci fu né declino, né crisi, e neppure caduta dell'impero. E quanto di negativo traspare chiaramente dalle fonti sarebbe frutto di un'operazione ideologica pagana avversa al nuovo impero cristiano. La realtà dei fatti però è che un abisso separava lo scintillante mondo classico dallo sventurato mondo alto medievale che si profilava ormai prossimo all'orizzonte. La figura del cavaliere, vecchio con una lunga barba bianca, una logora tunica con laticlavio e corazza muscolata da legato o tribuno, ormai opaca, danno il segno della corruzione irreversibile dei tempi.
Del resto lo stesso potere imperiale, abbracciando ormai totalmente il cristianesimo, le concezioni orientali e assolutistiche del potere, il lusso sfrenato, il moralismo di facciata unito a crudeltà e perversioni, arruolando in bassa barbari riducendo i cittadini a sudditi schiavi della terra buoni solo a pagar le tasse per pagare i barbari; e infine nel film i ridicoli, quanto scintillanti catafratti, ma altrettanto alieni alla tradizione militare romana della fanteria legionaria, tutto questo non farà che accelerare il processo.
Non manca molto quando anche quel vecchio, scomparendo non potrà accendere più il suo fuocherello, e il nuovo avrà definitivamente soppiantato il vecchio, e non è detto sia migliore. Probabilmente anzi, a parte il punto di vista squisitamente cristiano s'intende, ciò che avrebbe atteso l'Europa nei mille anni successivi fu molto più sconvolgente di quanto una persona dell'età di Augusto potesse ragionevolmente immaginare per il futuro.
Ma è proprio per ciò che occorre andar vedere questo film... Lo consigliò un mio amico che ancor oggi ringrazio.
Un film colto.
E di questi tempi, scusate se è poco.
Il viaggio di Rutilio è uno scoprire continuo di stati d'animo e situazioni politiche,tutto trattato con delicatezza e poesia.Viaggio in un impero in decadenza pervaso dalla paura,dal sospetto,dalla violenza,dalla tristezza e dalla rassegnazione all'ineluttabile.Film lontanissimo dalla concezione stereotipata del peplum classico qui si vive e si sente la realtà di quello che accade al protagonista
Uno dei film piu' belli che abbia mai visto.
credo anche per merito del testo latino, e' pieno di riflessioni poetiche e di raffinata eleganza.
ho trovato bellissima l'ambientazione: non si scorgono elementi moderni e percio' l'illusione di vedere dei paesaggi dell'eopca e' completa.
l'altra cosa che mi e' piaciuta di piu' e' la sensazione di stanchezza, decadenza, sfiducia che il film riesce a trasmettere, esattamente quello che ho sempre immaginato leggendo nella storia romana le vicende della caduta dell'impero.
perfetta in questo senso la conclusione con i cavalieri mandati da ravenna, agghindati con lustrini e specchi: il vecchio mondo muore con indosso la maschera di un pagliaccio.
e' molto forte la sensazione che resta dentro che ci troviamo a vivere tempi molto simili a quelli di allora: nel 2050 l'italia avra' 40 milioni di abitanti, per il 60% ultrasessantacinquenni.
il declino, la caduta, la morte, la stanchezza, la rassegnazione.