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Autore Tutto il cinema di Lars Von Trier
mallory

Reg.: 18 Feb 2002
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Da: Genova (GE)
Inviato: 02-11-2003 18:21  
Considero Lars Von Trier uno dei cineasti più dotati e geniali del panorama cinematografico contemporaneo, non solo per lo stile, che nonostante venga segnalato come innovativo, non espone nessuna reale novità nella regia; bensì, per l'avanguardia concettuale sulla quale si sposta il suo cinema, una sorta di contrapposizione al cinema contemporaneo decadente, che ricorda per le intenzioni, movimenti cinematografici come il Neorealismo e la Nouvelle Vague, ma che tuttavia concepisce un prodotto del tutto diverso, perchè le finalità raggiungono su piani del tutto differenti questa contrapposizione. L'idea infatti, nonostante implichi il desiderio di realizzare esempi di metacinema, che facciano incontrare il realismo con la finzione del mezzo, perdono ogni connotazione poetica nel completo discernimento della settima arte, che, a questo punto, viene valicata a favor di un' indagine filosofica che impoverisce le immagini che vengono proposte per rappresentarla.Tuttavia, la filosofia che accompagna Trier, e che si mescola quasi incomprensibilmente con il fare cinema (al limite della contraddizione), fa si che vengano create pellicole di un certo gusto, di una notevole profondità, di un'insolita bellezza...
Naturalmente questo discorso non avrebbe senso se non venisse affrontata un'analisi sul percorso cinematografico del regista, bisogna svolgere una disamina ermeneutica sulla filmografia di Lars Von Trier per capire a fondo il perchè di tali esordi e il raggiungimento di tali epiloghi.
Prima di tutto, bisogna dire che Lars Von Trier, è un appassionato cinefilo, dotato di una grande sensibilità artistica, che da principio non disdegna l'opera dei suoi predecessori; è uno stimatore di grandi registi del calibro di Welles, Bergman e Dreyer, ai quali dedica con palese ammirazione e rivisitate citazioni, gran parte dei suoi film. Esordisce con prodotti dalla lettura convenzionale, ma di un certo spessore intellettuale, accattivandosi quella parte della critica capace di riconoscere l'omaggio del cineasta a quegli esponenti del buon cinema che hanno temprato la sua vena registica.

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mallory

Reg.: 18 Feb 2002
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Da: Genova (GE)
Inviato: 02-11-2003 18:21  
Eccolo quindi, nel 1984, presentarsi al mondo, con un film particolare, L'ELEMENTO DEL CRIMINE.
Questo è il primo capitolo di una trilogia, che fa da incipit ad una riflessione filosofica che si divide appunto in tre parti, una riflessione adattata ad un'allegoria che, nel processo di traduzione nel linguaggio filmico, perde la sua chiarezza, e non raggiunge il pubblico, proprio perchè ancora vincolata all'idea di proporre un tipo di cinema manierista.
Per questo la strenua ricerca di Trier, nel combinare una metafora con il testo filmico, che perde la sua fluidità nel non comunicare esclusivamente attraverso le immagini, appare più come un patchwork di citazioni che come il film di genere che vuole sembrare.Tuttavia la funzione allegorica de L'ELEMENTO DEL CRIMINE, è identificabile efficacemente nella traccia narrativa, perchè la storia di un detective che, per trovare l'artefice di una serie di omicidi, immedesimandosi nell'assassino, fino a divenire assassino lui stesso; riporta alla mente il percorso dei cineasti europei dell'ultimo decennio...e allora il testo dal quale il protagonista apprende le teorie di identificazione per scovare l'omicida,appunto "l'elemento del crimine", può essere visto come una sorta di "politica degli autori", che, se mal interpretato e operato superficialmente, può compromettere il proprio lavoro. Ed è esattamente qui che l'opera di Von Trier incontra il suo perchè, avvalorando anche l'impiego del mezzo cinematografico, poichè veicola una critica, verso tutti quei registi che oggi si limitano a scimmiottare senza cognizione, schemi di regia presistenti, talvolta mescolandoli e fingendosi innovativi.

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mallory

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Inviato: 02-11-2003 18:22  
Nel 1987 arriva di conseguenza EPIDEMIC, la ricerca iperstrutturale si districa su una nuova dimensione, questa volta esce dallo schema del cinema di genere, diventando un filodocumentario metaforico, nel quale la realtà viene spostata nel film e il film, a sua volta, trasferito nella realtà. Il regista Lars Von Trier e lo sceneggiatore Niels Vørsel interpretano se stessi, alle prese con il soggetto di un film, Epidemic, che tratta la vicenda di un epidemia che si diffonde in Europa; durante la realizzazione, una vera epidemia si scatena attorno a loro, sconvogendo il senso della realtà, infrangendo il limite che segna il confine tra ciò che è e ciò che non è. Eppure il tutto è architettato in modo da non apparire come una stupida coincidenza, piuttosto come il tentativo di rappresentare una realtà dall'interno di un film, piuttosto che dall'esterno (come è sempre stato fatto dai registi che hanno portato sulla scena la realtà). L'idea è assolutamente geniale, originale, e anche questa volta, adempie in pieno al suo compito. Scarno di quegli accorgimenti stilistico-mimetici che imperavano ne L'ELEMENTO DEL CRIMINE e in perfetta coerenza con l'intenzione di fondere il realismo della situazione con il lirismo della metafora; attraverso uno splendido gioco di scatole cinesi, EPIDEMIC, riprende le considerazioni immaginifiche sulla situazione europea da un diverso punto di vista, un preambolo introspettivo che permette l'accesso al capitolo finale della trilogia, EUROPA(1991).


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mallory

Reg.: 18 Feb 2002
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Da: Genova (GE)
Inviato: 02-11-2003 18:22  
Dopo MEDEA(1988), il preludio di un triplice progetto di rappresentazione della figura femminile (nato su una sceneggiatura di Dreyer), Lars Von Trier torna sul grande schermo con EUROPA. Per quella che riguarda la conclusione della trilogia, Lars fonde nel vero senso della parola i primi due capitoli, per dare vita ad una pellicola che si dischiude sull'annullamento dei metodi di rappresentazione, tuttavia questo non essere "puro" cinema, si dimostra cinema in una maniera del tutto significativa, il riverbero di questa intenzione lo si avverte nella tecnica prima che nel proponimento di certe metafore; la mescolanza del noir americano all'espressionismo tedesco, del colore al bianco e nero, della mdp a spalla in continuo movimento alla fissità di alcune sequenze; il tutto suggerito per invalidare la logicità di quegli schemi che il cinema ha adottato per esprimersi, sia nel proponimento di essi che nello scardinamento degli stessi.
Dunque Von Trier approda ad un lavoro che non convince in pieno, forse per la difficoltà di un regista non ancora maturo, riscontrata nel combinare elementi teorici di una concezione cinematografica legata all'idea della rappresentazione della realtà sottoforma di metafora, con l'immagine in movimento. Il risultato è comunque un un buon lavoro se lo si percepisce nel contesto filosofico di Trier, spesso difficile da comprendere e impossibile da catalogare a causa della macanza di parametri di giudizio nell'ampio panomama cinematografico.
Come accade per il cinema di Hitchcock, i film di Trier vivono nello stretto rapporto tra trama e linguaggio filmico, certo, il rapporto è del tutto differente, e la collimazione, al contrario del cinema di Hitch, non coincide perfettamente (tant'è che anche il montaggio risulta assolutamente aritmico), coincide piuttosto con il significato più estrinseco del linguaggio cinematografico, una sorta di metalinguaggio cinematografico; eppure l'esempio calza, proprio perchè l'elemento della trama non può essere scisso dall'elemento visivo.
EUROPA narra le vicende di un giovane americano che torna nella patria tedesca, trovando lavoro in una società ferroviaria come controllore; durante l'esperienza lavorativa il giovane si trova ad affrontare gli ultimi scontri tra nazisti e forze di occupazione di una Germania postbellica. A causa della donna che ama, un ex nazista pentita rapita da un gruppo di fanatici, il protagonista decide di sottomettersi ai voleri dei sequestratori e posizionare una bomba su un ponte ferroviario per far saltare in aria un treno; purtroppo, nel compiere la missione, il giovane cade nel fiume e muore annegato.
In questo film ci si trova a cospetto dello scioglimento di una complessa allegoria sul cinema europeo, che naturalmente non si chiude in concomitanza della conclusione narrativa, perchè la morale non è all'interno della storia, ma è costruita con gli "scarti", ceduti via via come inviti a pensare, relegati in un immaginario fuoricampo, grazie ad una messa in scena che ci sintonizza inevitabilmente con il pensiero Trieriano, posto al di sopra del testo filmico.

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mallory

Reg.: 18 Feb 2002
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Da: Genova (GE)
Inviato: 02-11-2003 18:23  
La filmografia fino ad ora affrontata, è soggetta ad un dogma astratto che non tarderà ad essere stilato in un vero e proprio decalogo nel 1995.
E' evidente che, i film proprosti da Trier in quell'epoca che può essere definita predogma, non sono del tutto liberi da quegli assiomi che scaturiscono direttamente dall'approccio dell'autore al cinema, dalla personale concezione di esso e dagli scopi con i quali la materia viene "usata"; quindi da un forte desiderio di proprorre un cinema che perpetui la sua essenza nella mimesi, nell'imitazione della realtà, anche a condizione di rappresentarla attraverso una metafora, sfruttando il linguaggio del cinema più convenzionale (anche se intelligentemente personalizzato); quello che il dogma asserisce non è altro che la presa di coscienza di questa finalità, che d' ora in poi fungerà da promemoria a quell'autore che teme di perdere di vista le motivazioni che lo spingono a fare un film, senza porre effettivamente alcun limite alle intenzioni, bensì un freno alla completa decadenza del cinema, proponendosi come antitesi di questo.
Se per i film precedenti questa presa di posizione, Trier si limitava a piccole critiche formato film indipendenti, ora si trasforma in una vera e propria opposizione, un movimento definito dagli stessi accoliti, "azione di salvataggio".
Il Dogma 95, quindi, non nasce, ma si materializza sottoforma di documento nella primavera del 1995, firmato da Lars Von Trier e Thomas Vinterberg. Un documento che non propriamente stabilisce delle regole ferree da rispettare, ma che più che altro, stila una serie di suggerimenti in netta contrapposizione con quelli accorgimenti che, se in passato potevano essere impiegati come escamotages innovativi, significativi o necessari, con il trascorrere del tempo, sono diventati idiomi della retorica, luoghi comuni del linguaggio cinematografico, uccisori dello stile; per questo evitati, posti agli estremi della metodologia registica, come un recinto, per far si che ciò che viene prodotto all'interno di esso, si accosti il più possibile alla realtà piuttosto che alla versione stereotipata di questa.
Per questo stesso motivo, il cinema non viene riconosciuto come una disciplina individuale, e il Dogma in fondo preclude solo questa individualità, mettendo in discussione il concetto di "autore", perchè questo, attraverso la propria interpretazione (quindi lo stile), imprime al suo prodotto un valore che, se considerato nella realtà piuttosto che nel contesto artistico, non costituisce alcun significato.
Un esempio pratico può essere fatto citando Godard.
Godard ai tempi in cui girava i suoi film, non era certo considerato un autore, anzi, più probabilmente era considerato un regista di serie B; ma il tempo, lo studio, la comprensione, hanno fatto si che che il potenziale di questo regista venisse riconosciuto, catalogato e infine imitato. Il concetto di autore è un concetto che nasce a posteriori, ma che muore anche nello stesso momento, a causa della tendenza di alcuni studiosi dell'arte in genere, a stereotipare lo stile. Si dimentica troppo spesso l'innovazione apportata da alcune figure del cinema (Ford, Hitchcock, Godard...), che rimane il vero contributo alla settima arte; Lars Von Trier si batte proprio per questo, si batte per la ricerca dell'innovazione, per il propronimento di nuovi schemi; tutto ciò che viene riproposto, non è cinema, è riciclaggio. Estetica del riciclaggio. Ecco allora il Dogma, lo scudo che protegge i film da ogni tendenza e imitazione.
Il Dogma è quindi una forma di difesa, non una legge! proprio per questo, se alcuni accorgimenti, trasgredendo le regole del Dogma, vengono messi in atto, non significa che quel film non sia un film Dogma, o che chiunque lo faccia si contraddica, significa solamente che, in quel determinato caso, quell'accorgimento è sintomo di inevitabile realtà, e non un artificio di convenienza.
Il cinema contemporaneo è esattamente questo, un unico immenso assemblaggio di artifici di convenienza, il Dogma traccia i segnali per ovviarne l'utilizzo o meglio, per obbligare il regista a riflettere sulla scelta dell'utilizzo, che comunque non deve mai e poi mai essere presa in base al gusto personale o all'efficacia del suo impiego in sostituzione alla realtà.
Secondo questi semplici dettami, chiunque può girare un film, per questo l'osservanza non implica solo l' autodisciplina, ma asserisce anche il completo abbandono del concetto di "autore", la concreta democratizzazione del cinema, e l'allontanamento dal processo di affettazione e quindi dalla vacuità dell'estetica.

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mallory

Reg.: 18 Feb 2002
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Da: Genova (GE)
Inviato: 02-11-2003 18:23  
DOGMA 95:
1. Le riprese devono aver luogo in esterni. Non devono essere utilizzati scenografie e set (se è necessario per la storia un particolare elemento scenografico, si deve scegliere una location in cui è già presente quel’elemento).

2. Il suono non deve mai essere prodotto separatamente dalle immagini e viceversa (la musica non deve essere usata a meno che non si senta nell’ambiente in cui si svolge il film).

3. La macchina da presa deve essere a mano. Sono concessi tutti i movimenti (e l’immobilità) che si può ottenere a mano (il film non deve svolgersi dove è piazzata la cinepresa; sono le riprese che devono avere luogo dove si svolge il film).

4. Il film deve essere a colori. Non sono concesse illuminazioni speciali (se la luce è insufficiente per impressionare la pellicola la scena deve essere tagliata o si può attaccare un singolo faretto alla cinepresa).

5. Trucchi ottici e filtri sono proibiti.

6. Il film non deve contenere azioni superficiali (omicidi, armi ecc. non devono essere ripresi in nessun caso).

7. È proibita l’alienazione temporale o geografica (cioè il film deve avere luogo qui e ora).

8. Non sono accettati film di genere.

9. Il formato del film deve essere 35 mm standard.

10. Il regista non deve essere accreditato.


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mallory

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Inviato: 02-11-2003 18:24  
L'applicazione del Dogma irrompe sensibilmente nella regia di THE KINGDOM(1994), la soap-opera horror di 4 puntate, distribuita nel resto d'Europa come un unico film di 280 minuti.
In THE KINGDOM, tornano gli elementi cari a Trier già usati per la trilogia sull'Europa, sia teorici che visivi, questa volta applicati al cinema di genere in una sorta di feuilleton televisivo.
Quindi Lars Von Trier affronta in modo differente la critica al cinema europeo, in maniera molto più sottile, proprio perche celata da un'affabulazione apparentemente fine a se stessa, senza tuttavia cedere alla completa fruizione classica; e qui si inserisce il Dogma: fotografia sgranata e monocromatica e macchina a mano, il tutto per non lasciare lo spettatore attento unicamente alla traccia narrativa, perchè essa è e resta pur sempre, il pretesto per allacciarsi ad un'allegoria.
La rappresentazione metaforica si sposta dai dettagli simbolici che sostituiscono acute osservazioni sulle dicotomie vita-morte, bene-male; ad ampie allegorie che ricoprono significati di ordine storico e sociale. I personaggi e i loro profili caratteriali rappresentano le figure dell' establishment del cinema contemporaneo:
l'anziana sensitiva, ipocondriaca, che si rifugia dentro il Regno, lontana dal mondo esterno, alla continua ricerca dei fantasmi del passato; un medico che si serve dei mezzi più subdoli del regno per sopravvivere e poter portare avanti il proprio lavoro; un potente primario razzista che impiega il suo dispotismo nel tentativo di camuffare le proprie incapacità; un giovane apprendista che in modo infantile si disinteressa delle proprie responsabilità preferendo dedicarsi alle banalità; un medico che coraggiosamente rischia se stesso,sottoponendosi ad un intervento che gli permetterà di migliorare la qualità del proprio operato, pur sottostando alle regole del Regno...e il Regno, che cosa è, se non il traslato delle case di produzione cinematografiche, costruito su fondamenta che poggiano su un terreno malsano e paludoso; i sotterranei sono ricchi di infiltrazioni, sintomo di un'instabilità e un imminente cedimento; cosa che non pare preoccupare lo staff medico, che si accanisce a risolvere problemi di ordine inferiore, come l"Aria del mattino", operazione atta a stimolare i rapporti tra medici e pazienti, in una assoluta e costrittiva ipocrisia che funge da tramite di accondiscendenza tra "potenti e popolo"... (anche se questa osservazione, scaturisce da una mia personalissima interpretazione)

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mallory

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Inviato: 02-11-2003 18:24  
Nel 1996 Lars si presenta al mondo con una nuova pellicola, LE ONDE DEL DESTINO, nuova in tutti i sensi, perchè con essa propone un cambio di registro, le tematiche vanno a riallacciarsi a Medea e al desiderio di dedicarsi alla naura umana, nello specifico quella femminile. C'è quindi un ritorno ad un cinema più lineare, usato come mezzo analitico piuttosto che critico, tuttavia non considerabile cinema "puro", per via dell'influenza che il dogma continua ad avere sull' impiego del mezzo, dogma non più significativamente proponibile a causa delle perdute intenzioni iniziali.
Per questo film pare proprio che Von Trier covi più che mai il desiderio di proporre un prodotto dal sapore Dreyeriano, distorcendolo tuttavia con una testarda castità che il dogma ora impone, sottraendo alla pellicola naturalezza e semplicità.
LE ONDE DEL DESTINO appare quindi come un film forzato, bieco, innaturale; tanto da sembrare quasi voluto, mentre in realtà le motivazioni di questa freddezza sono ben lontane dalle intenzioni e molto più vicine all'incapacità di affrontare un tema come quello dell'animo umano attraverso il mero linguaggio filmico, o meglio dire, come faceva Carl Dreyer...
La pontenzialità di questo film si scorge appena, dietro il sipario strappato di un linguaggio cinematografico frammentario, sempre più lontano dai significati che possono e devono essere attribuiti a determinate riprese, a determinate inquadrature, a determinate scelte di montaggio, nonostante la ricerca di Trier , specialmente per quanto riguarda questo particolare film, si avvalga sempre più sommariamente di un linguaggio visivo. Quindi LE ONDE DEL DESTINO nasce probabilmente come uno splendido film, seppur solo pensato, che nella sua applicazione dogmatica, ne compromette totalmente il significato, sia a livello visivo che a livello tematico. Il film controverso, non è altro che il riverbero di una presa di coscienza dell'autore, che diviso a metà tra il pragmatismo del dogma e il desiderio di avvalersi delle convenzioni per mettere in scena "la passione" della sua Bess, scompensa sotto ogni punto di vista la resa stessa del film.
Se si vuole cogliere la bellezza di questa pellicola, non la bisogna cercare in un contesto puramente cinematografico, ma unicamente attraverso l'occhio disarmato della propria sensibilità, che poi coincide con quello della macchina da presa...Lars si limita a riprendere, non si può far altro che osservare una storia, fatta di pezzi di immagini apatiche, ghiotte di pathos da estirpare alla soggettiva interpretazione, e se di interpretazione si parla, non si parla più di critica, che come tutti ben sanno, è una scienza; LE ONDE DEL DESTINO è un pessimo film, e nel contempo, una cattura splendida, presa dalla vita.

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mallory

Reg.: 18 Feb 2002
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Inviato: 02-11-2003 18:24  
Ma quando l'osservanza ascetica del dogma sembra irribediabilmente perduta, ecco apparire dall'oblio delle contraddizioni, IDIOTI (1997), l'unico film dogma con tutte le carte in regola, il più coerente; a mio avviso il film che consacra Lars Von Trier autore del cinema contemporaneo.
In questo film, la filosofia di pensiero di Trier, si scontra con il cinema in maniera molto più sottile, meno disturbante che in LE ONDE DEL DESTINO, proprio perchè l'osservanza del dogma, in questo caso, non risulta costrittiva, ma assolutamente naturale e sistematica; manifesto del dogma sotto ogni aspetto, quello tecnico (mdp a spalla, fotografia assente, montaggio a scatti) come quello teorico (critica verso una società e un cinema costitutito da maschere di ipocrisia), tutto questo lo ritroviamo nel film come tante sfaccettature simboliche, che rispecchiano gli elementi del cinema di Trier (personaggi, temi, sequenze), in un magnifico gioco di incastri, tanto perfetti da proporre una vera e propria alternativa alla lettura convenzionale del cinema.
Per comprendere al meglio ciò che intendo dire bisognerebbe vedere il film, tuttavia, non essendoci la necessità di sviluppare un'analisi sulla regia, possono essere portati in evidenza il punti d'incontro della filosofia Trieriana con il suo stesso cinema, per comprendere la genialità di questa pellicola.
Dunque, IDIOTI, tratta le vicende di un gruppo di giovani che fingono di essere ritardati mentali e fisici, per poter vivere alle spalle della società, senza regole, proprio per fuggire all'alienazione del sistema, per vivere in una sorta di pseudomarginazione che li liberi dalle convenzioni comportamentali del mondo e allo stesso tempo, per prendersene gioco. Karen, la protagonista, ha appena vissuto l'eperienza dolorosa della perdita di un figlio, e quello che poteva apparire come una semplice forma di ribellione, si traforma, per lei, in un rifugio, che la ripari da una soffrenza alla quale non vuole abbandonarsi. Per Karen, al contrario degli altri "idioti", fingere di essere una ritardata, non significa più abbattere i muri dell'ipocrisia del mondo, ma piuttosto non doversi scontrare con quel mondo e con le sofferenze che esso infligge. Il tema trattato quindi trova un corrispettivo nella filosofia di Trier, proprio perchè, come gli idoti che giocano con le regole della società, egli gioca con il linguaggio cinematografico; come i suoi "idioti" non c'è bellezza, non c'è logica, se non per il fatto che gli "idioti" non lo sono affatto, e che se si fingono tali, un motivo c'è, e il motivo è lo stesso che spinge Lars a non usare il linguaggio precostituito del cinema, confacente a smascherare l'ipocrisia, e a nutrirsi delle reazioni del pubblico.
Alla fine, il leader degli idioti Stoffer, proporrà al gruppo di continuare a fare gli idioti anche nella vita reale, al lavoro, in famiglia; ma nessuno ci riuscirà, e tutti torneranno ad indossare la propria maschera di normalità, tutti esclusa Karen che, essendo l'unica ad aver davvero sofferto, quindi l'unica che facendo l'idiota andava davvero contro alla vita, si troverà a diventare realmente un'"idiota", cancellando il suo passato.
IDIOTI è un film semplicemente geniale, la forma è sacrificata per arrivare a toccare concetti difficili da raggiungere attraverso un documentario (o meglio dire, documentario sceneggiato).
A questo punto bisogna dire che probabilmente Lars è identificabile nella figura di Karen, si sente in un certo senso disabilitato, è giunto al punto di non ritorno dell'espressione, perdendo un reale controllo sull' immaginario cinematografico.

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mallory

Reg.: 18 Feb 2002
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Da: Genova (GE)
Inviato: 02-11-2003 18:25  
Lo stesso Thomas Vinterberg, in un intervista esprime questo senso di difficoltà dichiarando :"Non sarei capace di girare un film Dogma adesso. Lo troverei claustrofobico e ripetitivo, so come andrebbe a finire. Il mio modo di combattere ciò sarà fare qualcosa di stravagante e spettacolare, la prossima volta. La spiegazione è semplice: il Dogma si è trasformato in una convenzione, una di quelle convenzioni che noi cercavamo di evitare, e questa è la fine a cui devono approdare iniziative come queste".
In effetti Lars fa proprio questo, reiventa il suo cinema, lo spettacolarizza, infrange il dogma (anche se ideologicamente non lo fa affatto), si getta a capofitto nell'ambiziosa intenzione di raccogliere tutti gli schemi contro i quali si scaglia e inserirli in un unico film, DANCER IN THE DARK (2000).
In DANCER IN THE DARK compare ogni frammento della cinematografia di Lars, il film di genere (in questo caso il musical), la figura martire femminile dreyeriana (dopotutto questo è il terzo capitolo di una trilogia dedicata al sacrificio della donna, al seguito di Medea e Bess), la critica al cinema contemporaneo e alle sue vacue tradizioni, l'ironia scaturita dalla metodologia di rappresentazione parodiata, ricercatezze stilistiche nauseanti fatte di primi piani e di dettagli, di fluidità di ripresa, alternate a momenti di mdp a spalla, riprese a schiaffo vacillanti e inquadrature prive di fotografia.
Questo è quello che si definisce un paradigma di metacinema, un film che riflette sulla differenza che intercorre tra l'essere arte e produrre l'arte, sull'estetica spogliata della sua retorica, quindi ben lungi dal voler raccontare una semplice storia.
Jean Luc Godard diceva :"La mia originalità, e il mio fardello, sta nel credere che il cinema sia fatto più per pensare che per raccontare storie"...
I film di Trier comunicano, attraverso un linguaggio diverso da quello che usava il cineasta Godard, ma fanno pur sempre pensare... si può dunque parlare di innovazione idiomatica, o si tratta semplicemente della resa di fronte all'impossibilità di fare cinema oggi?
Difficile dirlo, ciò che conta però, è che Von Trier, grazie ai suoi film, è riuscito a portare sugli schermi un concetto davvero interessante.


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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
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Da: milano (MI)
Inviato: 02-11-2003 20:46  
Sono d'accordo su molti punti espressi da mellori.

quote:
pur sottostando alle regole del Regno...e il Regno, che cosa è, se non il traslato delle case di produzione cinematografiche, costruito su fondamenta che poggiano su un terreno malsano e paludoso; i sotterranei sono ricchi di infiltrazioni, sintomo di un'instabilità e un imminente cedimento; cosa che non pare preoccupare lo staff medico, che si accanisce a risolvere problemi di ordine inferiore, come l"Aria del mattino", operazione atta a stimolare i rapporti tra medici e pazienti, in una assoluta e costrittiva ipocrisia che funge da tramite di accondiscendenza tra "potenti e popolo"... (anche se questa osservazione, scaturisce da una mia personalissima interpretazione)


Questo è verissimo soprattutto se si tiene conto che il regno è mandato avanti da un potere occulto che si riunisce in quella specie di loggia massonica presente in qualche oscuro punto dell'ospedale...

Europa è l'unico film che non ho visto di Lars ma sarebbe interessante paragonarlo a "Images of Relief",il mediometraggio degli esordi di carriera ,per i temi trattati.

Anche in quel mediometraggio si verificava una fusione tra realismo e finzione ,tema che ricorre spesso nella filmografia del regista molto spesso ma in maniera differente invece da come la sviluppa un Cronenberg.

Il canadese sviluppa il tema da dentro,attraverso una precisa scelta di inqudrature tagli e montaggio che ci fa intuire cosa è vero o falso;il danese spesso si ferma a trattare questa tematica a livello di sceneggiatura senza coinvolgere tutto il mezzo cinema.

Realtà-finzione(qualche esempio)
Elemento del crimine: un uomo non riesce più ad uscire dalla pellicola dopo essere diventato assassino lui stesso.

Epidemic: la realtà irrompe nella finzione ,già discusso da mallory.

Onde del destino:Bess costretta a fingere (prostituendosi)per mantenere vivo un rapporto con un uomo in fin di vita.

Dancer: Selma finge e si inganna creando con stacchi musicali un mondo a parte per proteggersi dalle sventure della sua vita....



Non sono d'accordo affatto per le Onde del Destino ma per poter confutare le tesi di mallory dovrei rivedere il film-che ho visto una sola volta 4 anni fa,e tra l'altro fu il primo film mio di Lars Von Trier.
_________________
E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani.

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badlands

Reg.: 01 Mag 2002
Messaggi: 14498
Da: urbania (PS)
Inviato: 02-11-2003 23:16  
io direi che un applauso se non altro per la passione e la forma mallory se lo merita.brava!
ciao!

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mallory

Reg.: 18 Feb 2002
Messaggi: 6334
Da: Genova (GE)
Inviato: 03-11-2003 00:15  
Guarda che l'ho scritto per te...

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mallory

Reg.: 18 Feb 2002
Messaggi: 6334
Da: Genova (GE)
Inviato: 03-11-2003 00:21  
quote:
In data 2003-11-02 20:46, Quilty scrive:


Non sono d'accordo affatto per le Onde del Destino ma per poter confutare le tesi di mallory dovrei rivedere il film-che ho visto una sola volta 4 anni fa,e tra l'altro fu il primo film mio di Lars Von Trier.




Se ne può discutere....
Anch'io dovrei rivederlo comunque.

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13Abyss

Reg.: 20 Lug 2003
Messaggi: 7565
Da: Magliano in T. (GR)
Inviato: 03-11-2003 00:29  
Seguo Badlands:
un applauso di tutto rispetto a Mallory per questo carnale svisceramento di Von Trier. E' un piacere leggere le tue teorie.

Per quanto riguarda Von Trier non posso che dare un giudizio totalmente personale, visto che non conosco il suo cinema particolarmente bene.
Dei film che ho visto:
- LE ONDE DEL DESTINO: l'ho trovato esageratamente scombinato. Troppi temi. Troppa pseudo-forma. Come mai, poi, quella fotografia così inguardabile (va bene Dogma '95, però mi si consumano gli occhi..)?
Di certo non mancano buone idee, ma quegli intermezzi digitali allucinati che cazzo ci incastrano?

- THE STUPIDS: questo mi ha sconvolto e lasciato interdetto. I protagonisti matti lo sembrano davvero. Non c'è un minimo di musica (e andiamo con questo Dogma...). A tratti stupisce, a tratti logora. Veramente instabile Von Trier nelle sue provocazioni.

- DANCER IN THE DARK: il film che ho preferito. Bjork mi pare la musa perfetta del regista. Ma questa è anche una delle poche cose che mi hanno colpito. Il "contorno" non aveva niente di speciale e l'andamento pareva quello di "Anna dei Miracoli" in certi punti e la sfiga della protagonista è piuttosto irritante (ma forse per il regista questo è un pregio...).

In conclusione, per quanto riguarda i "dogmatici", ho preferito Festen di Vinterberg.

Ma, come ho detto, ne capisco poco.
Finisco di leggermi Mallory...


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