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Dopo Mezzanotte

Opinioni presenti: 76
Media Voto: Media Voto: 7 (7/10)

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(10/10) Voto 10di 10

Dopo i "tre colori"pieni, rotondi, classici di Kieslowski ecco il film "virato". Davide ferrario ripercorre le strade del metacinema smussando le antinomie tra gli elementi roteanti, perni di un congegno a scatti, della storia di quella "invenzione senza futuro". Sposa la fotografia digitale, contrastata e variopinta, alla magia bianca e abulica di Torino, indagata dalla voce di Silvio Orlando. La storia di un triangolo amoroso, eternata da sostituzioni e accostamenti bizzarri con i fantasmi in carne ed ossa del cinema muto, viene estesa, deformata in in usuale quadrilatero, ridotta in cenere evanescente, come "tutte le storie". Il narratore, menestrello assonnato ed epicamente dialettale, supplisce al mutismo del protagonista(Giorgio Pasotti), sagoma dello stupore incastonata nelle pellicole di cui si nutre. Martino, custode notturno del Museo del Cinema, si anima nell'irrealtà colorata e incessante di un'enorme edificio; crea lui stesso,fuori dal tempo, filmati in cui abbraccia estasiato la modernità trasfigurandola, rivivendone gli aspetti magici e accomunabili a quei film "primitivi". Si innamora in modo "keatoniano" di una ragazza vivace(Francesca Inaudi),ciarliera e scattante, con la quale condivide in parte le movenze clownesche. Ne investe la vita, frantumandone la banale complessità. Ma non sarà lui a intagliare il finale della storia, triste e necessario, nell'oblò circolare che si stringe sull'ultima scena.



Psicodecomposta, 99 anni, Roma.




Stupendo

(10/10) Voto 10di 10

Finalmente un bel film italiano! bravi gli attori, sceneggiatura bellissima , esecuzione perfetta con pochi mezzi, accuratissma nei particolari



Elena, 70 anni, Roma (RM).




Dalla parte del pubblico e, perchè no?, del regista...

(1/10) Voto 1di 10

Soldi pochi ( e si vede) attori in linea con i soldi, individuazione iniziale e finale di una possibilità narrativa forte e ampiamente dibattuta dalla letteratura di ogni tempo (le storie servono per sedersi, Erri de Luca) il film con una fotografia stentata inquadrature spesso infelici corpi scadenti contro la voce (Silvio Oraldno) bella, gioca la carta del bianco e nero ricolorato. Il regista con così poco a disposizione avrebbe dovuto avere la bacchetta magica a disposizione e invece...Comunque dire che è un bel film è una provocazione intellettualoide che, francamente, lascia il tempo che trova... anche perchè niente è tentato fino in fondo e l'occhio si strizza sempre e comunque alla fiction o a quello che altri (Nuovo Cinema Paradiso) hanno fatto con fondi e e siti diversi. Questi film un po' presuntuosi, ma fondalemntalmente fatui non giovano al rilancio di una cinematografia, la nostra, che pure dà segni di rinascita. Se questo è un sogno, preferisco la realtà.



Maria Laura, 52 anni, Macerata (MC).




Al museo del cinema

(8/10) Voto 8di 10

Esiste un "luogo" dove finzione e realtà, tecnica e arte, nuovo e antico, si mescolano inestricabilmente, si fondono e si distinguono, proprio come nella vita: esso è il cinema. Ed esiste poi un luogo fisico, in una città d'Italia, dove è conservata memoria ricchissima di documenti di ogni tipo di quest'arte recente, "invenzione senza futuro" (!) secondo i fratelli Lumière. Si tratta di uno strano museo - non museo, posto in un contenitore che a suo tempo fu anch'esso una sfida tra concretezza e immaginazione: la Mole Antonelliana a Torino. Attorno a questi due poli ruota l'ultimo film di Davide Ferrario, atto d'amore appassionato verso il cinema, ma condotto con leggerezza e discrezione, tipico di un amante attento e non invadente. In uno dei personaggi principali certo il regista si è riconosciuto e rappresentato, affidando il messaggio più che alle parole (pochissime sono le battute di dialogo dell'interprete) a una delicata simbiosi di Martino col luogo nel quale lavora e in cui si è trasferito anima e corpo. Va però detto che il film è anche altra specie d'amore, ad esempio quello che lega i quattro ragazzi protagonisti o quello per Torino, della quale si coglie l'essenza, con spazi solenni e particolari o buie e stranianti periferie, quasi un personaggio aggiunto ai principali. Dal punto di vista del linguaggio Ferrario sceglie un ritmo alternante e sincopato, ora lento ora accelerato, ad imitazione dei tempi del cinema muto, di cui frequenti sono le citazioni. La fotografia spesso chiaroscurata è essenziale, i colori sfumano dal blu al grigio, riscaldandosi d'intimità negli interni del museo antonelliano. Ritorna. come in "Tutti giù per terra" del 1997, la voce fuori campo (Silvio Orlando) nonché l'attenzione e cura verso i personaggi minori. Tutta in digitale, l'opera è ricchissima in reminiscenze, da quelle funzionali all'intreccio come i brani da Buster Keaton e da G. Pastrone a quelle, meno evidenti, da Moretti e Benigni. La storia è leggera senza essere superficiale, perché l'autore riesce a fondere note drammatiche, ironiche, generazionali, sperimentali con mano abile e divertita, senza premere eccessivamente su nessun elemento dell'insieme. In questa operazione Ferrario è stato coadiuvato da una troupe di giovane attori non soggetti ad usura e a loro agio nel ruolo, nonché dallo scenario insolito (il museo), cuore del racconto con le sue pareti mobili, l'archivio, le scale, gli angoli bui, la cuspide da cui si domina la città. In tale piccolo mondo a parte si muove Martino, un taciturno e sensibile Giorgio Pasotti, il quale è il custode notturno del museo. Egli ne approfita per proiettarsi ogni notte spezzoni di vecchi film, identificandosi coi personaggi, vivendo altre dimensioni e dando realtà alle sue immaginazioni e ai suoi sentimenti più nascosti. Una sera Amanda (Francesca Inaudi), giovane commessa in un fast-food si rifugia nella Mole per sfuggire alla polzia che la ricerca e da qui inizia la "dolce" storia.



Olga, 50 anni, Perugia (PG).




Che delizia!

(10/10) Voto 10di 10

Un atto d'amore per il cinema. un piccolo film delizioso, che con dolcezza e ironia ci consola. teniamoci stretti i sogni e la fantasia, e forse troveremo anche il senso della vita, e l'amore. commovente la sequenza del filmino girato da martino sulla falsariga di quelli del primo novencento, come atto d'amore per amanda.



Rossella, 48 anni, Padova (PD).





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