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Autore BLUE di Derek Jarman
AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 17-08-2006 19:45  
quote:
In data 2006-08-17 19:16, Cronenberg scrive:
Anche per me sono date per acquisite: inseparabili. Io pongo il problema solo a posteriori (come concordavamo: "che cosa ho visto e se ho visto"), terminato lo spettacolo, resta la vita.
Questo è uno dei pochi casi in cui Un messaggio che resta indissolubilmente legato ad ognuno di noi, e cambia in qualche modo la prospettiva da la dimensione dell'arte a mio avviso si fa dimensione della mediazione di un messaggio umano. cui si osservano le cose. Per me è uno dei pochi esempi in cui non si ritrovano ripetizioni o somiglianze estetiche nella vita di tutti i giorni, stile "ce l'hai con me??" (Toro scatenato), ma l'imabattersi improvviso in situazione come la morte, ed il suo azzeramente di immagini. Questo è il grande insegnamento che Jarman ci ha donato secondo me, quasi oltre il cinema e la vita(inseparabili).




"terminato lo spettacolo, resta la vita"

Questa separazione tra spettacolo (detto così sembra riduttivo, un po' come sminuire la portata dello "spettacolo" artistico) e la vita non esiste, non può esistere allorchè si sceglie di rappresentare l'una cosa con l'altra (entità INSEPARABILI); mi sembra una contraddizione. Inoltre, "terminato lo spettacolo resta la vita" ( ma, "no hay banda!" ... i "percorsi" della coscienza e dell'ES, della vita e dell'arte, sono sempre impervi ed insidiosi, mai definitivi, mai lineari e piani, consolatori, sono INSEPARABILI, a volte "mortalmente", cronembergianamente, inseparabili) ma è grazie allo spettacolo che riesci ad aver forte sentore di quella vita di cui parli e su cui concentri le tue migliori risorse e pulsioni psichiche e sentimentali. Umane. Dunque, dovremmo ringraziare la potenza dello "spettacolo". Mi sembra che tu confonda l'esperienza di vita reale, vissuta (ho già detto al riguardo), con la sua rappresentazione artistica. Quella a cui ti affidi, che ti è dato fruire, di cui poi in qualche modo cerchi di ridimensionarne l'effettiva portata.

Nipote - ora farò ricorso alla mia autorità costituita!! - basta con le pippe mentali!

_________________
"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Buñuel

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 17-08-2006 alle 19:48 ]

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 17-08-2006 20:44  
quote:
In data 2006-08-17 19:45, AlZayd scrive:
quote:
In data 2006-08-17 19:16, Cronenberg scrive:
Anche per me sono date per acquisite: inseparabili. Io pongo il problema solo a posteriori (come concordavamo: "che cosa ho visto e se ho visto"), terminato lo spettacolo, resta la vita.
Questo è uno dei pochi casi in cui Un messaggio che resta indissolubilmente legato ad ognuno di noi, e cambia in qualche modo la prospettiva da la dimensione dell'arte a mio avviso si fa dimensione della mediazione di un messaggio umano. cui si osservano le cose. Per me è uno dei pochi esempi in cui non si ritrovano ripetizioni o somiglianze estetiche nella vita di tutti i giorni, stile "ce l'hai con me??" (Toro scatenato), ma l'imabattersi improvviso in situazione come la morte, ed il suo azzeramente di immagini. Questo è il grande insegnamento che Jarman ci ha donato secondo me, quasi oltre il cinema e la vita(inseparabili).




"terminato lo spettacolo, resta la vita"

Questa separazione tra spettacolo (detto così sembra riduttivo, un po' come sminuire la portata dello "spettacolo" artistico) e la vita non esiste, non può esistere allorchè si sceglie di rappresentare l'una cosa con l'altra (entità INSEPARABILI); mi sembra una contraddizione. Inoltre, "terminato lo spettacolo resta la vita" ( ma, "no hay banda!" ... i "percorsi" della coscienza e dell'ES, della vita e dell'arte, sono sempre impervi ed insidiosi, mai definitivi, mai lineari e piani, consolatori, sono INSEPARABILI, a volte "mortalmente", cronembergianamente, inseparabili) è grazie allo quello che riesci ad aver forte sentore di quella vita di cui parli e su cui concentri le tue migliori risorse e pulsioni psichiche e sentimentali. Dunque, dovremmo ringraziare lo "spettacolo". Mi sembra che tu confonda l'esperienza di vita reale, vissuta (ho già detto al riguardo), con la sua rappresentazione artistica. Quella a cui ti affidi e che poi in qualche modo cerchi di ridimensionarne l'effettiva portata.

Nipote - ora farò ricorso alla mia autorità costituita!! - basta con le pippe mentali!


Capisco cosa intendi ma come ho già specificato ho una concezione di "inseparabilità" legata ad arte ed humanitas diversa dalla tua. Ciò che voglio dire è che l'insegnamento duraturo, eterno, infinito e continuo di Blue, del cinema e dell'arte quindi, e dell'umanità, si imbatte prima o poi nella coscienza. In quell'antro cioè dove l'uomo comprende la condizione disperata dell'uoomo e dell'arte, indissolubilmente legati, ma intraducibili nel linguaggio della coscienza stessa. Dove tutto assume un significato reale. Il mezzo è il sogno (arte, condizione umana) ma il sogno è reale e noi ne siamo dentro, e quando ne siamo dentro per noi quello è realtà. Dico che Blue è il punto di partenza del cinema e dell'umanità e il suo punto di arrivo. Entrambi i punti poi uniti a creare un cerchio. Al di là di questo cerchio vi è la coscienza. E il suo linguaggio intraducibile, che non si fa portatore di cinema e umanità quando di fronte ha un caso umano, in ospedali e in luoghi che ci capita di frequentare. Al di là di questo cerchio ci imbattiamo con la realtà più dura, come Jarman con la sua malattia. In seguito è una scelta e un progetto apprezzabile quello di realizzare un film su questo o di scriverne un libro, ma questo fà già parte del processo artistico di cui stiamo parlando e su cui di massima concordo.
Io non riesco a vedere il dramma di Jarman all'interno di Blue perchè in realtà non lo rappresenta ma lo media. Per questo penso che sia tutto all'interno del calderone 'cinema', ma nello stesso tempo no. E questo a mio avviso viene ribadito dalle immagini che noi vediamo: il blu, e quello che lui non ha mai visto: lo stesso blu. Vita e cinema sono inscindibili, bene! Però la condizione di Jarman non viene rappresentata, ma è il film che ci sensibilizza ad affrontare una ricerca di immedesimazione in questa condizione, che è tutta carnale e di degrado fisico, il vero punto di approdo della vita di Jarman. E forse l'inizio di Blue.
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La ragione è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie

René Descartes

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 17-08-2006 20:56  
quote:
In data 2006-08-17 19:45, AlZayd scrive:
quote:
In data 2006-08-17 19:16, Cronenberg scrive:
Anche per me sono date per acquisite: inseparabili. Io pongo il problema solo a posteriori (come concordavamo: "che cosa ho visto e se ho visto"), terminato lo spettacolo, resta la vita.
Questo è uno dei pochi casi in cui Un messaggio che resta indissolubilmente legato ad ognuno di noi, e cambia in qualche modo la prospettiva da la dimensione dell'arte a mio avviso si fa dimensione della mediazione di un messaggio umano. cui si osservano le cose. Per me è uno dei pochi esempi in cui non si ritrovano ripetizioni o somiglianze estetiche nella vita di tutti i giorni, stile "ce l'hai con me??" (Toro scatenato), ma l'imabattersi improvviso in situazione come la morte, ed il suo azzeramente di immagini. Questo è il grande insegnamento che Jarman ci ha donato secondo me, quasi oltre il cinema e la vita(inseparabili).



Nipote - ora farò ricorso alla mia autorità costituita!! - basta con le pippe mentali!

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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Buñuel

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 17-08-2006 alle 19:48 ]

Nessuna pippa mentale zio! Perdonami.. Come tra zio e nipote è difficile accettare che l'uno voti il partito opposto a quello dell'altro, o tifi l'altra squadra di calcio della città, qui è inqualificabile il fatto di avere due concezioni diverse del Blue jarmaniano!
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René Descartes

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Ahsaas

Reg.: 18 Apr 2006
Messaggi: 779
Da: Parma - India (es)
Inviato: 17-08-2006 23:06  
io so solo che sto film qua non lo vedrò mai.

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 18-08-2006 09:03  
quote:
In data 2006-08-17 23:06, Ahsaas scrive:
io so solo che sto film qua non lo vedrò mai.

E fai male.. ascoltalo almeno

Comunque grazie per il puntuale trasferimento dei posts
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René Descartes

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 18-08-2006 15:00  
Caro zio Peppe, facendo alcuen ricerche sul web a proposito di Yves Klein, un pittore del "Nouveau réalisme" che realizzò la famosa "Monochrome bleu", che trova grandi affinità con l'opera di Jarman, ho trovato delle osservazioni del pittore stesso davvero illuminanti. Te le riporto, e diciamo che traducono totalmente il mio pensiero:

L'opera

Il pittore dell’immateriale: "I miei quadri sono le ’ceneri’ della mia arte." L’opera di Yves Klein rappresenta uno tra i gesti più radicali entro la prassi artistica di questo secolo. Con una drastica riduzione negli strumenti individuali di espressione, formulò la monocromia quale unico atto pittorico rivolto a una progressiva dissoluzione non solo della figurazione ma dell’opera d’arte stessa.

Klein non approdò peraltro al monocromo attraverso la pittura, approdò piuttosto alla pittura e all’arte attraverso la monocromia quale corrispondente visuale di una propria mistica, intendendo l’espressione del colore puro come trascendenza dal mondo fenomenico:"la monocromia - ha scritto - è la sola maniera fisica di dipingere che permette di raggiungere l’assoluto spirituale"

"Sono giunto a dipingere il monocromo [...] perché sempre di più davanti a un quadro, non importa se figurativo o non figurativo, provavo la sensazione che le linee e tutte le loro conseguenze, contorno, forma, prospettiva, componevano con molta precisione le sbarre della finestra di una prigione." Ma anche due soli colori su una stessa tela secondo Klein forzerebbero "il lettore a non entrare nella sensibilità, nella dominante, nell’intenzione pittorica" obbligandolo ad assistere "sia allo spettacolo del combattimento tra questi due colori, sia a quello della loro perfetta intesa."

"Il periodo dei monocromi blu è stato il frutto della mia ricerca dell’indefinibile in pittura [...] le mie esperienze monocrome effettuate con altri colori oltre al blu non mi hanno mai fatto perdere di vista la verità fondamentale dei nostri tempi, ovvero che la forma non è ormai più un semplice valore lineare ma un valore di impregnazione".

"Un pittore deve dipingere un solo capolavoro: se stesso, costantemente, e divenire una sorta di pila atomica, una sorta di generatore a irraggiamento costante che impregna l’atmosfera di tutta la sua presenza pittorica fissata nello spazio dopo il suo passaggio."

"Con questo tentativo desideravo creare, stabilizzare e presentare al pubblico uno stato pittorico sensibile nei limiti di una ordinaria sala espositiva di pittura. In altri termini creare un ambiente, un clima pittorico invisibile ma presente. [...] Nello spazio della galleria questo stato pittorico invisibile deve essere in ogni punto, [...] [come] irraggiamento invisibile e intangibile, questa immaterializzazione del quadro deve agire, se l’opera di creazione riesce, sui veicoli o corpi sensibili dei visitatori all’esposizione con molta più efficacia dei quadri ordinari visibili e solitamente rappresentativi, che siano figurativi o non figurativi, o anche monocromi."

un processo esattamente inverso all’atto pittorico o linguistico tradizionale che esprime una concezione vicina all’enunciato buddhista della vacuità: la forma non differisce dal vuoto, il vuoto non differisce dalla forma, la forma pertanto è vuoto, il vuoto pertanto è forma, lo stesso vale per sensazioni, percezioni, impulso e coscienza
Scrive Klein: "Io cerco [...] di creare nelle mie realizzazioni questa ’trasparenza’, questo ’vuoto’ incommensurabile in cui vive lo spirito permanente e assoluto liberato da tutte le dimensioni (11)".

"L’artista del futuro non sarà quello che, attraverso il silenzio, ma eternamente, esprimerà una pittura immensa alla quale mancherà ogni nozione di dimensione?"

"Cooperare vuol dire unire la propria azione a quella degli altri in vista di uno scopo da raggiungere, lo scopo per il quale io propongo la cooperazione è l’arte. Nell’arte senza problematica si trova la fonte di vita inesauribile per la quale, se siamo dei veri artisti liberati dall’immaginazione trasognante e pittoresca del dominio psicologico che è il contro-spazio, lo spazio del passato, noi arriveremo alla vita eterna, all’immortalità. L’immortalità si conquista insieme, è una delle leggi della natura dell’uomo in funzione dell’universo. [...] propongo in effetti di superare l’arte stessa e di lavorare individualmente al ritorno alla vita reale, quella in cui l’uomo pensante non è più al centro dell’universo, ma l’universo al centro dell’uomo. [...] penso che l’Occidente europeo comprenderà il valore della nostra impresa immaterializzante in tempo per vivere senza tardare nel vergine, nel perenne, nella bellezza oggi."

questo l'articolo completo

In queste affermazioni è contenuta la mia concezione di Blue: arte e invito a "superare l’arte stessa e di lavorare individualmente al ritorno alla vita reale, quella in cui l’uomo pensante non è più al centro dell’universo, ma l’universo al centro dell’uomo."
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René Descartes

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 19-08-2006 01:57  
Nipote, quante correnti artistiche (pittoriche/figurative e non) novecentiste (e non) cercarono ed ancora cercano, a volte riuscendovi, altre meno, una strada alternativa che conduca ad "un processo esattamente inverso all’atto pittorico o linguistico tradizionale"? Tante. Tutte queste correnti più o meno spurie, più o meno geniali, isolate, nel rivendicare spesso la propria originalità, o primogenitura, o unicità, finiscono per confluire in un unico correntone, per così dire, che sfocia in un unico grande e variegato mare che si chiama: "processo esattamente inverso all’atto pittorico o linguistico tradizionale". E' vero inoltre che ogni artista tende a ciò, a confrontarsi con l'increato, anche se non dichiaratamente, anche senza intellettualizzare la propria più o meno cosciente intenzione. Vale anche che un insieme di "processi esattamente inversi all’atto pittorico o linguistico tradizionale", sono destinati a diventare convenzione (che non è una parolaccia), a tornare nel caldo ventre della tradizione (che non è una parolaccia). Inutile citare nomi, correnti ed opere, dovremmo partire, a dir poco, da Caravaggio, il quale, in quanto a scardinare l'ordine costituito delle regole, tecniche e "filosofie" artistiche tradizionali (lo stesso Jarman insegna) la sapeva parecchio lunga. Caravaggio, dunque, che è dentro la tradizione, per convenzione, pur seguitando a restarne fuori. E' così per tutti i geni. Molto suggestivo lo scritto che posti, dovrei rileggerlo con maggior attenzione, facendo lo slalom gigante tra gli "intellettualismi" in eccesso, ma per me la questione, ai fini di questa nostra discussione, si riduce in questi termini: solo all'interno dell'arte figurativa è possibile tentare "un processo esattamente inverso all’atto pittorico o linguistico tradizionale". Ma di questo abbiamo già parlato. S'illude l'artista che pur agendo entro gli SCONFINATI territori dell'arte crede di fare "altro", o di agire "altrove". Di fare cosa? e dove? e, soprattutto, perchè? Impossibile.
Tu sostieni: "Dico che Blue è il punto di partenza del cinema e dell'umanità e il suo punto di arrivo". Ma concordo, se ho ben capito, perchè cinema (arte) e umanità (vita) sono la stessa cosa, inseparabili, e dove tuttavia - sono con Oscar Wilde - "è la vita che cerca di imitare l'arte e non viceversa". E' la profonda umanità dell'arte che trasfigura la prosaicità della vita, e la vita se ne avvantaggia. Se l'umanissima vicenda di Jarman non fosse passata attraverso il poetico medium trasfigurante dell'arte, sarebbe rimasta sul piano prosaico (per quanto efficacissimo, discreto o violento, in ogni caso toccante) dello speciale TV. Avresti potuto ugualmente provare la stessa identica emozione attraverso un altro canale dell'informazione, ma così non è stato, la tua emozione l'hai provata guardando Blue, con il cinema, con un film, d'arte per alcuni. Dopodichè puoi andare oltre, approfondire la questione, osservarla da altri punti di vista (è anche questo lo scopo - tra gli ultimi a dire il vero... - dell'arte: sensibilizzare; quantunque chi per certe cose possiede una spiccata sensibilità non ha bisogno dell'arte che mira ben più lontano), ma lo straordinario carico di linguaggi e significati (con e senza "meta") artistici ed unami (inseparabili) di cui Blue, cinema d'arte, si fa portatore, per favore non puoi ridurli a mero strumento della presa di coscienza. Le ragioni dell'arte son ben più nobili, o, come già ipotizzato, più insidiose e impresclutabili. A me sembra che tu tenda a banalizzare questo aspetto.
A questo punto, caro Davide, ci stiamo ripetendo, la discussione è interessantissima ma temo di non aver molto altro da aggiungere, anche perchè rischimo di sclerotizzarci sugli stessi concetti. Ci vorrebbe qualcuno con qualche idea fresca di giornata disposto a spezzare questo "perverso" arco voltaico.



[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 19-08-2006 alle 02:04 ]

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 19-08-2006 08:58  
Ma solo nella nostra famiglia si affrontano discussioni a tal punto interessanti..

Insomma sì, ormai abbiamo compreso appieno le nostre vedute. Il potere della sensibilizzazione è forse il più alto che l'arte possa raggiungere e in cui l'arte si può trasformare secondo me, permettendoci al contempo di concepire l'arte stessa, attraverso questa sensibilità. Quindi per me il fatto che Blue compia questo atto estremo, diventa più importante del fatto che Blue lo faccia attraverso il cinema, con un film d'arte, che è e rimane, e che non sminuisco in nessun modo, anzi aprezzo notevolmente. Detto questo penso che attribuiamo oramai solo una diversa "priorità", una diversa stima ai caratteri di quest'opera, ma conveniamo su quasi tutti quelli elencati in queste pagine.

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L'intelligenza mi nausea.

Bruno Dumont

[ Questo messaggio è stato modificato da: Cronenberg il 19-08-2006 alle 12:53 ]

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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 19-08-2006 13:48  
Scusate se faccio una domanda ingenua...


Ma un'opera d'arte deve anche piacere formalmente perchè possa essere considerata tale?

Lo so, il discorso può sembrare banale, ma io sono stato sempre restio nel considerare alcune opere contemporanea come vere opere d'arte per il semplice fatto che io do(giudizio assolutamente soggettivo visto che non sono un critico d'arte) sempre una forte importanza alla componente estetica(che può essere visiva mma anche sonora per esempio). Considerata la tela blu, che cosa c'è di esteticamente attraente? Nulla. E' un opera priva di una qualsivoglia estetica attraente. E' un prodotto contenutisticamente denso di significati, ma che formalmente non si fa fruire, se non dall'autore stesso che dovrebbe spiegarne i significati. In questo caso il significato è tutto ed il significante non c'è.
Ora, personalmente credo che un opera d'arte non debba scindere i due aspetti sopra citati. Significante e significato debbono coesistere per redere fruibile l'opera a chi effettivamente la osserva. Altrimenti che senso avrebbe?
Recentemente ho avuto modo di ascoltare alcuni brani di musica contemporanea di Stockhausen e ho pensato, istintivamente, "ma che è sta merda?". Questo forse è il caso opposto, dove la forma è elevata all'ennesima potenza, o forse è il contenuto, non lo so. Risulta difficile anche stabilire quale sia l'aspetto prevalente. Cmq non è sicuramente gradevole, non piace e non può piacere. Allora viene considerato un artista perchè compne usando formule matematiche? Che senso ha se non appaga l'udito?

Monochrome bleu non è bella. Cos'ha di esteticamente attraente? Nulla. Per decifrane il contenuto non possiamo far altro che affidarci ad una spiegazione dell'autore stesso. Può essere considerata un'opera d'arte allora? Sicuramente si, ma a me sembra che il critico la faccia diventare tale e non che nasca autonomamente.

..scusate se sono stato poco chiaro, ma ho scritto così..di getto. Qualcuno mi illumina?



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Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
Michael J. Fox
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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 19-08-2006 14:06  
Sono molto pertinenti le tue riflessioni, e le condivido. Penso che sia Monochrome Blue di Klein che Blue di Jarman, private dell'ennunciazione di un significato proveniente direttamente dagli autori (attraverso commenti e spiegazioni l'uno, voce narrante e musiche l'altro) siano di completa inconsistenza fruitiva. Tabule rase ecco. Il nulla, od il tutto. Ma da ciò non si evade. Giusto. Quindi penso che tutto alla fine risalga alla definizione che propongono di arte come di cinema, come concordavo con Peppe: "il punto di partenza del cinema e dell'umanità e il suo punto di arrivo". Questo per definizione è tanto, molto, infinito e incalcolabile. In fondo rappresentazione dell'impossibilità di "comprendere" il tutto dell'uomo, oppure banale suggestione per esso, o ancora rifiuto e denigrazione per un'opera che non vuol dire nulla... Interpretazioni si susseguono copiose, infatti penso che di "Blue" sia maggiormente apprezzabile e comprensibile la condizione dell'autore (malattia terminale, cecità, ecc.) nel momento in cui viene realizzato, come per la Monocromia Blu le osservazioni tratte dall'autore e sopra riportate. In fondo come punti di arrivo e partenza, in fondo come estremi intraducibili razionalmente, occorre fare riferimento alla sensibilità di autori che forse hanno avuto la capacità di 'vedere'... o forse no. Insomma il materiale per interrogarci non manca
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René Descartes

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Bash84

Reg.: 28 Dic 2005
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Da: Ascoli Piceno (AP)
Inviato: 19-08-2006 14:14  
Pensa ad esempio ai "ready made", gli oggetti di vita quotidiana che acquistano valore artistico solo perché decontestualizzati o ricontestualizzati. L'arte concettuale per definizione va oltre il concetto di "mera" bellezza estetica - che sia un bene o un male chi può dirlo - di certo un'opera come Monochrome Bleu è il naturale punto di arrivo del percorso astrattista che parte dai cubisti a Mirò a Klee, Malevic ecc.
_________________
Cosa puoi perdonare ad un essere perfetto?

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 19-08-2006 14:21  
Esatto. Opere che vivono di cooperazione assoluta tra emittente e fruitore. Senza questa verrebbe a cadere la stessa concezione di opera d'arte. Insomma, a mio avviso la corrente di cui si parla richiede necessariamente una reazione del fruitore, capace di motivare perchè il mezzo che lega questi all'emittente possa venire definito 'artistico'.

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L'intelligenza mi nausea.

Bruno Dumont

[ Questo messaggio è stato modificato da: Cronenberg il 19-08-2006 alle 14:22 ]

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Bash84

Reg.: 28 Dic 2005
Messaggi: 446
Da: Ascoli Piceno (AP)
Inviato: 19-08-2006 14:38  
Ma in Blue questa cooperazione è già insita nell'opera, mentre per Monochrome Bleu bisogna supporre... oppure andarsi a leggere come ne parla l'autore.
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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
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Da: roma (RM)
Inviato: 19-08-2006 15:19  
A questo punto il discorso si amplia; abbandoniamo lo specifico di "Blue" (ma quando mai, poverone, abbiamo parlato del film?) per cacciarci in una discussione ancora più isidiosa, ma spero utile.
Ritengo che lo scopo primario dell'arte non sia quello di sensibilizzare il fruitore, bensì quello di agguantarlo tra le sue spire al fine di celebrare e santificare (insieme, l'arte siamo noi...) se stessa. L'arte basta a se stessa, ma suggerisce, non mostra - a quello ci pensa la vita - orizzonti sterminati ed incalcolabili. Chi è in grado di lasciarsi catturare dall'arte, è già "nato" sensibile, pronto a riconoscere in se il germe dell'arte. Per esperienza personale fatta, poteri dire che - si era giovanissimi - quando tra la cerchia di amici ero il solo ad ascoltare musica classica e jazz, spesso qualcuno di loro mi chiedeva di suggerirgli un "metodo" per imparare ad ascoltare... Io gli rispondevo: ascolta la musica, lasciati andare, se ne esci "cambiato", senza sapere perchè, allora sei sulla strada giusta, pronto a lasciarti rincoglionire dal libro stampato e dal saggio... Chi si ostinava invece a voler "studiare", ne usciva fuori più confuso che pria...

Lo scopo dell'arte non è quello di "edificare" le morali (l'etica è un'altra cosa), i messaggi univoci che durano una stagione, mentre l'estetica è immortale (ne parlai altrove, ma non ricordo dove), e pertanto non disposta a farsi corrompere da queste prosaiche e mortali, temporali, speculazioni e convenzioni umane, dietro cui noto più smarrimenti che "progressi".
L'arte è "duende", che non ha nulla a che vedere con l'"angelo" e la "musa" (magari poi posto quel geniale scritto di F. G. Lorca che, aldilà del pretesto saggistico, è puro distillato di poesia, intitolato "Teoria e gioco del duende"). L'arte e il fuoco dionisiaco che brucia in noi. Ogni uomo è diverso dall'altro; ha una sua differente morale, un suo differente punto di "pathos". La vita concorre spesso a frustarne le tensioni artistiche. La vita ha bisogno di morale e convenzioni, l'arte no, ed è per questo che è rivoluzionaria; per questo è osteggiata, quella vera, quella dei "sussurri e grida", dal "potere". Bisognerebbe tornare indietro nel tempo, come minimo ai tempi di Caravaggio, per meglio capire questa "verità". Ma l'arte è più forte della vita. Vince sul trascorre dei secoli e dei millenni.

A mio avviso, Jarman con Blue - e torniamo a bomba - non cercava di sensibilizzare il pubblico con l'aspetto "morale", pietistico, patetico della sua vicenda umana. Per questo c'è il servizio televisivo. Non intendeva "edificare", al contrario, cercava scandalizzare, di coinvolgere i suoi fratelli in "duende", verso un percorso di estasi artistica(impervia, mortuaria, ma profondasmente lirica), attraverso il sublime "artificio" rappresentato dall'arte che vive di luce propria. L'arte è come l'amore. Non amiamo avendo come obiettivo primario il matrimonio e/o la procreazione ("ambizioni" accessorie, automatiche, primitive, direi bestiali, a volte frutto del non amore...) mere; amiamo perchè amiamo il fuoco sacro dell'amore (duende) che ci consuma. Amiamo l'altro essere di opposto o di egual sesso, o il mondo intero, volendo amare noi stessi. In questa consapevolezza che ci libera dalle ipocrisie, il segreto per imparare ad amare realmente. Solo quando siamo capaci di amare noi stessi riusciamo ad amare gli altri. Dunque.., come non amare l'arte che è amore? L'amore non è (sempre)consolatorio, anzi... ne sa qualcosa, che so', Adele H.., che seppur con toni tragici, si è imbevuta di estasi artistica. La vincitrice è e lei, non la vita che "non ha saputo capirla". L'arte è il "medium" che ci permette di comunicare con i morti (ti suggerisco di leggerti questo post di cui sono il curatore.
Ogni volta che vediamo Blue, è un po' come se entrassimo in contatto con lo spirito "disonosiaco" di Jarman. I saggi passano, gli articoli di cronaca, di salute, di costume, società, e pure gli special televisivi. L'arte no, seguita costantemente ad esercitare il suo "potere" senza curarsi delle mode, o "correnti", e del tempo che passa. E' questo Jarman lo sa, ragione per cui affida il suo progetto artistico (che sia umano è automatico) all'arte.



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Cronenberg

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Inviato: 19-08-2006 18:53  
quote:
In data 2006-08-19 14:38, Bash84 scrive:
Ma in Blue questa cooperazione è già insita nell'opera, mentre per Monochrome Bleu bisogna supporre... oppure andarsi a leggere come ne parla l'autore.


Esatto, per questo rientra nella definizione di cinema, altrimenti ci avrebbe preparato un diverso supporto di 'blue' allegato ad una lettura od un audiocassetta. Ma ancora una volta, il cinema come l'arte è uno strumento atto alla consacrazione del messaggio.

Ogni volta che vediamo Blue, è un po' come se entrassimo in contatto con lo spirito "disonosiaco" di Jarman. (cit.)

e tutto questo grazie all'arte, certo, che a questo punto assume una interpretazione privata, come dici, intima. Cattura la sensibilità dello spettatore per riportarci all'estasi artistica che è al contempo processo di consapevolizzazione della condizione esistenziale di un uomo-artista fissata nel tempo. Il potere che in questo caso ha l'arte è innegabile, e quindi il suo potenziale umano e umanizzante, che è capace, a seconda, di fare proprie le corde della sensibilità poetica di ognuno e dargli la forza di rispondere alla provocazione che compie, o di fare proprie le corde della sensibilità umana per rendersi consapevoli di uno stato esistenziale. Il potere dell'arte in questo caso, che comprende tutto, si insinua nella soggettività del fruitore suscitando una 'interpretazione'. La chiave sta tutta lì secondo me, a seconda di come ognuno di noi interpreta il 'blue' artistico che ci inghiotte e che ci trasporta nella realtà artistica, che è anche quella reale, in questo caso più che mai.
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La ragione è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie

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