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Autore Le Due Torri. Da Tolkien a Jackson.
Tristam
ex "mattia"

Reg.: 15 Apr 2002
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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:11  
Vorrei qui permettermi di fare un parallelo tra il film di Jackson e la seconda parte del famoso libro di Tolkien per analizzare come e quanto sia stato fatto nella costruzione di una narrazione filmica rispetto a quella scritturale del libro, per poi concentrarsi su alcune considerazioni prettamente cinematografiche sull'operato del regista e della sua troupe. Non sarà quindi una critica mirata ad esaltare il libro sul film, che come già detto tante volte, sarebbe soltanto una metodologia critica errata, ma soltanto un parallelo “strutturale”.
Vorrei quindi iniziare dal libro stesso e dalla sua strutturazione per capitoli. Mi riferirò per questo proposito al libro edito da Rusconi nel 1977 e in particolare alla ventitreesima edizione del giugno 1991 (che è rimasta inalterata fino a quando non è stata scelta una nuova veste grafica, in questi ultimi anni).
Iniziamo quindi a riportare i diversi titoli dei capitoli, contenuti nella seconda parte del Signore degli Anelli chiamata Le Due Torri, per capire quali di questi siano stati (e come) trattati e inclusi nel film di Jackson:

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"C'è una sola cosa che prendo sul serio qui, e cioè l'impegno che ho dato a xxxxxxxx e a cercare di farlo nel miglior modo possibile"

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Tristam
ex "mattia"

Reg.: 15 Apr 2002
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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:13  
L'addio di Boromir , Questo capitolo è stato inserito nel precedente film per motivi di drammaticità. Il film non poteva chiudersi con la divisone del gruppo in più parti senza che almeno non ci fosse stato uno "scontro" degno di nota. La risoluzione sommaria di un evento simbolico. Il così detto scontro finale (più o meno) risolutivo. Il mostro dello schema finale dei videogiochi. È proprio in questa risoluzione sommaria, e costruita sulla semplificazione narrativa dei poli opposti che si devono scontrare, dove è più facile evidenziare come l'entourage del film abbia, negligentemente, ridotto l'epicità ai più gretti automatismi narrativi. Che il cinema fosse, nelle occasioni più tristi, un inaridimento della narrazione scritturale era risaputo. Qui ne abbiamo la prova più evidente. La potenza del libro non viene minimamente rappresentata, anche se il problema non sta nel paragone ma soltanto nella realizzazione del film: tutto si limita alla riduzione generale, non solo di fatti ed eventi, di una "sensazione", di un'emozione narrativa attraverso costrizioni degne dei peggiori film basati su sceneggiature non originali. Il signore degli anelli entra a fare parte nell’ipotetica classifica delle trasposizioni libro-film, nelle posizioni più basse. ‘È un film certo, ma chi dice che il film debba essere la mortificazione dell'ampiezza narrativa di un libro? Il film si muove su un altro piano, differente. È impossibile per un film uguagliare il senso epico che nasce da miriadi di parole e di enunciati. Questo ogni regista dovrebbe ricordarselo e da questo cercare di utilizzare il cinema, l'arte del cinema, come, non sostitutivo (perché questo sarebbe soltanto un triste ripiego) ma parallelo evocativo.’
Per questo, come ho già detto, sarebbe interessante, al di là degli effetti speciali, della cura, e della concretizzazione visiva di immagini mentali suggerite dal libro, focalizzare l’attenzione, durante la visione del film su:
‘1. La messa in scena
2. La narrazione degli eventi (dal libro al film)
3. Sintesi finale: come la regia, e il film in generale, sa liberarsi, con la rappresentazione, dagli intoppi naturali che derivano dal trasportare una storia immaginifica, e così ricca, nella costruzione per immagini che per forza è, e deve essere, "riassuntiva". Insomma, quanto e come il film riesce ad essere un'opera, certo dipendente dal padre libro, autonoma e considerabile opera degna di cinema.’

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Reg.: 15 Apr 2002
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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:13  
I cavalieri di Rohan , escluso la prima sequenza, molto suggestiva e ben riuscita, dello scontro tra il Balrog e Gandalf in caduta libera nelle profondità di Moira, è da questo capitolo che Jackson fa iniziare il suo film. L'inseguimento dei rappresentanti delle tre razze (umana: Aragorn; nanesca: Gimli; elfica: Legolas) è sostanzialmente reso attraverso lunghe inquadrature aeree in movimento, tutte molto simili tra loro, disperatamente alla ricerca di una suggestione ambientale che non riescono mai a trovare. Questo dipende sostanzialmente dal carattere discontinuo del cinema di Jackson e non tanto dalla mancata suggestione dei paesaggi. La fluidità narrativa continua, anche in questo secondo film, ad essere la grande assente. Singhiozza, prima di tutto, sull’alternanza di inquadrature aeree avvolgenti e inquadrature a terra incentrate su battute di Gimli il nano e singhiozza, soprattutto, in un montaggio alternato incapace di ricreare una sensazione di inseguimento-fuga. Ma il perché di questo lo vedremo meglio successivamente.
Questo capitolo del libro, nel film è reso in maniera sommaria, tutto il film sarà sempre molto sommario, e seppure alla ricerca disperata della condensazione di un'azione (un inseguimento che dura giorni e notti), Jackson, per l'ennesima volta, si trova ad utilizzare un modello rappresentativo che ha pochissima efficacia ma che risulta anche molto scarno, schematicamente realizzato e montato.
Difficile chiedersi come si sarebbe potuto ovviare ad una discontinuità simile, se lo stesso tema dell'inseguimento è uno dei temi più difficili da rappresentare attraverso inquadrature, ma qui non si propongono soluzioni, soltanto si cerca di riportare quello che è il film, come il film è girato e quali siano le ‘emozioni’ che cerca di condensare. Bisogna però soltanto aggiungere che un regista di nome John Ford, nel 1956, realizzò un intero film dedicato all'inseguimento (The Searchers, Sentieri Selvaggi) dove le emozioni, le tensioni, il cercare di raggiungere una persona, un posta, la ricerca stessa che voleva dire o vita o morte vennero splendidamente, e indimenticabilmente, rappresentate e bloccate da uno stile di regia che sarebbe ancora da ricordare.
Lo stesso Hitchcok ha diretto molti film e sequenze dedicate all’inseguimento, alla fuga, alla disperata rincorsa. È vero che dietro a molti di questi film esistevano delle sceneggiature pensate ad hoc, e che “Il Signore degli Anelli” ha parti non propriamente rappresentabili, ma resta il fatto che un regista con maggiori doti e qualità avrebbe avuto più successo. Inoltre se è vero che lo stesso Jackson afferma che come filmmaker si effettuano decisioni, giuste o sbagliate, che cambino le cose che si reputa debbano essere cambiate, allora perché non è stato capace di farlo qui preferendo invece ad affidarsi a scelte così poco efficaci?

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Reg.: 15 Apr 2002
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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:13  
Gli Uruk-Hai : appena accennato se non nello scontro
finale, prima che i cavalieri di Rohan guidati da Eomer (terzo maresciallo del Ridermark), calino sul gruppo di orchi, in guerra tra loro, uccidendoli tutti. Non viene assolutamente accennato il vero perché della disputa intestina in corso tra gli orchi (portare l’ipotetico anello a Mordor da Sauron o a Isengard da Saruman) e tutto viene quindi risolto, un po’ ironicamente (l’ironia aiuta sempre a semplificare), intorno alla decisione se sia giusto mangiarsi Merry o Pipino (presente, come ragione, secondariamente anche nel libro). È giusto che comunque questa sia stata una delle parti soppresse perché è sicuramente, da un certo punto di vista e forse da un punto di vista teorico, la meno importante anche se poteva essere la giusta controparte emotiva della coppia tematica fuga-inseguimento. Invece Jackson si limita a tenere in elisse, soppressa, (quasi) tutta la parte visiva di coloro che scappano, lasciando molto più spazio agli inseguitori che quindi galleggiano in un ambiente vuoto fatto di inquadrature disconnesse. Forse una maggiore presenza di alternanza tra i due gruppi avrebbe creato una più stretta relazione. Sicuramente emotiva, se non altro a livello visivo, e Jackson dovrebbe ricordarsi che lo scontro tra inquadrature differenti genera sempre un significato…. Si veda Pudovkin e le sue teorie sul montaggio. Jackson ci abbandona invece per farci vedere una serie di inquadrature, tra loro poco connesse e fluide, di tre persone che corrono tralasciando il filo relazionale ed emotivo che si sarebbe venuto a creare in un alternanza ritmica.

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:15  
Barbalbero E’intorno all’Ent che si costruirà il parallelismo degli eventi e quindi le sequenze riguardanti Merry e Pipino. La sequenza risulta estremamente ridotta, scelta questa anche corretta. Ma, e ci sono i suoi ma.
Il problema, ci si accorge tristemente, è che Jackson si è trovato di fronte ad un materiale narrativo talmente vasto da dovere condensare gli eventi in maniera così drastica da, non solo massacrare il libro, ma anche, imporre una struttura a flash, toccata e fuga, intorno agli eventi e alla caratterizzazione dei personaggi.
Tutto il film è sbagliato. Lo stesso progetto in se ha davvero poco senso così presentato. Ci sarebbe da criticare la stessa scelta di volere mettere in immagini un libro così importante e suggestivo. Ma quanto sarebbero ovvie le argomentazioni? Meglio allora parlare di quello che c’è piuttosto di quello che non dovrebbe esserci stato.
La condensazione degli eventi porta in se, nel suo stesso essere, un impoverimento narrativo impressionante. E perché questo succede? Forse per questioni di durata troppo inferiore alle necessità? Jackson si è reso conto di avere sacrificato il senso del libro e di avere fatto quindi un brutto film per riuscire ad infilare il più possibile, però in malo modo, in una valigia troppo piccola? A causa di queste scelte tutto il film ne risente. Il destino del Film, quando tratto da un libro, è sempre stato quello di ridimensionare la narrazione scritturale nelle trame di quella filmica, ma qui siamo arrivati a livelli di parossismo. Tutto (eventi, personaggi, azioni, caratterizzazioni) si trova ad essere ridotto e relegato in piccoli momenti temporali che, a causa della scadente e ovvia concatenazione della struttura del film, risulta alla fine essere una serie di siparietti incollati temporalmente uno all’altro. Viene a mancare però un “collante” generale, che unisca tematiche, stili di regia, scelte visive di un certo valore. Tutto viene appiattito alle minime e slegate parti di una sceneggiatura arida e di una regia figlia di una semplice, quanto sterile e arida, ricopiatura. Jackson dovrebbe affidarsi alla regia per creare questo sottofondo di richiami e di tematiche che corre per tutto il libro, invece si rifiuta, o forse non le sa?, anche di utilizzare le semplici unioni analogiche tra sequenze. Rifiuta ogni segno di interpunzione, come gran parte del cinema più innovativo, inserendo però questa sua scelta in un film per nulla innovativo e quanto meno già “visto” (almeno dal puto di vista stilistico). Ogni sequenza sembra buttata li per caso, arrivata per caso, montata nel continuum temporale, in maniera quasi arbitraria senza una vera struttura di respiro, tra l’altro affidandosi ad una regia vecchia e anonima, senza nessuna innovazione visiva degna di nota, inoltre abbandonandosi, per paura?, ad uno schematismo registico pari soltanto alle Soap Opera, o film per la televisione, che invadono gli schermi del televisore italiano.

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:15  
Il cavaliere Bianco è l’apparizione di Gandalf ai tre inseguitori. La sequenza funziona, fila via abbastanza fluidamente, considerando che è fatta anche di un flashback grazie al quale la staticità del film viene un po’ scossa. Si torna indietro, almeno si vedono finalmente cose che nel libro venivano soltanto accennate. Nulla di rilevante.

Il re del palazzo d’Oro sostanzialmente anche questa sequenza potrebbe di per se funzionare. È resa nelle sue strutture più importanti. Riprende i temi più elementari e necessari, logicamente venendo a perdere parte della ricchezza scritturale, ma questo non è un grosso problema. Il problema sta proprio nel fatto che Jackson ha paura. Jackson ha paura di pensare, di inventare, di allontanarsi dal Primo Piano. Soffoca l’azione, soprattutto quando è movimentata, tenendosi in maniera asfissiante vicino agli attori. Si perde lo “spazio di insieme”, non si capisce l’ambiente. Si vede poco. Soltanto la paura di allontanarsi dal viso. Jackson dimentica quali siano i valori simbolici e semantici dei diversi piani scalari delle inquadrature. Si dimentica che il Primo Piano denota drammaticità e intimismo, e seppure questa scena, in alcuni punti, la possa essere, non la è “sempre”. È giusto quindi avere da una parte il viso martoriato d re Théoden, simbolo della schiavitù e della redenzione, ma non può costantemente tutto risolversi in una “bocca che parla”. A mio avviso la mancanza di una costante caratterizzazione dello spazio con inquadrature di Semitotali, Totali, o anche Figure Intere porta la fruizione del film e dello spazio a condensarsi su poli semantici spesso non adatti al tenore delle scelte e di ciò che si dovrebbe vedere. Allora va davvero bene un Primo Piano sul viso martoriato di re Théoden, ma che Dio ci scampi dalla costante banalizzazione del primo piano ad oltranza. Il Primo Piano quindi ecco che diventa il rifugio sicuro e certo per quei registi spaventati che per scelte misteriose, forse la fretta di girare, i ristretti tempi di produzione, o più tristemente l’appiattimento generale e accettato del Cinema e del suo linguaggio, preferiscono incollarsi teatralmente al viso a scapito dell’ambientazione e dell’atmosfera.

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:15  
Il Fosso di Helm Siamo infine giunti alla sequenza fondamentale del film, quella che dovrebbe meritare il biglietto del film. Dovrebbe…e in parte lo merita anche. Ma anche qui vale quanto detto per la sequenza precedente. Prima di inoltrarsi nell’analisi è doverosa però prima una puntualizzazione. Tra questa parte e quella precedente, nel film viene inserita una sequenza non esistente nel libro: l’attacco dei lupi. Nulla di spettacolare, soltanto una piccola accelerazione di ritmo necessaria almeno a risollevare, o quanto meno a variare, il ritmo del film praticamente, fino a qui, piatto. È semplicemente un’annotazione. Ma importante da notare perché non sarà l’ultima licenza che gli sceneggiatori di Jackson si prenderanno. Più che altro ci sarebbe da chiedersi perché sia stata inserita…forse che si voleva sottolineare l’amore nato per Aragorn da parte di Eowyn? Stranamente, alla fine di questo piccolo inserto originale e creato per il film, Aragorn viene creduto morto (e per quale motivo poi?). Ritornerà in tempo, con grande “sorpresa” e sollievo dei nostri protagonisti, per la battaglia di Helm. Credo che questa variazione serva sostanzialmente a Jackson per rivelare attraverso flashback la tormentata storia d’amore tra l’uomo mortale Aragorn e l’elfa immortale Arwen, figlia di Elrond.
[SPOILER]
E per fare credere allo spettatore che Arwen sia partita definitivamente dai Rifugi Oscuri verso Ovest quando invece la rincontreremo nel terzo film. [Fine Spoiler]
Comunque torniamo alla sequenza della battaglia di Helm’s Deep. La tensione c’è. Si sente, per la prima volta in tutto il film è finalmente concreta. Siamo di fronte ad un’attesa. Da una parte migliaia di orchi disordinati e neri, dall’altra un gruppo di uomini e di elfi pronti a perdere e morire sul campo di battaglia. Jackson si trova finalmente per la prima volta dall’inizio del film un elemento narrativo da sfruttare tutto nella sua possibile potenza e grandiosità. C’è subito da sottolineare e da evidenziare che la sequenza è di per se una buona sequenza. Innanzi tutto, cosa meno importante, è abbastanza fedele all’atmosfera del libro. Riesce in poche parole a ricreare quella, breve, sensazione d’attesa e poi la violenza della guerra tra due fazioni. Ha soprattutto la capacità di visualizzare alcuni “momenti” del libro riuscendo a legare questi con la materia filmica e la sua ricostruzione narrativa. Quindi ritroviamo, seppure appena accennata e non conclusa, la piccola sfida personale tra l’elfo e il nano e il senso generale di una leggera ma costante sensazione di sconfitta dei rifugiati di Helm e di prevaricazione dell’esercito d Saruman. La grande pecca di tutta questa sequenza è quella pecca già riscontrata nelle precedenti sequenze che, purtroppo, risiede nello stile di regia di Peter Jackson. Ovvero, anche quando la sceneggiatura riesce a funzionare e a creare paralleli di una certa dignità, Jackson si sente come perso e incapace ad allontanarsi dall’azione più convulsa. Seppure esistano suggestivi Campi Lunghi capaci di rendere e di regalarci forti emozioni visive la maggior parte delle continuità narrativa e filmica è delegata a confusi Piani Ravvicinati dove viene a mancare la capacità di distinguere precisamente ciò che avviene. Se inoltre consideriamo che tutta la sequenza si svolge in un’ambientazione notturna il tutto appare ancora più fastidioso. Sostanzialmente se da una parte quindi è la stessa capacità di distinguere singolarmente le minime azioni che viene a mancare, dall’altra non è contemplata registicamente la capacità di sapere costruire, neppure con un minimo di mestiere, la sequenza su inquadrature cadenzate e alternate, capace quindi di restituire con un minimo di ritmo le singole parti dedicate agli eventi principali e ai personaggi più importanti. Jackson si perde quindi nella costante ricerca della nuova inquadratura senza mai riproporcene una due volte, cercando di inanellare (quale verbo più consono?) una serie di inquadrature che risultano nella loro durata generale (e quindi narrativa e registica) quasi slegate tra di loro in quel vago lago temporale privo di ritmo che si chiama montaggio.

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:17  
Se dovessimo attenerci al libro verrebbe tenuta fuori dalla narrazione l’attacco degli Ent alla torre di Isengard. Nel film di Jackson invece questa parte esiste, è visibile, breve, forse davvero troppo breve, ma credo sia la sequenza migliore del film. Innanzi tutto perché è perfettamente rappresentata e restituita l’emozione della violenza nel vedere un Ent, lento e pacifico, improvvisamente scatenarsi per l’ira e il dolore e poi perché finalmente si sente l’intervento di una sceneggiatura costruita per restituire al massimo la grandiosità di un’epopea fino ad ora malamente costruita e scritta. La scena, come accennato, purtroppo dura davvero poco e le azioni principali si condensano in pochissimi minuti in un susseguirsi vertiginoso che lascia trapelare le solite ‘ontologiche’ mancanze.

La via che porta a Isengard Non presente
Relitti e Alluvioni Non presente
La voce di Saruman Non presente
Il Palantir Non presente

Come mai? Probabilmente spostati nel “Ritorno del Re”.


Fino a qua, mantenendosi alla strutturazione del libro, si è parlato solo di una parte dell’originale Compagnia ormai disgregata. Il film al contrario del libro si costruisce sull’alternanza continua dei diversi sottogruppi per restituire al meglio il senso generale del parallelismo degli eventi. E seppure qui non sia stata di fatto presa in particolare considerazione, bisogna però ricordare e sottolineare, quindi che gli eventi del film sono presentati in continua alternanza.
Dividendo in tre sotto parti questa seconda parte del secondo libro del Signore degli Anelli (scusate le ripetizioni) possiamo notare che il primo gruppo di capitoli si costruisce sulla relazione tra Frodo, Sam e Gollum mentre il secondo intorno alla figura di Faramir (fratello di Boromir) di Gondor.

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:17  
Smèagol domato , L’attraversamento delle Paludi , Il cancello Nero è chiuso ed Erbe aromatiche e coniglio al ragù sono fondamentalmente dominati dalla caratterizzazione di Gollum. Lasciamo quindi da parte il cinema, la regia e la narrazione filmica, che si mantengono comunque sugli stessi mediocri livelli precedentemente accennati, e concentriamoci invece sul vero motore narrativo, intorno al quale si costruiscono tutte queste sequenze: Gollum.
Nel primo capitolo filmico del Signore degli Anelli quello che Jackson aveva fatto trapelare e aveva ‘mostrato’ di Gollum erano particolari scuri e poco distinguibili nella notte delle caverne di Moria. Gollum sembrava potesse essere una di quelle delusioni spesso riscontrate nella trasposizioni cinematografiche e se inizialmente la sua figura e tutto il suo modo di essere (voce, mimica e movimenti) siano molto fastidiosi, con il trascorrere del film questi particolari diventano talmente adusi da fare risultare lo stesso Gollum estremamente piacevole. Gollum ha il dono di catalizzare l’attenzione delle sequenze e di reggere sulle spalle il trascorrere del tempo e degli eventi. È capace di eliminare ogni esitazione registica e salto narrativo di Jackson semplicemente con il suo esistere ed essere in-scena. Il fattore fondamentale di questa catalizzazione sta esattamente quindi nello stessa rappresentazione di questo personaggio. Rappresentazione digitale straordinariamente riuscita. Da una parte quindi l’impegno della WETA e gli effetti speciali di un valore e di una ‘importanza’ mai riscontrata in nessun altro film dall’altra invece lo stesso impegno imposto intrinsecamente nel personaggio di Gollum per essere sempre il centro della scena. Smèagol quindi, si muove, si sposta, cammina, corre e salta diventando il centro assoluto dell’azione. Si riesce finalmente ad abbattere la quadrangolarità delle campo dell’inquadratura mentre lo spazio razionalista viene così a deformarsi e a coagularsi intorno al muoversi di Gollum. La regia perde la sua staticità prevedibile non tanto nella sua concatenazione immobilizzante, perché questa, purtroppo, resta e da questa e su questa il film si costruisce, ma proprio grazie all’importanza attenzionale che l’occhio del fruitore delega all’essere stesso di Gollum. Per questi motivi lo spazio intorno a Gollum è concreto, in continuo movimento, ma cristallino. Viene creato per lui e intorno a lui mentre il resto, lo sfondo, ma anche gli altri due personaggi principali, Sam e Frodo, passano in secondo piano. Non solo spazialmente ma anche nell’importanza stessa della gerarchia delle presenze nel campo. Dovunque si trovi Smèagol è da li che l’occhio riesce ad abbattere la regia e è da lui, con lui, su di lui, che fonda il proprio spazio interno. Perché è un movimento impetuoso, che riscrive e ricostruisce uno spazio restituito, fino ad adesso, troppo accademicamente. Ed è proprio la presenza di questa costruzione interna della regia e di conseguenza del trascorrere dell’azione che rende un certo tipo di cinema, in particolare questo cinema, qualcosa di apprezzabile. Finalmente esiste, riesce, anche se forse momentaneamente e soltanto ad una prima visione, a dare movimento al film e renderlo piacevole, godibile. La schematizzazione narrativa, del trascorre delle azioni, e la schematizzazione di una regia arida, vengono dimenticate mediante l’espediente migliore che un film sul Signore degli anelli potesse proporre: il piacere della visione, del guardare e finalmente vedere ciò che si era soltanto immaginato. Un po’ come nella breve sequenza dedicata all’attacco degli Ent. Qui però non è una questione di intensità emotiva. Non ci troviamo infatti di fronte ad un momento preciso e limitato nel tempo e nella narrazione degli eventi. Con Gollum ci troviamo in tutte le sequenze dedicate al viaggio di Frodo (che sono praticamente un buon terzo del film) e quindi ad un succedersi continuo di eventi.

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:19  
Splendidamente viene anche restituita la caratterizzazione di questo personaggio. I due lati contrapposti e in contrasto, quello buono e sepolto di Smèagol e quello perfido ed egoista di Gollum, si scontrano per tutta la durata del film in una battaglia interiore spesso esteriorizzata in cui lo spettatore partecipa attivamente. Come nel libro infatti Gollum è incapace di pensare in silenzio. Tutti i suoi pensieri e le sue congetture sono fatte a voce alta in un costante dialogo parlato tra le sue due metà. Il personaggio di Gollum si risolve infatti nei sentimenti che riesce a suscitare nei suoi due compagni di viaggio: odio e diffidenza di Sam, pietà e compartecipazione emotiva di Frodo.
Jackson questo personaggio lo ama. E a lui regala molto dello spazio del film. E c’è poco da investigare se questo dipenda da un compiacimento degli effetti speciali o da una scelta narrativa e registica effettivamente pensata e calcolata perché Gollum c’è e lo spazio se lo prende.
Divertente e di rilevanza è poi quella scena in cui i due lati emotivi di Gollum/Smèagol si concretizzano, non solo nel dialogo, ma anche nelle immagini. Jackson in due inquadrature alternate con il campo e controcampo riesce a sdoppiare visivamente questo personaggio legando attraverso lo spazio il vero conflitto interiore che lo tormenta. È una bella scena sicuramente, costruita con ritmo e velocità anche se non si può dimenticare e non notare l’affinità, per non dire l’identicità (con conseguenza ricopiatura) si un altro breve film di animazione “Il gioco di Geri”. Questo corto della Pixar, presentato in apertura di “Bug’s Life” è purtroppo per Jackson la fonte dell’ispirazione per la scena struggente di Gollum. Come ne “Le due Torri”, eppure anni prima, viene utilizzato lo stesso espediente visivo per rappresentare una partita a scacchi fatta da una stessa persona che alternativamente usa prima i pezzi bianchi e poi quelli neri nel vano tentativo di cercare di battersi.

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:20  
Il secondo gruppo di capitoli di cui fa parte La finestra che si affaccia a occidente , Lo stagno proibito e Viaggio sino al Crocevia è incentrato, come appena sopra accennato, intorno alla figura di Faramir. Se il film ha omesso, trasformato, ridotto e anche, a volte, visualizzato (mi riferisco alle parti assenti) alcuni momenti del libro qui ci troviamo davanti al primo grande momento di riscrittura se tralasciamo l’inserimento della “sequenza dei lupi” e l’omissione di Tom Bombadil. Innanzi tutto perché non solo ciò che accade è diverso ma anche, soprattutto, perché la caratterizzazione, la psicologia, di un personaggio è totalmente opposta. Non interessa qua puntare il dito sulle diversità narrative delle due discipline, perché non è in questo modo che si riuscirebbe a stabilire dei rapporti di valore. Soprattutto se si considera che questa ricerca inutile attraverso un parallelismo sarebbe la via più ovvia e semplice, quanto, senza dubbio, evidente per poter proporre critiche ed evidenziare eventuali delusioni. È importante allora piuttosto che giudicare la giustezza di certe scelte capire piuttosto il perché e il come queste stesse modifiche possono avere dei tratti qualitativi.
Per fare questo partirò da un’intervista rilasciata da Jackson, la cui fonte bibliografica, non che l’intero articolo, si possono trovare a questo indirizzo Web e di cui si è cercato di tradurre alcuni passaggi.
A Jackson viene chiesto di spiegare il perché di alcune modifiche presenti in questo capitolo filmico e lui risponde così:
“[…] Questo è appunto dove essere un filmmaker differisce dall'essere uno scrittore. Come filmmaker effettui delle decisione e, giustamente o in maniera errata, cambi le cose come credi che debbano essere cambiate. Volevamo questo episodio con Faramir in questo film per permettere di raggiungere un certo grado di tensione. Frodo e Sam vengono catturati. Il loro viaggio diventa di fatto molto più complicato dal momento che si ritrovano ad essere prigionieri. Come anche nel libro lo sono, seppure per un breve momento […]”.
Di seguito Jackson aggiunge che la nobile purezza di spirito di Faramir avrebbe potuto andare contro le regole interne del film mettendo in possibile discussione il potere attrattivo dell’anello.


[ Questo messaggio è stato modificato da: mattia il 15-01-2003 alle 21:23 ]

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:21  
Questi in sostanza i “punti forti” dietro ai quali è stata effettuata la decisione dei cambiamenti.
Quello che viene subito da chiedersi è quanto sia stata efficace questa scelta. Poiché è lo stesso Jackson, sempre in questo articolo, ad affermare saldamente che la storia del libro è conosciuta praticamente da tutti perché allora poi si sente in dovere di effettuare scelte del genere per dovere sottolineare una cosa che già tutti sapevamo?
Il motivo potrebbe trovare un posto nella tanto amata “coerenza narrativa” che tacitamente viene a costruirsi lentamente nel film. Le differenze dal libro e la mancata equivalenza di potenza e magniloquenza, mitologia e “magia” con il libro porta Jackson a proporre un ridimensionamento tematico ed evocativo in modo da giustificare la poca capacità di trasposizione sentimentale da libro a film. Ma non è solo questo. Il problema è, da una parte, l’evidenza di una dipendenza e dall’altra una incapacità di indipendenza. Spieghiamo meglio.
Il film, le sue tematiche, i suoi personaggi, gli eventi e le emozioni si costruiscono sul terreno del libro. Senza il libro e la sua materia narrante che interseca e accompagna ogni componente del film, questo lavoro cinematografico non riuscirebbe a mantenersi in piedi con la sola materia costitutiva che si genera nel testo e nell’immagine filmica. Il libro è, certo un padre, ma è soprattutto la fama che accompagna, supera e raggiunge lo spettatore nella visone. Per tutte le persone che conoscono, hanno letto o soltanto ricordano vagamente il romanzo, è impossibile non aggiungere a ciò che vediamo quello che già sappiamo. Ricopriamo, completiamo, aggiustiamo interpretando, tutto quello che vediamo, gli diamo corpus e sostanza per quella stessa impossibilità che ci impedisce di pensare, ricordare e, soprattutto, sintetizzare. Perché è proprio nella sintesi, inconscia, che si completa il percorso libro-film e (feedback) film-libro venendosi a costruire quella serie di aspettative e di riuscita che per molti è positiva e per altri negativa.
Il film al suo contrario denota questa incapacità di equivalenza. Si costruisce, si deve costruire, attraverso espedienti narrativi, anche inventati, per potere arrancare nella sottolineatura o nell’indicazione di alcune costanti. La sua struttura è arida e gli intenti deboli. Un vuoto involucro che per motivi soltanto cinematografici, di incapacità di trasposizione a tutti i livelli, deve costantemente ricorrere a ripensamenti e rinunce. Ecco allora l’inutile trasfigurazione degli eventi e del personaggio di Faramir. Inutile non perché non plausibile o soltanto possibile, (con una diversa metodologia rappresentativa e narrativa questo dovrebbe o potrebbe essere) ma inutile proprio perché preoccuparsi in extremis di sottolineare un elemento narrativo che già era conosciuto e risaputo punto il dito su un’intenzione totalmente diversa. Questa intenzione è forse, poi, soltanto un rendersi conto di una mancanza di tensione e di ritmo che ammorba tutto il film perché se salviamo, o timidamente, ma anche con molte riserve, escludiamo i cinquanta minuti di battaglia cosa succede negli altri centotrenta se non un trascorrere malamente accostato di eventi, di cinema, di sentimenti, che hanno poca, se non nessuna, rilevanza?
Chiediamoci ancora una volta, in “finale di partita”, che senso abbia avuto una trasposizione del genere.
Che le risposte rimangano sospese nel nulla.

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Tristam
ex "mattia"

Reg.: 15 Apr 2002
Messaggi: 10671
Da: genova (GE)
Inviato: 15-01-2003 21:21  
Riportiamo, quindi infine, l’ultimo gruppo dei capitoli, della seconda parte del secondo capitolo de “Il Signore degli Anelli”:
Le scale di Cirith Ungol Non presente
La tana di Shelob Non presente
Messer Samvise e le sue decisioni Non presente

La domanda è sempre la stessa: “Come mai?”. La risposta anche: “Probabilmente spostati nel “Ritorno del Re” ”.

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badlands

Reg.: 01 Mag 2002
Messaggi: 14498
Da: urbania (PS)
Inviato: 15-01-2003 21:53  
certo che a così tante parole si da ragione a prescindere!
ciao!

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mengo13

Reg.: 07 Mag 2002
Messaggi: 978
Da: svizzara (es)
Inviato: 15-01-2003 22:35  
Che scrivessi bene lo sapevo....ma a tal punto...no!
Per il resto....solo una piccola domanda....perche' secondo te' il MAESTRO doveva trasformare passo passo il libro in film???????
PERCHEEEEEE?????

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