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Autore 21 GRAMMI
Velvetone

Reg.: 20 Nov 2006
Messaggi: 604
Da: milano (MI)
Inviato: 22-01-2007 10:12  
Senza voler far mostra di conoscenze che non ho o vantarmi di chissà quale snobberia,leggendo qua e là qualche commento a caldo sul film non posso fare a meno di chiedermi cosa c'è di tanto scandaloso in uno che decide di fare del Cinema diverso dagli standard(cercando tra l'altro di farlo "dall'interno " con attori cioè prettamente hollywoodiani anche se più aperti di altri a lavori 'scomodi ' ) parlando di temi certo non originali,ma scegliendo un modo espressivo sicuramente peculiare.
Posso capire che la scomposizione cellulare della fabula ,dove soprattutto per la prima ora,ogni scena è costruita come un'universo a sè capace poi di insereirsi nel quadro finale,possa stordire e confondere (ammetto che io stesso,una volta capito il meccanismo per potermi meglio orientare mi sono fatto dare un "aiutino " per i presupposti iniziali della storia )ma questo non può e non deve influenzare il giudizio complessivo su un opera che francamente definire 'cagata con attori splendidi ' mi sembra oltrechè superficiale, indice di una visione pregiudiziale e magari disattenta.
Non c'è dubbio che la bravura galattica del tetrapolio protagonista sia parte del fascino del film,ma altrettanto se non più importante risulta la sorprendente ideologia costitutiva del film,ancor più della vicenda stessa. Quanto questa è paradigmatica universalistica,e in ultimo forse pure un po' moralista [ SPOILER ] ( il 'deviato ' servo di Dio messo davanti alla sua umanità e incapace di accettarla anche quando si travesta da fatalità, il cinico 'poeta dei numeri ' che scopre il valore della vita attraverso la morte e in ultimo sacrifica sè stesso rivelandosi 'migliore ' del sedicente convertito , l'esemplare borghese femmina capace di solcare il fiume della vita quando questo è in secca,salvo poi farsi travolgere dall'onda della negatività,con 'redenzione ' finale ) [ FINE SPOILER ] tanto ciò che sostanzia e permea questa narrazione è un rapporto nuovo,certo inusitato col destinatario della comunicazione,in questo caso filmica.
'21 Grammi ' infatti,prima ancora di raccontare,stabilisce un contatto seppur a distanza col fruitore,un feedback dove la parte ricevente non è costretta a un ruolo passivo di assorbimento,ma è invece coinvolta nel processo (in presenza,e quindi infinitamente ripetibile anche dopo dieci visioni ) di costruzione dell'intreccio.Inarritu conduce lo spettatore in una stanza dove su un grande tavolo trova posto un rompicapo da mille pezzi;la mano del regista solca il piano,frantumando il puzzle e (forse ) facendoci incazzare,salvo prenderci da parte e sussurrarci " se ti impegni a rifarlo, prometto che ti darò una mano ".Fuor di metafora,lo spettatore è costretto,se vuole partecipare al 'gioco ', a un ruolo attivo di riorganizzazione logica dei singoli frammenti,che giocoforza avvenendo per accumulo paratattico (un pezzo dopo l'altro, in modo del tutto o in parte aleatorio ) rischierebbe di essere una causa persa se in realtà ciascuna cellula, ogni frammento del nostro film 'in fieri ' non contenesse all'interno un suo segno di appartenenza a qualcosa di ulteriore,non fosse provvisto di senso compiuto come parte di un tutto non immediatamente visibile,ma chiaramente previsto e presente.
E non si tratta certo di raffinatezza pseudoautoriale o di divertimento onanistico,quanto l'ho già detto,di un tentativo (pienamente riuscito ) di fare del cinema puro senza ricorrere alla negazione del senso globale,ma configurandolo come meta,e connaturando il prodotto come percorso vivo e sinuoso verso essa.Cinema puro perchè svincolato da necessità e cliches di ogni tipo,in grado di liberarsi dalle tecniche narrative consuete per ridare dignità autonoma a un'arte talvolta troppo sottomessa alle logiche del mercato e imprigionata dalle strutture lineari e spesso svilenti della cultura comunicativa letteraria,che trasferite su pellicola se non sono supportate da idee originali o regie estrose, finiscono per dare vita a informi ibridi sbiaditi e spesso noiosi,come la mia sempre più schizzinosa sensibilità di cinefilo mi sta facendo provare di fronte a narrazioni troppo convenzionali.
Il discorso su una cosa intelligente come '21 Grammi ' non potrebbe finire senza un accenno a come evidentemente,il senso quasi 'seminale ' delle minime sequenze (chiamatemi sciocco,ma alla lunga vedendo le inquadrature,così autonome eppure così pregne di una vertiginosa forza simbolica mi è riemersa dalle nebbie della conoscenza la teoria delle omeomerie di Anassagora,dove ciascin elemento fondante della realtà conteneva tutti gli altri,detto molto alla buona )risiede in un afflato poetico mai invadente eppure sostanzioso,che si nutre dei primi piani penetranti e sofferti,dei movimenti bruschi e taglienti,e naturalmente di un montaggio secco e brutale.

L'ho già detto che Penn è sublime in questo film ?
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